Aggiornato al 20/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Leon Zernitsky (Russia 1949 - Thornhill, ON - Canada) - Free Jazz

 

Somma arte, improvvisare

di Fabio Macaluso

 

La musica è un’arte complessa. Viene in genere pensata dai musicisti seri con attenzione e quindi composta secondo regole condivise. Essa è normalmente riportata su spartiti musicali, la cui prima edizione dovrebbe costituire la novità che viene immessa nel circuito commerciale delle riproduzioni discografiche e delle esecuzioni dei concerti dal vivo.

La musica scritta ha un’importanza eccezionale, costituendo il riferimento che viene offerto ai soggetti che si avvicinano alle composizioni musicali per eseguirle, adattarle, crearne un’opera derivata.

C’è un altro fattore, relativo soprattutto alla musica dal vivo, che è di fatto negletto. Mi riferisco all’improvvisazione, che è una vera e propria opera dell’ingegno che nasce “qui e ora”, ovvero al momento dell’esecuzione dell’opera musicale stessa.

Ne ho parlato una notte col grande chitarrista americano Marc Ribot, dopo un suo concerto a Bari, che mi confessò che nella serata aveva improvvisato per circa la metà dell’esibizione, citando almeno 60 composizioni di altri autori.

L’improvvisazione sfugge a un inquadramento preciso e su questo ho dialogato con il Maestro Luca Ruggero Jacovella, musicista affermato e massimo teorico internazionale del diritto d’autore secondo una prospettiva musicologica.

Maestro Jacovella, sopra ho provato a dare una definizione di improvvisazione musicale. La condivide?

La condivido, perché l’improvvisazione è un atto creativo che sfugge alle regole convenzionali del “ripensamento nelle composizioni”. Difatti, nella composizione puoi anche impiegare un mese per produrre un solo minuto di musica, mentre nell’improvvisazione non puoi andare oltre quel minuto in cui la musica è eseguita.

L’improvvisazione è dunque afferente esclusivamente alla musica dal vivo oppure no?

Certamente no, perché si verifica anche durante le registrazioni fonografiche in quanto sono parte del processo che formano il “textus” dell’opera. Quest’ultimo è il prodotto finale di elementi musicali precomposti, sezioni improvvisate ed editing creativo di tipo tecnologico.

L’improvvisazione è in genere distinguibile da un ascoltatore medio come un elemento autonomo della composizione musicale?

In effetti non è così semplice. Presupponendo di conoscere il tema originale enunciato - uno standard, una canzone famosa – il materiale sonoro che ne consegue tanto più si discosta dal modello iniziale e da altre improvvisazioni basate sulla medesima fonte, quanto più risulta essere una creazione originale. Così, vi è una chance maggiore che siano distinguibili.

Che cos’è il “vincolo del linguaggio” che riguarda le improvvisazioni?

Le improvvisazioni possono essere libere da ogni schema come è stato con l’esperimento del free jazz, con artisti straordinari come Cecil Taylor, Albert Ayler o Ornette Coleman. Vi è da dire che le relative opere non sono di facile fruibilità, pure da parte della stessa comunità dei musicisti, anche se questo problema di comprensione del linguaggio non ne diminuisce il valore. Ciò detto, nella maggior parte dei casi le improvvisazioni si articolano attraverso un lessico musicale condiviso da una più ampia platea. Esse comportano una sfida difficile: rifarsi alla tradizione, ovvero al linguaggio musicale esistente, senza che però vengano “scimmiottate” le opere precedenti.

Pierre Boulez sosteneva che per improvvisare occorre una fortissima preparazione teorica musicale. Condivide questo pensiero?

Assolutamente sì, ma aggiungerei che serve anche una preparazione percettiva e senso-motoria perché nelle musiche audiotattili – quelle che non usano come medium formativo principale la scrittura – l’improvvisazione si innesca con il groove e lo swing, che sono dinamiche ritmiche essenziali e immediate. Sta proprio qui l’originalità dell’artista/performer perché il suo swing è del tutto personale e difficilmente replicabile.

Dato che l’improvvisazione è così preziosa perché manca un riconoscimento economico specifico relativo a queste creazioni? In altri termini, perché nelle norme sul diritto d’autore non ve ne è traccia?

Nelle leggi sul diritto d’autore della fine dell’Ottocento e in quella del 1925, che hanno preceduta l’attuale legge del 1941, la tutela delle improvvisazioni era riconosciuta in quanto per le opere ordinarie il diritto si costituiva attraverso il deposito delle opere presso appositi registri. L’improvvisazione, immediatamente diffusa negli spettacoli e, in seguito, via radio, era protetta dalla legge.  Oggi non è necessario menzionare l’improvvisazione perché il diritto d’autore nasce con la creazione dell’opera (senza formalità alcuna) e così le opere improvvisate si perdono nel mare magnum dei lavori protetti.

Hanno ragione i musicisti italiani e internazionali a ritenersi privati di un diritto economico e può esistere una soluzione?

Certo, perché, a causa della genericità della protezione, le loro creazioni non sono agganciate a un meccanismo di raccolta e ripartizione dei proventi. Esistono due possibili soluzioni: la prima è stata trovata in Francia dove la SACEM (la SIAE francese) dal 1982 riconosce un diritto esclusivamente economico agli improvvisatori iscritti in uno specifico albo, che autodichiarano le improvvisazioni svolte. Non viene così però tutelata oltralpe l’autorialità degli improvvisatori. La seconda via, da me individuata almeno per il nostro paese, passa da una modifica dei regolamenti della SIAE al fine di permettere il deposito delle parti improvvisative su disco. Difatti, la SIAE accetta quasi esclusivamente gli spartiti cartacei attraverso cui è di fatto impossibile annotare le improvvisazioni. Se non superiamo questa restrizione il problema non può trovare soluzione.

Un’ultima domanda: lei ha creato il portale Jazzrights.com che contiene una library delle improvvisazioni della storia del Jazz. A che serve questa iniziativa?

Essa ha una duplice finalità: la prima è quella di archiviare in modo sistematico le improvvisazioni, dando a tutti l’opportunità di nutrire il database; la seconda è quella di sviluppare l’autorialità degli artisti attraverso il caricamento e la fissazione delle improvvisazioni di oggi. Questo realizzerà un patrimonio di conoscenza culturale accessibile liberamente, teso ad arricchire il panorama musicale mondiale.

Inserito il:30/10/2016 19:25:30
Ultimo aggiornamento:30/10/2016 19:34:26
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