Aggiornato al 18/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Bernardo Bellotto (1721-1780) - Castello Sforzesco a Milano

 

La doppia faccia di un allestimento artistico: il caso della Pietà Rondanini al Castello Sforzesco

di Michela Salvaderi

 

Che cos’è un bene culturale? Tutto ciò che costituisce una testimonianza, materiale o immateriale, storicamente significativa e fondante, della civiltà umana. Da questa definizione si comprende che quasi tutto è cultura e rappresenta la società in cui viviamo e in cui ci siamo formati. Sono beni culturali non solo gli oggetti d’arte, ma tutte quelle cose che hanno un valore storico e significante per l’intera umanità, siano essi beni materiale (ossia tangibili) quali libri, documenti, strumenti scientifici o musicali, reperti archeologici e così via, siano essi beni immateriali (sono beni che non hanno una forma definita e stabile, ma esistono solo nel momento in cui accadono o avvengono) quali feste religiose, cerimonie folkloristiche, processioni, gare sportive o agonistiche e così via.

Ad oggi, in Italia, la normativa che regola il mondo dei beni culturali è il Codice dei Beni Culturali emanato nel 2004. All’articolo 2, il Codice fornisce la definizione di patrimonio culturale,  patrimonio che, per essere tale, deve essere costituito sia dai beni culturali che dai beni paesaggistici. Per beni culturali, come già in parte detto, si intende tutto ciò che testimonia la civiltà umana, quindi si tratta di manufatti o cerimonie creati dall’uomo per l’uomo. Ma, oltre questi, ci sono luoghi naturali che meritano di essere tutelati, perché di grande qualità estetica, singolarità geologica, memoria storica o bellezze panoramiche naturali e, dunque, sono luoghi intimamente legati all’immagine storica del pianeta Terra e di conseguenza dell’uomo. Questi ultimi sono detti beni paesaggistici (si tratta di laghi, gran canyon, punti di vista panoramici non artificiali, ghiacciai, vulcani e così via).

Questo patrimonio artistico, fondamentale per la memoria collettiva e la storia dell’umanità, è soggetto ad un severo regime vincolistico che serve a salvaguardare e tutelare il Bene comune, evitando così, che quest’ultimo possa andare disperso e/o distrutto. Si tratta di vincoli indispensabili per la sopravvivenza del Bene Culturale, affinché non sia concesso un uso improprio del Bene che ne provocherebbe esiti disastrosi.

Oltre a tali vincoli (inalienabilità del bene culturale appartenente al Pubblico, divieto di esportazione fuori Italia se non dietro Permesso Speciale del Ministero dei Beni Culturali in caso di mostre o esposizioni temporanee, diritto di prelazione del bene culturale appartenente ad un privato da parte dello Stato, controllo delle Soprintendenze), il Codice dei Beni Culturali si sofferma anche su altri punti fondamentali: all’articolo 3 e all’articolo 6 parla rispettivamente di “Tutela del patrimonio culturale” e di “Valorizzazione del patrimonio culturale” (art. 148 D.L. 31 marzo 1998, n. 112). Articoli che in parte si rifanno all’articolo 9 della nostra Costituzione: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”, una sorta di "missione" promossa dalla nostra Patria, addirittura esplicitata sulla Carta fondante del nostro Paese, che promuove un modo di pensare e di vivere, diretto all’innalzamento culturale del Popolo e la fruizione facilitata del Patrimonio Culturale italiano.

Ma cosa si intende per Tutela del Patrimonio Culturale? Ogni attività diretta a riconoscere, conservare e proteggere i beni culturali e ambientali. Azione esercitata direttamente dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il quale può decidere di conferirne l’esercizio alle Regioni, attraverso lo strumento delle intese o del coordinamento.

E cosa si intende per Valorizzazione del patrimonio culturale? Ogni attività diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e conservazione dei beni culturali e ambientali e ad incrementarne la fruizione verso ogni tipo di pubblico ed assicurarne le migliori condizioni di utilizzazione, al fine di incentivare lo sviluppo della Cultura. Tali attività possono essere gestite in forma diretta (attraverso strutture organizzate interne all’amministrazione, dotate di adeguata autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria, contabile e di personale tecnico) o indiretta, mediante affidamento diretto ad istituzioni, fondazioni, associazioni, consorzi e altri soggetti.

Anche la promozione (tutte le azioni dirette a suscitare e a sostenere le attività culturali), le attività culturali (azioni rivolte a formare e diffondere espressioni della cultura e dell'arte) ed il sostegno in interventi di conservazione dei beni culturali rientrano nel concetto di valorizzazione. La valorizzazione del Patrimonio Culturale determina inevitabilmente una certa rilevanza economica del Bene sostenuto, a causa delle attività, dei servizi, dei prodotti e delle attività di realizzazione messe in campo.

Nell’ambito del progetto nazionale di valorizzazione del patrimonio culturale risulteranno essere obiettivi prioritari il miglioramento della fruizione dei luoghi della cultura e l’incremento dell’offerta culturale. La giusta strada da percorrere è, dunque, quella di cercare di promuovere accordi sia con Enti Pubblici che Privati per l’acquisizione e l’ampliamento del Patrimonio Culturale; è necessario incrementare ricerche ed indagini sulle tipologie di utenti, attuali o potenziali, che frequentano determinati luoghi culturali, al fine di creare una comunicazione, con essi, efficace e produttiva, oltre che attivare un’analisi dei servizi mirati al benessere dell’utenza, con lo scopo di rispondere sia qualitativamente che quantitativamente alle aspettative dei visitatori ed attirare il maggior numero di pubblico possibile. Per fare ciò è necessario riuscire a coordinare, indirizzare e promuovere tutte le attività dirette alla conoscenza e alla valorizzazione del patrimonio.

Ma ovviamente non si tratta delle uniche strade da perseguire, infatti tra le attività finalizzate alla Valorizzazione del Patrimonio culturale italiano troviamo la necessità di sviluppare dei “confort” a favore del visitatore, che incentivino lo stesso a frequentare quei Beni Culturali. Si sono rivelati di importanza strategica la facilitazione dell’accessibilità della maggior parte dei siti culturali sia in ingresso che in uscita, il miglioramento della qualità delle informazioni a cui gli utenti possono accedere durante la visita, la possibilità di essere accompagnati, durante la visita, da un audio guida multilingua, la creazione di pannelli esplicativi e cartellini identificatori delle opere d’arte in almeno due lingue (di solito italiano ed inglese), servizi di biglietteria online, funzioni di e-commerce di molti negozi museali, servizi di caffetteria e ristorazione, oltre a servizi promozionali o incontri/dibattiti all’interno degli stessi spazi museali o siti culturali.

Ultimo obiettivo finalizzato alla valorizzazione, ma per questo non meno importante, è l’innalzamento dell’esperienza della visita da parte dell’utenza incrementando e rendendo più piacevole e stimolante l’approccio al bene culturale, cercando, dunque, di interpretare le esigenze del maggior numero di persone da coinvolgere nel godimento del bene. Si è pensato, così, di avvicinare i diversi pubblici alla conoscenza del patrimonio promuovendone la fidelizzazione, favorendo il ricordo della visita e cercando di allestire mostre, esibizioni o gallerie nel migliore dei modi, avvalendosi di veri e propri esperti, spesso architetti, che hanno l’obiettivo di rendere indimenticabile la visita del pubblico. 

L’allestimento museale e l’allestimento di una mostra o di un’esposizione temporanea diventano dunque esperienze fondamentali per l’accrescimento del piacere procurato all’utenza che frequenta il sito culturale, e, dunque, fondamentali nella valorizzazione del bene stesso. Oggigiorno per la realizzazione di questi allestimenti artistici ci si avvale di veri e propri professionisti di settore, per la maggior parte si tratta di architetti o studi di architetti, che hanno trovato nel mondo dell’arte il giusto stimolo per esprimere la propria creatività ed il proprio lavoro.

Si tratta di un lavoro molto delicato in quanto è necessario interpretare i pensieri e le idee dell’artista o del curatore museale, trasformando queste ultime in realtà tangibili. Bisogna dunque soddisfare le aspettative e le esigenze dell’autore, attraverso un elevato know-how tecnico ed una preparazione teorica oltre che pratica nel campo dell’arte e della cultura, ma allo stesso tempo rimanendo fedeli al proprio stile e al proprio modo di essere e di lavorare. Di solito, questo è il mix giusto per realizzare un ottimo allestimento in cui spicca al tempo stesso la creatività e il genio artistico dell’architetto che lo ha realizzato, ma soprattutto l’opera che deve essere valorizzata.

Si deve trovare la giusta soluzione ed il migliore compromesso per mostrare il contenuto fondamentale per cui l’allestimento è necessario: il bene culturale, con  la creazione di supporti e particolari che, senza essere invasivi o limitanti, valorizzano gli elementi. I progetti devono essere realizzati su misura, esclusivamente per quell’ambiente o per quella mostra, offrendo anche un supporto creativo per l’ideazione d’installazioni artistiche site specific. L’allestimento di una mostra deve altresì saper catturare l’attenzione del visitatore creando l’atmosfera giusta affinché avvenga il giusto incontro tra utenza o potenziale pubblico e ciò che la mostra propone. Tendenzialmente ad un buon allestimento riuscito, segue sempre una piacevole mostra espositiva.

Oggigiorno purtroppo spesso gli obiettivi appena citati non vengono soddisfatti dagli allestimenti che, da un lato appaiono troppo deboli e qualitativamente non idonei, dall’altro ci sono set-up troppo “forti”, tanto che in alcuni casi l’ordine naturale delle cose viene ribaltato e l’allestimento, dunque, non sembra più essere al servizio delle opere, al contrario è come inserito in un meraviglioso contenitore, dove le opere sono solo di supporto e di decoro ed è l’allestimento a risultare il vero protagonista indiscusso.

Ma quali sono le regole da seguire per realizzare un buon allestimento museale? Innanzitutto la conoscenza. Prima di ogni cosa è fondamentale conoscere e studiare riguardo a ciò che verrà valorizzato, siano essi quadri, sculture, murales, esibizioni e così via. Solo attraverso lo studio e la ricerca si riesce a capire le vere intenzioni del curatore o dell’artista e lo si può aiutare attraverso un allestimento ad hoc. Bisogna conoscere estremamente bene il luogo in cui realizzare l’allestimento e dunque sapere il volume dello spazio espositivo, le caratteristiche fisiche ed i relativi problemi annessi.

Apprese queste nozioni fondamentali, sarà utile cominciare ad ideare un progetto che, seguendo le esigenze dei committenti, chiarifica i supporti fondamentali dell’esposizione, pannelli murari, supporti per oggetti o sculture, collocazioni nello spazio ed ideazione di un sistema di illuminazione. L’aspetto estetico di un allestimento è sintomo di uno studio ricercato e attento da parte dell’architetto/studioso che c’è dietro, i materiali, i colori, gli arredi, le luci e così via ci trasmettono il “sapore” della mostra ed il suo coinvolgimento con l’utenza. In poche parole comunicano non solo l’atmosfera, bensì dividono anche idealmente le diverse sezioni di una mostra o i diversi materiali esposti o anche i diversi artisti coinvolti, sempre tenendo presente che lo scopo del museo è l’educazione e la diffusione della conoscenza.

Sarà fondamentale anche l’ideazione e la creazione di cartellini contenenti le didascalie delle opere esposte, così da facilitare la conoscenza dell’utenza, e diventerà molto utile ai fini dell’allestimento la collocazione di tali cartellini (vicino all’opera, all’inizio della sala, in fondo alla parete e così via). Oltre a questi cartellini, sarà necessario creare un cartellone di ringraziamento con i nomi degli enti e dei privati che hanno realizzato e finanziato l’esposizione o il museo.

Inevitabilmente utile sarà anche la creazione di un percorso, lineare o meno, da seguire, una sorta di “fil rouge”, che collega idealmente le opere esposte in un percorso ragionato e sensato (per artista, per linea temporale, per eventi e così via). Bisognerà calcolare i tempi adatti alla visita per sostenere gli ingressi della diversa utenza e le norme di sicurezza degli ambienti coinvolti.

Ogni ambiente coinvolto ed ogni allestimento dovranno prevedere sale, supporti, materiali e pedane tutte correlate da meccanismi di sicurezza e di allarme per evitare danneggiamenti e furti dell’opera oltre il suo deperimento.

E’ qui che entra in scena il caso della “Pietà Rondanini” conservata presso il Castello Sforzesco di Milano e realizzata, in almeno due rifacimenti, da un anziano Michelangelo Buonarroti (1475, Caprese – 1564, Roma) tra il 1552 ed il 1564, che lo consacrano a mito. Si racconta che vi lavorò fino a pochissimi giorni prima della sua morte, viene infatti considerata l’ultima opera realizzata dal grande maestro.

L’opera, secondo quanto riporta l’amico e biografo Vasari, era destinata dall’artista alla sua tomba pensata in Santa Maria Maggiore a Roma o a Firenze. Di questo capolavoro ne esistono due varianti/versioni : Michelangelo realizzò una prima versione nel 1552 e ritornò a lavorarci sopra anni dopo, si pensa fino a pochi giorni prima della sua morte nel 1564.

Della prima versione databile tra il 1552/1553 non abbiamo notizie significative, se non una copia realizzata forse dallo Zuccari nella “Pietà degli Angeli” e degli schizzi oggi conservati a Oxford. L’opera raffigurava la Vergine Maria e Gesù,  completamente sorretto dalla madre che lo solleva prendendolo  da sotto le ascelle.

Dalla seconda versione, quella realizzata probabilmente nel 1564, Michelangelo ottenne uno stravolgimento di quanto aveva fatto in precedenza: dal medesimo blocco di marmo modificò il corpo della Vergine fino ad ottenere il corpo di Cristo, e allo stesso modo, la vecchia figura di Gesù ottenne nuova vita, strutturandosi in Maria. L’artista doveva avere ottant’anni quando realizzò questo capolavoro che infatti dimostra le sorprendenti abilità dell’artista: vi sono parti completate (braccio destro del Salvatore, le gambe di Cristo e l’orientamento del suo volto) che testimoniano l’esistenza di un primo lavoro e altre parti sono solo abbozzate, quello che dai tecnici dell’arte viene definito “non finito michelangiolesco”. Le parti non definite invece riguardano il corpo e la testa di Maria ed il volto stesso di Cristo.

Il “non finito” consiste nel non levigare le superfici, creando un senso di figura abbozzata ma non delineata nei dettagli, creando così contrasto con le parti completate. Per Michelangelo però si deve parlare di statue ancora immerse nella materia di partenza, infatti l’artista cercava di fare emergere dalla materia bruta una forma sinuosa e delicata che doveva in qualche modo ricordargli l’eterno contrasto spirito-corpo, forma-materia, vita-morte. Il suo non-finito in scultura crea la massima tensione possibile tra questi opposti: da un lato la materia dall’altro la forma, restando quest’ultima comunque prigioniera della prima. La forma cerca di liberarsi dalla materia, ma senza riuscirci, anche perché senza quest’ultima non potrebbe manifestarsi.

La statua, osservabile da qualsiasi angolazione, fa emergere una sorta di slancio verso l’alto di tutta la composizione, simbolo e rimando della morte di Cristo per la salvezza dell’umanità, ma anche la sua prossima Venuta per giudicare i vivi e i morti durante il Giudizio Universale.

L’opera rimanda e simboleggia anche, e soprattutto, l’amore immenso ed il rapporto madre/figlio, reso perfettamente nel gesto di Maria che cerca di sollevare il busto di Gesù, quasi a formare un unico corpo. Anche la mano destra di Maria, sembra fondersi nel corpo di Lui, sembra entrare dentro il corpo del Figlio. E’ l’opera che più di tutte caratterizza l’estrema sensibilità artistica raggiunta da un Michelangelo ormai vecchio, ma sempre pieno di grande creatività artistica.

E come per l’opera si ebbero due versioni da parte dell’artista, così anche l’allestimento ad essa dedicata ha avuto due versioni. L’opera è conservata a Milano dal 1° Novembre 1952 quando fu acquistata dal Comune di Milano, che la destinò alle Raccolte Civiche del Castello Sforzesco, dove tutt’ora si trova.

Il primo allestimento, datato 1956, dedicato alla “Pietà Rondanini” fu affidato allo studio BBPR (Banfi, Belgiojoso, Peressutti e Rogers), il quale decise di collocarla in nuovo spazio, creato appositamente con la demolizione delle antiche volte della Sala sottostante a quella degli Scarlioni, realizzate nel XV secolo. Dato il valore straordinario dell’opera i progettisti avvertirono la necessità e l’esigenza di ritagliarle una porzione di spazio che la accogliesse appositamente.

Decisero che, era necessario isolarla da tutto il resto e crearono una nicchia in pietra serena composta da un’architettura con due quinte semicircolari di blocchi di pietra sovrapposti. A questo spazio raccolto si viene introdotti per gradi, discendendo una scala che impone al visitatore un incedere più lento e, al tempo stesso, fa ruotare lo spazio, preparandolo alla visione finale dell’opera michelangiolesca inserita in un ambiente sobrio e funzionale. Nella visione dello studio BBPR l’opera doveva parlare da sé, l’allestimento e coloro che se ne occupavano non dovevano essere “registi invadenti” ma solo facilitatori dei mezzi di comunicazione.

Nell’allestimento del 1956 la Pietà poggiava su un’ara romana del I secolo d.C., che aveva costituito il suo basamento dagli inizi del Novecento. La scultura rimase nella medesima collocazione fino al 2015.

 

 

 

Già nel 1999 si cominciò a percepire che la collocazione della “Pietà Rondanini” non era più adatta, il Comune di Milano decise quindi di bandire un concorso internazionale di idee, per trovare una nuova convincente proposta di allestimento per la Pietà. Risultò vincitore del concorso Alvaro Siza, ma il suo progetto non venne mai realizzato. Nel 2012 riemerse il dibattito museografico inerente a tale questione, tanto che Claudio Salsi, Soprintendente del Castello Sforzesco, decise di spostare l’opera nell’antico Ospedale Spagnolo nel Cortile delle Armi del Castello.

Il 2 maggio 2015 è stato inaugurato il nuovo museo dedicato alla Pietà Rondanini, nell’allestimento dell’architetto Michele De Lucchi, in collaborazione con la soprintendenza (Caterina Bon e Alberto Artioli) e un comitato di Storici dell’arte, professori all'Università degli Studi di Milano (Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa). Il nuovo allestimento recupera nel modo più degno un'architettura storica, carica di significato, come l’Ospedale Spagnolo. Decisione criticata da molti esperti e storici dell’arte, in quanto viene vista come una rottura con il percorso espositivo progettato preceden-temente, altre critiche sopraggiungono per il fatto di avere eliminato il basamento precedente costituito da un’ara funeraria di epoca traiana. 

In realtà molti sono i meriti del nuovo allestimento, a partire dal nuovo gusto più sobrio, raffinato ed essenziale. L’opera, liberata dal pesante basamento, poggia oggi su uno speciale basamento cilindrico ad alta tecnologia ed antisismico, realizzato in collaborazione dalle aziende italiana Goppion e giapponesi Thk e Miyamoto International. La speciale piattaforma antisismica e antivibrante creata per tutelare l’opera ha anche ricevuto il riconoscimento “Global Best Project” (2016), nella categoria “Costruzioni speciali”, dalla prestigiosa rivista internazionale di settore Engineering News-Record.

Il nuovo allestimento, oltre a snellire l’apparato scenico del vecchio allestimento (sono stati eliminati anche i blocchi di pietra semicircolari che circondavano in parte la scultura), dovrebbe riflettere l’aspetto più emotivo dell’opera scolpita dall’artista toscano per collocarla sopra la sua sepoltura, avvicinandoci così ad nuovo punto di vista, che sembra rispondere maggiormente a quanto aveva pensato lo stesso Michelangelo. Un pathos ulteriormente evidenziato dall’ambiente circostante, completamente vuoto ad eccezione di tre panche di rovere, e da pochi oggetti esposti nella stanza: un leggio con la storia dell’opera, una maschera funeraria di Daniele da Volterra e una medaglia con il volto di Michelangelo.

L’idea principale dell’architetto De Lucchi è proprio quella di far esaltare l’aspetto emotivo e iconico dell’opera, la decisione di far entrare i visitatori da un ingresso che permetterà loro di vedere le spalle dell’opera è suggestiva in tal senso: scorgeranno per prima cosa ciò che Michelangelo scolpì per ultima, la schiena della Madonna ricurva sul figlio, rendendo ancora più intensa l’emozione dell’opera e della visita.

Inserito il:29/11/2016 14:57:40
Ultimo aggiornamento:29/11/2016 16:39:39
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