Aggiornato al 19/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Élisabeth-Louise Vigée-Le Brun (Parigi, 1755 -1842) - Maria Antonietta con la rosa -1783

 

Finanza e Rivoluzioni

(3) “Madame Deficit”, il destino di una regina

di Mauro Lanzi

(Seguito)

Eliminato Turgot, forse l’uomo migliore su cui poteva contare la Francia, si decise di tentare un’altra via, convocando a Parigi  Jacques Necker, un banchiere e finanziere ginevrino, che aveva accumulato un’ingente fortuna, attraverso spregiudicate speculazioni sul mercato delle granaglie; nel 1763, informato attraverso canali confidenziali, probabilmente prezzolati, della imminente conclusione della Guerra dei 7 Anni, Necker si era accaparrato ingenti quantità di derrate, poi rivendute con margini altissimi alla riapertura delle frontiere, dopo la pace.

Operazioni di questo genere sono oggi bollate come aggiotaggio o insider trading, roba da ”furbetti del quartierino”, ma allora, come adesso, se lo fai e la fai franca, oltre a far soldi, passi anche per essere un genio della finanza!!

Così, il genio, nel 1776, fu chiamato a Parigi, nella posizione chiave di Controllore Generale delle Finanze, malgrado non avesse alcuna conoscenza reale della situazione francese, né un’esperienza specifica in materia di economia, né una filosofia od un progetto organico per la soluzione dei problemi del paese.  Necker, quindi, assunto l’incarico, operò come sapeva, cioè con il ricorso al credito: facendo leva sul suo prestigio personale, lanciò delle nuove emissioni di certificati di credito, prontamente sottoscritte, grazie anche a nuovi esempi di finanza creativa (ricorda qualcosa?), come i certificati di credito vitalizi (certificati che fruttavano interessi per tutta la vita dell’intestatario! E si potevano intestare anche a terzi!!). Con questi strumenti si risolvettero per l’immediato i problemi di cassa, tutti tirarono un sospiro di sollievo, senza riflettere sui veri problemi strutturali del Paese, che Necker aveva per un attimo nascosto. Ma non serve a questo la finanza?

Purtroppo, a dare la sveglia, fu, come spesso accade, la grande politica internazionale, nella fattispecie, la Rivoluzione Americana: dicembre 1773 è la data del “Boston Tea Party”, 4 luglio 1776 la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti. Convinto dai suoi ministri, un riluttante Luigi XVI decide nel 1777 di entrare in guerra contro gli inglesi. L’intervento francese (aspetto spesso trascurato dagli storici americani) risulterà decisivo: l’episodio chiave della campagna, la resa di Yorktown, fu determinato dal blocco della città, operato per terra dalle truppe di Washington e Rochambeau, ma anche e soprattutto per mare dalla flotta francese dell’ammiraglio De Grasse. La Francia non trarrà alcun beneficio da questa vittoria, neppure il ritorno delle colonie americane, perse nella guerra dei 7 anni! In compenso il debito pubblico francese esplodeva.

In queste circostanze, pressato da esigenze di cassa, Necker azzardò, forse senza rendersene conto, un passo epocale, cioè la pubblicazione, per la prima volta nella storia, del bilancio generale dello Stato (“Compte rendu au Roi”). L’intenzione di Necker era di guadagnarsi la fiducia dei risparmiatori, dimostrando un rassicurante attivo di bilancio: purtroppo si trattava di un falso grossolano, il bilancio era in pesante passivo, essendo state derubricate alcune ingenti poste di spesa, come le spese militari e gli interessi sul debito.

Chi ha sempre lavorato con i numeri, sa che i numeri esigono rispetto: se non li rispetti, si vendicano; questo documento, così malamente taroccato, ebbe due conseguenze inattese. In primo luogo, ogni successiva richiesta di intervento in materia fiscale fu coperta di sarcasmi: se sei in attivo, perché chiedi soldi? Quando poi apparve evidente la mistificazione, la perdita di credibilità dell’esecutivo divenne irreversibile.

In secondo luogo, e questo fu l’effetto più deleterio, la scomparsa delle spese più importanti operò come una lente deformante, evidenziò le spese minori, in particolare quelle della corte: la Francia si convinse che la vera ragione del baratro finanziario erano gli sperperi di corte e nobiltà (che in realtà costavano forse meno della nostra “casta”), tra cui si evidenziavano alcune malversazioni della famiglia reale, soprattutto, ma non solo, le leggerezze della regina, che si era fatta allestire una dimora particolare a Versailles, le Petit Trianon, manteneva una sua corte e sperperava somme ingenti sui tavoli da gioco. Poca cosa in valore assoluto, ma di grande effetto: così, Maria Antonietta, la straniera, prima austriaca sul trono di Francia, si avvia a diventare Madame Deficit” e con lei tutta una classe politica viene fatta bersaglio di critiche roventi e sdegno da parte di tutto il paese. La buona immagine del re viene sommersa dall’impopolarità della regina e della corte; nessuna spiegazione viene più accettata, si diffida, a ragione, di ogni dato del governo! Si compie, insomma, il primo passo di un percorso attraverso il quale una semplice crisi finanziaria precipita verso una crisi politica, complice il discredito che investe d’ora in poi la classe dirigente.

Il destino di una Regina è spesso legato ad episodi; su quello di Maria Antonietta peseranno anche eventi di cui lei venne coinvolta, pur non essendone responsabile, per il pregiudizio ormai dominante nei suoi confronti; primo su tutti lo scandalo noto come il caso del collier della regina, sul quale occorre spendere qualche parola, non tanto per il fatto in sé, ma anche e soprattutto per i contraccolpi politici che determinò.

Dobbiamo tornare al predecessore, il re depravato, Luigi XV, che negli ultimi mesi di vita aveva commissionato al gioielliere di corte una preziosa e costosa collana di diamanti, destinata alla sua ultima amante, la Du Barry: l’improvvisa morte del Re mise nei guai il gioielliere, che si trovò sul gobbo un oggetto tanto prezioso, quanto difficilmente rivendibile: a più riprese tentò di appiccicarlo a Luigi XVI, che però non aveva amanti, aveva il braccino corto e per la moglie, insomma….

Interviene a questo punto nella vicenda il personaggio chiave, il cardinale di Rohan, rampollo della più alta nobiltà francese, che l’importanza ed il lignaggio della famiglia avevano promosso a principe della Chiesa, senza merito e senza vocazione; viveva nel lusso più sfrenato, circondato da servitori ed amanti, menando scandalo anche quando si trovava a ricoprire incarichi ufficiali, come la posizione di ambasciatore a Vienna. Il suo comportamento in questa circostanza lo aveva reso inviso a Maria Antonietta, che con la corte di Vienna manteneva stretti legami e a questa ostilità Rohan attribuiva gli ostacoli che la sua sfrenata ambizione politica incontrava.

Una delle sue amanti occasionali, Voisin de la Motte, abilmente manovrata dal suo compagno, riesce ad instillargli la convinzione che la Regina desiderasse, più di ogni cosa, possedere la famosa collana, negatale dalla taccagneria del Re; sarebbe bastato pagare un anticipo, al resto avrebbe fatto fronte la Regina stessa, con i suoi fondi. Il tutto era corroborato da biglietti autografi, a firma “Marie Antoinette de France”, malamente artefatti dal complice della Voisin (i regnanti non si firmano mai con il “de”!!) ed infine da un incontro, nei giardini di Versailles, con la Regina stessa, interpretata da una prostituta, opportunamente abbigliata e acconciata. Incredibile, Rohan abboccò: pagato l’anticipo, consegnò alla Voisin la collana, perché pervenisse alla regina. Chiaramente la collana scomparve insieme con il complice della Voisin: l’imbroglio venne a galla, quando il gioielliere, esasperato, cominciò a reclamare il pagamento delle successive rate. Il Re, infine informato, montò su tutte le furie ed ordinò l’arresto di Rohan: soprattutto non si rendeva conto come uno dei suoi nobili potesse abboccare ad una contraffazione così grossolana!!

Luigi aveva modo di sistemare in silenzio la questione: i reali di Francia disponevano di uno strumento tremendo, le “lettres de cachet”: biglietto autografo, a firma “Louis” con cui chiunque poteva essere mandato in prigione senza processo e senza che al disgraziato fosse rivelato il motivo o la durata della pena. La vittima più famosa di questo arbitrio era stata la “Maschera di Ferro”.

Luigi XVI era, purtroppo per lui, una brava persona, questi strumenti gli ripugnavano; quindi scelse di far celebrare un regolare processo davanti al parlamento di Parigi: fu il disastro!!!

Ogni dettaglio della vicenda fu reso pubblico e la stampa scandalistica dell’epoca vi ricamò intorno le fantasie più sconce: il cardinale depravato, la Regina amante di Rohan, il Re cornuto, i figli illegittimi, Maria Antonietta la prostituta di Versailles, in un’orgia di libelli e racconti scandalosi, corredati da opportune illustrazioni, che la polizia di Parigi non riusciva ad arginare!!!

Il processo si concluse, siamo nel 1787, come si concludono sempre, anche al giorno d’oggi, i processi di questo tipo, cioè con l’assoluzione di tutti i colpevoli e condanne severissime per pesci piccoli e comprimari: Rohan, grazie all’influenza della sua famiglia ed alla probabile corruzione di qualche giudice, fu assolto e fuggì in Belgio. Pagò per tutti la Voisin, frustata e marchiata a fuoco in pubblico (con la “V” di voleuse), poi rinchiusa in carcere: ma le vere vittime furono i reali, sommersi, senza potersi difendere, da una vera ondata di fango, al punto che Maria Antonietta non osava più recarsi a Parigi: da Madame Deficit a prostituta di Versailles, il cammino verso il patibolo era iniziato.

Il destino della Regina però si intreccia sempre più strettamente con le sorti della monarchia, perché la perdita d’immagine da parte del Potere è sempre un passo fatale verso la rovina: non a caso, Wolfgang Goethe, testimone degli eventi, li definirà “La prova generale della Rivoluzione Francese”.

Il secondo passo verso la crisi politica era compiuto.

(Continua)

Inserito il:30/03/2017 09:27:43
Ultimo aggiornamento:10/05/2017 16:31:54
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