Aggiornato al 27/07/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

La Net Neutrality finita?

15/01/2014
 

E’ di ieri la notizia che una corte d’Appello di Washington ha dato ragione a Verizon ed ha dichiarato non più applicabili le regole che la Federal Communication Commission aveva emanato nel 2010 (auspice un forte interessamento di Obama) e che erano note come ‘Open Internet’.
Nella buona sostanza mentre fino a ieri i providers di connetività (telefonici o CableTV in USA) non potevano discriminare il livello della Qualità di Servizio (il mitico QoS) in funzione dei contenuti trasmessi garantendo una politica di ‘best effort’ a tutti i loro clienti, da ieri sembra aperta la possibilità per gli internet provider di pacchettizzare la loro offerta commerciale verso i loro clienti finali in funzione dei contenuti in modo del tutto analogo a quello che avviene nel mondo del broadcasting  digitale televisivo anche qui in Italia (pacchetti Sky o Mediaset Premium). Il tema è di grande portata e da un lato c’era da aspettarselo come diretta conseguenza della convergenza tecnologica in cui gli open o walled garden vanno a sovrapporsi.

Alcune considerazioni si impongono.

  • la potenza delle lobbies è forte anche negli USA: le tradizionali Cable TV vedono erodere il loro business dalle internet TV , Netflix in primis, che riescono a trasmettere gli stessi contenuti a costi di abbonamento molto ridotti. Sicuramente la corte di Washington sarà stata oggetto di pressioni.
  • il paragone con il mondo del broadcasting è comunque forzato perche’ quello è prevalentemente monodirezionale mentre internet permette di avere un telecomando planetario e non può essere solo asservita alla distribuzione di streaming audio/visivi.
  • per contro sulla stessa internet gli OTT stanno ottenendo guadagni cosmici (approfittando anche di elusioni fiscali come la recente cronaca politica italiana ha portato in primo piano) investendo molto poco nei costi per la distribuzione dei loro servizi, non per la produzione ma per la distribuzione.
  • i costi che i carrier devono affrontare per garantire larghezza di banda e interoperabilità a livello mondiale sono ragguardevoli comprendendo il backbone nazionale, la copertura capillare fino ai singoli utenti (vale sia per il fisso che per il mobile) e i costi di interconnessione nazionali ed internazionali con relative fette enormi di banda per garantire il facile e mutuo accesso alle reti dei vari concorrenti nazionali e alle tratte internazionali. Quindi i carrier sono nell’affannosa ricerca di nuovi proventi di ricavi.
  • sulla sentenza in questione si sta già sviluppando un contenzioso molto leguleio riguardo alla definizione che la stessa F.C.C. aveva fatto ai tempi della open internet dei provider, non equiparandoli a ‘operatori comuni’ e quindi avendo emesso delle regole al di fuori del proprio ambito.

Insomma la situazione è molto complessa e la soluzione non sembra immediata.

A me pare di poter dire che un’infrastruttura complessa come e’ quella di internet e che, ripeto, richiede investimenti significativi se la si vuole ,come dovrebbe essere sacrosantamente vero, lasciare disponibile ad un uso libero e garantito per tutti, non può sottostare alle leggi del mercato libero ma deve necessariamente essere finanziata e gestita dall’intervento pubblico.

Internet va vista come un enorme dedalo di binari ferroviari che richiede una continua manutenzione e aggiornamento tecnologico per poter garantire che treni sempre più veloci vi si possano sfrecciare sopra. Senza un disaccoppiamento drastico di modello di business fra la gestione dei binari e dei convogli (contenuti/servizi) credo non si possa risolvere il problema.

Molto facile a dirsi ma difficilissimo a farsi perche’ richiederebbe la collaborazione internazionale, quanto meno l’accordo internazionale sulla distribuzione dei costi di interconnetività fra continenti e poi la delega ai singoli governi della situazione nazionale.

Chissà cosa ci riserva il futuro su questo tema : una cosa è certa indietro non si può andare e la salvaguardia delle pari opportunità anche sulla distribuzione delle idee e dei contenuti è un diritto inalienabile.

 

Comments

 

o   Attilio A. Romita

20/01/2014 at 13:05

 

Anni fa ho partecipato all’iniziativa http://www.nnsquad.it.
Ero, sono e sarò sempre dell’idea che la “fornitura di rete” è un servizio fornito da privati e come tale può essere contrattualizzato in vario modo purchè siano chiare, evidenti, pubbliche e rispettate le regole contrattuali.
Non deve essere confuso il controllo (ingiusto) di quello che passa, con la maggiore velocità di trasmissione fornita a cji paga di più.
Confondendo questi fattori si fa un cattivo servizio a tutti e soprattutto agli utenti finali.

 

°  mario cinguino

20/01/2014 at 18:49

 

A me sembra di non aver confuso il controllo dei contenuti con la maggior velocità di fruizione dei medesimi in base al prezzo che si fa pagare. E’ una semplice questione di R.O.I. : il capitale privato giustamente pretende un tempo breve per il ritorno degli investimenti (diciamo 5 anni ma sono già tanti). Volendo dare un servizio universale uguale per tutti non esiste business plan che renda fattibile un profilo del genere. Occorre molto tempo per rientrare dagli investimenti, solo l’intervento pubblico se lo può permettere. Se guardiamo a cosa e’ successo sul servizi voce del mobile nel nostro paese nonostante la presenza di ben quattro operatori privati operanti da più di dieci anni (almeno tre) basta inoltrarsi dieci minuti in qualunque zona alpina per non aver copertura. Oppure spostandosi sull’infrastruttura ferroviaria succedono queste cose :
http://www.corriere.it/cronache/14_gennaio_06/svizzera-si-offre-pagare-l-alta-velocita-all-italia-ritardo-94d60390-76a5-11e3-b5b8-f597f656ab59.shtml
e la Svizzera è la patria dell’iniziativa privata (di tutti i tipi).

 

 

 

Inserito il:25/11/2014 11:17:14
Ultimo aggiornamento:22/03/2022 15:52:48
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