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Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Il lavoro che nobilita.

05/03/2014

 

Nel giorno 4 marzo 2014, ho preso parte all’incontro dal titolo “La Comunita’ di Adriano Olivetti”.

L’incontro si e’ svolto nella sala grande del circolo dei Lettori, a Torino.

Singolare il fatto che il giorno dell’incontro era martedi’ grasso, singolare coincidenza con la ricorrenza che fu purtroppo funesta:  Adriano Olivetti perse la vita proprio nei giorni del Carnevale, partendo da Ivrea.

Il 4 marzo era anche la data di nascita di Lucio Dalla, grande artista scomparso, che forse nulla ha a che vedere con il contesto di cui parlo. O forse si ?

Parlando di grandi artisti scomparsi, credo che all’arte del lavoro, o meglio di saper accostare il lavoro ad un’arte, si debba onore e merito ad Adriano Olivetti.

Egli seppe valorizzare il lavoro,  renderlo nobile, come nel titolo che ho voluto dare a queste mie poche righe di riflessione.

In Olivetti con Adriano lavorarono letterati, filosofi, in una parola: umanisti.

E il lavoro da lui proposto era “umanizzato”, il tempo libero si innestava nel tempo lavorativo non per appesantire quest’ultimo, semmai per alleggerirlo, rendendolo parte espressiva dell’anima di ciascun lavoratore, ma soprattutto creando un tuttuno armonico, un modo di vivere diverso, con la voglia di lavorare addosso, e le conseguenti capacita’ derivanti dalla motivazione, capacita’ che rendevano costruttivo e creativo il lavoro stesso.

Dai preziosi relatori del convegno si e’ sentito parlare di Aristotele, e come non poteva questo scatenare ancora una volta la mia passione per le ontologie !

Sicuramente l’approccio di Adriano Olivetti al lavoro non puo’ che aver arricchito l’espressivita’ dell’ontologia dell’uomo stesso. Con lui lavoro e vita sono stati parti integranti della stessa ontologia, riccamente raccordate tra loro.

Non posso non ricordare, come declinazione della filosofia di Adriano Olivetti, il lavoro ai tempi del CSI di Renzo Rovaris, al quale devo l’invito al convegno di cui sto parlando.

Anche lui seppe valorizzare le persone all’interno della sua impresa, e seppe dare strumenti di vita quotidiana utili a raccordare lavoro e vita: basti citare l’asilo aziendale, e i numerosi eventi da lui realizzati perche’ potessimo sentirci parte di una famiglia allargata e completa che potesse vivere il lavoro con pari dignita’ di qualunque evento della vita.

Ricordo la sua stretta di mano nel mezzo di Corso Unione Sovietica, con la quale si complimento’ per un mio primo lavoro sulle ontologie informatiche, presentato in sede europea.

Adriano Olivetti, Renzo Rovaris, e un certo modo di intendere il lavoro, e di valorizzarlo, mi fa credere ancora di piu’ nel mio ormai chiodo fisso delle ontologie, e come ad esempio si possa con un progetto collaborativo realizzare e mantenere informaticamente le ontologie  della pubblica amministrazione  o sfruttare l’idea in altri settori:  energia, ad esempio.

Ho presentato recentemente l’idea del progetto collaborativo per la P.A. all’evento LOD2014.

Ho partecipato con un poster e nei 3 minuti a disposizione nella conferenza ho presentato queste slides.

Ricordo che, in epoca di terziarizzazione spinta, costruire le ontologie e mantenerle, serve a non disperdere conoscenza fondamentale per la vita di un’impresa.

Ricordo che, sempre in epoca di terziarizzazione spinta, vi sono grandi aziende che nel campo dell’energia utilizzano il concetto di “green” per ripensare i propri datacenter, introducendo 2 concetti:

-        Il risparmio energetico fisico del datacenter stesso

-        La riprogettazione concettuale in ottica cloud di tutte le applicazioni che confluiscono in un nuovo cloud datacenter

Le pubbliche amministrazioni dovrebbero prendere esempio, di come l’informatizzazione non sia solo “sostituire attivita’ manuali con un computer”, o riprogettare applicazioni esistenti semplicemente mettendo nuova tecnologia al posto della vecchia.

Ma si puo’, anzi si dovrebbe sempre, rivisitare funzionalmente i processi, prima di informatizzarli o re-ingegnerizzarli informaticamente, qualora esistano gia’ ma siano “vintage”.

E per fare questo credo che pochi altri approcci possano essere efficaci come quello ontologico, approccio che peraltro usiamo inconsapevolmente da sempre, da prima di Aristotele.

Fa parte dell’uomo, infatti, l’arte di autodescriversi per poi  autoapprendere e migliorarsi.

Spero di poter fare la mia parte su progetti che adottino queste filosofie, magari la telefonata che sto aspettando mi potrebbe portare in questa direzione.

Le ontologie come ulteriore esempio di lavoro che nobilita.

 

Comments

o   Giovanni Altigieri

05/03/2014 at 23:56

 

Sono sempre abbastanza perplesso rispetto ad occasioni di questo tipo, alle ricorrenze. Non tanto perchè non le rispetti o non ne abbia una considerazione più che elevata. Quanto perchè mi paiono delle clamorose confessioni: si guarda al maestro, all’archetipo o al prototipo, che sì è sconfessato attraverso una condotta diametralmente opposta rispetto a quella perseguita dalla figura che si vorrebbe celebrare. Per Adriano Olivetti il lavoro era un valore. Io ho oggi consistenti dubbi circa il fatto che a questo tema venga riservata la medesima considerazione e lo stesso appassionato, religioso, entusiasta approccio. Mi pare cioè che oggi il lavoro sia “IL” problema per eccellenza: prima ancora che per la sua presunta mancanza, che troppi sbandierano senza sapere di cosa stanno parlando, per la miopia e l’impreparazione di chi gravita intorno al tema. C’è bisogno di passione, di slancio, di affetto e di quella genialità tutta italica che ha contraddistinto molta della produzione di Dalla. Ad una condizione: che i lavoratori siano la soluzione, e non il problema.

 

o   Riccardo grosso

06/03/2014 at 08:57

 

Se voglio arrivare sul monte Rosa il mio riferimento deve essere Messner che ha fatto gli ottomila perdendo soltanto sette dita. Come ha detto in una intervista nella quale ha palesato il suo inguaribile ottimismo. Come il mio

  

o   Eugenio Pio Botti

06/03/2014 at 17:55

 

Caro Riccardo Grosso, il lavoro per noi vecchi fortunati ( ex Olivetti Bull sino ad Honeywell Bull ) era la realizzazione pratica dell’essere uomo. Il lavoro per noi non era un peso! il lavoro per noi era ( almeno per me ) era la via che serviva per testimoniare la fede.

 

 

 

 

Inserito il:24/11/2014 13:15:55
Ultimo aggiornamento:22/03/2022 15:45:47
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