Internet, la globalizzazione e i soliti problemi di sempre.
04/12/2013
In questi giorni un colosso mondiale di Internet, Amazon, e’ assurto più di quanto già non lo fosse, agli onori della cronaca per due motivi.
Il roboante annuncio di quasi imminente utilizzo dei droni , cioè di quei mini elicotteri telecomandati, per la consegna della merce a domicilio entro 60 minuti dalla ricezione dell’ordine, servizio che ha già un nome Prime Air e dall’indagine in corso in Inghilterra dopo la denuncia di uno dei quindicimila ‘magazzinieri’. Da un articolo di Repubblica:
“ Adam Litter, un inglese di 23 anni, ha confidato a un programma di inchieste della Bbc che deve camminare per 11 miglia (quasi 18 chilometri) al giorno, prendendo in mano un pacco ogni 33 secondi, per un totale di 110 pacchi all’ora, nel tentativo di mantenere gli standard fissati dall’azienda. Lavora infatti con un pedometro collegato a un sistema di navigazione satellitare Gps che svolge due funzioni: da un lato gli indica il percorso più breve per raggiungere la scatola da andare a prendere nell’immenso capannone, dall’altro scandisce un conto alla rovescia del tempo che è teoricamente necessario ad arrivare davanti all’oggetto desiderato. In realtà, sostiene Litter, quei tempi sono inumani, impossibili da realizzare, costringendolo ad accelerare il passo, a correre anziché camminare, da un punto all’altro del capannone, perennemente in ritardo. “
E’ subito parsa evidente l’irrealizzabilità a breve ma forse non solo a breve di Prime Air sia dal punto di vista tecnico ma soprattutto normativo , il volo dei droni sui centri abitati e’ al momento regolato da leggi, dove ci sono, variabili da località a località, in molti paesi è assolutamente vietato, in Italia credo non si sia neanche ancora posti il problema. Ma allora perché un braind come Amazon solitamente così restio ad annunciare i suoi piani futuri si e’ volontariamente esposto ai media? Per almeno due buoni motivi: il primo pubblicitario puro e semplice in concomitanza con i due giorni di super sconti statunitensi ma oramai esportati ovunque : il Black Friday e il Cyber Monday ;il secondo , se vogliamo più subdolo, per distrarre l’attenzione dei media dalla vicenda inglese.
A giudicare dai risultati di vendita e dal quasi silenzio caduto sulla vicenda anglosassone (per altro non una novità) l’operazione ha raggiunto i suoi obiettivi.
Ora penso che si impongano un paio di riflessioni.
La prima e’ sulla relativa facilità con cui i grandi nomi presenti in internet riescono a condizionare la platea dei clienti : nell’imminenza di due giornate di massima previsione di vendita Amazon riesce a far parlare di sé come antesignana dell’innovazione ed ad allontanare le critiche sull’operatività utilizzata per svolgere il proprio servizio. Per un paio di giorni, quelli giusti, il web ha parlato prevalentemente di Amazon associandola al Prime Air. Diciamo uno “spottone” pubblicitario ben riuscito. Da qui , per noi comuni mortali, l’insegnamento a non “bere” senza filtro quello che la rete propone, ma applicare sempre ,in ogni campo, la dovuta critica e possibilmente una verifica della veridicità di quanto pubblicato e trarne le dovute conseguenze.
La seconda e’ di tipo più strutturale e sconfina con la globalizzazione e le relative conseguenze. L’e-commerce è per sua definizione un’attività a bassi margini perche’ deve fare concorrenza al commercio tradizionale ( end user prices più bassi) e nel contempo puntare a grossi volumi.
Ma richiede pur sempre un’attività manuale significativa per quella fase della sua catena di ‘produzione’ che potremmo definire la trasformazione fra il B2B con cui vengono interfacciati i grandi distributori e il B2C con cui deve interfacciare la propria clientela. In parole semplici : riceve la merce in confezioni imballate con enne pezzi dello stesso prodotto e deve singolarmente distribuire il singolo pezzo per la maggior parte degli articoli trattati; e deve farlo in fretta perche’ il time to delivery è un’altra variabile molto importante.
Questa trasformazione e’ tipica anche per il dettagliante o per la GDO ma impatta una scala e soprattutto una gamma di prodotti più limate. L’e-commerce dei grandi invece ha un catalogo di prodotti enorme , decine di migliaia e rincorre volumi , per quanto detto prima, molto alti. Non esiste ancora automazione robotica in grado di svolgere questo compito che è affidato ad esseri umani su di cui viene esercitato il monitoraggio e imposti i ritmi così efficacemente descritti da Adam Litter.
Quindi possiamo dire “nulla di nuovo sotto il sole”: ogni grande successo industriale pur nell’era digitale quando tratta ‘hard goods’ e non ‘digital goods’ si basa ancora sullo sfruttamento del lavoro di altri uomini, all’inizio dell’era industriale erano i minatori che estraevano il carbone necessario per produrre il vapore per le nascenti macchine manifatturiere, poi gli operai delle catene di montaggio di Tempi Moderni e così via e lì sembra di essere rimasti.
Uno spiraglio per il futuro forse c’e’ : internet e la relativa facilità di sviluppo sulle piattaforme informatiche dell’e-commerce dovrebbero favorire la vendita diretta del produttore all’end user bypassando gli intermediari e i grandi agglomeratori tipo Amazon appunto, riconducendo il tutto a valori di scala enormemente inferiori per il singolo negozio con indubbi vantaggi sulla catena distributiva e anche per l’end user perche’ riducendo i passaggi si diminuisce il prezzo finale.
Non più negozi omnicomprensivi quindi, ma negozi associate al singolo produttore e si incomincia a vederne qualcuno. Eccesso di ottimismo? Forse , solo il futuro ce lo dirà.