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Voltaire

Dove vanno le telecomunicazioni?

02/07/2013

 

Dove vanno le telecomunicazioni? Questa é la domanda che molti si pongono in un momento di radicale cambiamento tecnologico e di profonda congiuntura economica.

Ci eravamo infatti illusi di costruire un’analisi anche economica del settore secondo la tradizionale distinzione tra reti e contenuti, ma questa distinzione oggi segna il passo. Anche l’approccio più evoluto al tema sembra essere sorpassato perché ci sono soggetti che attraverso il software riescono a fare entrambe le cose nello stesso momento, cioè a sostituirsi al paradigma di una distinzione che sembrava dare qualche tranquillità allo studioso del sistema delle comunicazioni.

E’ poi chiaro ormai che a una maggiore intensità di utilizzo delle reti corrisponde sempre più una diminuzione dei ricavi. Si tratta di un tema che ha connotazioni non più rinviabili sul piano regolatorio. E’ cresciuto infatti lo squilibrio tra chi fornisce l’accesso e chi dà i contenuti e per di più si sono aggiunti soggetti che hanno una caratteristica intermedia. Tutto questo porta a una revisione degli elementi tradizionali della regolamentazione.

Da un punto di vista tecnico si tratta di una commistione quasi inestricabile. La separazione reti/contenuti, l’idea che per rete si debba intendere al massimo la convergenza del fisso con il mobile, il meccanismo di regole che, almeno in Europa, tendenzialmente favoriscono la competizione infrastrutturale, sono tutti aspetti in via di rapido superamento. E ’ poi emerso un fenomeno enorme non preventivato dalla regolamentazione quadro del 2002 e cioè il netto superamento degli accessi mobili rispetto a quelli fissi, soprattutto come conseguenza all’introduzione sul mercato di nuovi device (smartphone – tablet). E tutto questo non potrà non avere un effetto sul piano dell’integrazione convergente delle reti e dei relativi rapporti di forza.

Non a caso in Europa si sono manifestate di recente alcune singolari tendenze regolatorie. Nell’ultimo trust fatto dalla Commissione europea per la raccomandazione su NGN compare per la prima volta l’idea di un specie di open access allargata anche alle infrastrutture mobili. Il Commissario Almunia ha dichiarato poi che l’Europa non riesce più a sopportare questa competizione degli operatori americani o asiatici della filiera della comunicazione elettronica in ragione delle condizioni frammentate del mercato interno, sostenendo che bisogna incominciare a pensare a reti paneuropee, a ridurre il numero degli operatori dai centosessanta esistenti a un numero di soggetti in grado di resistere sul piano della competizione alle dimensioni degli altri paesi esterni all’Europa.

Scenari dunque in rapido mutamento rispetto ai quali occorre una tecnica economica e regolatoria nuova. In sostanza bisognerà cambiare la teoria generale, l’ideologia di fondo. E’ difficile dire quale sia la soluzione più idonea. Forse non c’è un’unica soluzione e vale un discorso per approssimazione. Chi si occupa di queste cose, sia da un punto di vista industriale, sia regolatorio, dovrebbe perciò mostrare un’estrema flessibilità.

Per incominciare bisognerebbe utilizzare maggiormente la leva della disarticolazione della catena del valore che questa convergenza offre. Per esempio un operatore di telecomunicazioni non necessariamente deve essere un operatore integrato. Può fornire semplicemente la banda, può dare un’intelligenza maggiore alla rete, può infine fornire integralmente anche i servizi. Di conseguenza avere forme di regolazione diversa, laddove sia necessaria una regolazione ex ante.

Nuove missioni poi possono essere assunte dalle Telco che maggiormente stanno soffrendo il rapporto con gli aggregatori, con gli OTT. I problemi dell’identità, la gestione dei dati personali, i problemi della riconoscibilità dell’utente sono ancora in gran parte nelle mani degli operatori di rete tradizionali. Si tratta di un aspetto che potrebbe essere valorizzato maggiormente dalle Telco. Anche a livello internazionale si discute infatti sul fatto che per gli operatori di telecomunicazioni ci potrebbero essere nuove missioni legate alla gestione dei dati, all’identità delle persone e così via.

C’è poi l’altro tema in questi mesi molto presente nel dibattito americano relativo alla natura stessa di queste reti, di grande rilievo non solo per l’aspetto economico ma anche per i diritti individuali. Ormai le reti di comunicazione elettronica sono considerate tra le strutture portanti anche degli stessi processi democratici. Diversi autori, ad esempio Susan Crowford, hanno sollevato l’idea che queste reti alla fine sono una specie commodity, di utility, e che debbono perciò essere considerate al pari della rete energetica, della rete idrica una sorta di bene comune.

Considerazioni interessanti non tanto per le soluzioni prospettate, quanto per l’analisi della situazione americana caratterizzata da forti squilibri tra i cittadini che possono accedere agevolmente ad Internet e parti importanti della società, ad esempio le periferie urbane, fuori da questo sistema. Un paradosso in un paese che aveva sperimentato per primo la concorrenza e che ora si trova in una condizione difficile.
Emerge in sostanza che il sistema americano, sviluppatosi in una metrica puramente concorrenziale, mostra ora la volontà di tornare indietro per dare in qualche misura delle risposte egli esiti negativi dallo stesso prodotti. Da qui la teoria della rete come una commodity, con tutte le conseguenze sul piano della regolamentazione e della remunerazione.

L’Europa invece tende ad andare in una direzione diversa dal passato, lasciando da parte la competizione infrastrutturale e scegliendo una linea di consolidamento industriale con tutti gli effetti che questo può causare sul piano delle regole.

Più in generale, il paradigma servizi-reti non funziona più. Ci sono dei soggetti che fanno l’uno e l’altro, dei soggetti intermedi e da questo derivano conseguenze sul piano tecnologico, economico, giuridico.
Al contempo si manifesta una sperequazione ormai inaccettabile tra chi usa le reti e chi le deve fare. I rapporti di forza tra le vecchie Telco e gli OTT sono assolutamente squilibrati.

Ma quando esiste una situazione di dominanza di un soggetto rispetto a un altro in un segmento di mercato ci sono leve del diritto alla concorrenza che vanno usate. Il problema dunque sembra essere oggi più nelle mani delle autorità per la concorrenza (quella europea e l’Autorità della concorrenza nazionale) o in meccanismi di tipo contrattuale che pure incominciano a mostrarsi (accordi diretti tra OTT e Telco).
Ciò non significa il tramonto dell’intervento ex ante, ma che vanno sperimentate delle forme nuove di regolazione alcune delle quali possibili già a legislazione vigente.

La nostra tradizione giuridica con difficoltà si sta adeguando a questi modelli tecnologici nuovi. Probabilmente la questione è forse più ampia e riguarda una incapacità nazionale alla modernità (caso paradigmatico quello relativo agli obblighi di tipo universalistico sull’accesso alle reti e ai contenuti che attengono non solo a condizioni di natura economica ma anche alla sfera dei diritti individuali).

 

Inserito il:25/11/2014 16:23:47
Ultimo aggiornamento:22/03/2022 15:53:57
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