Aggiornato al 31/05/2023

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire
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Jean Giraud (Moebius) (1938-2012) – Le Voyageur

Perché si viaggia?
 

Nella società attuale ci si trova ricorrentemente a parlare delle città spuntate sulla cartina del traguardo sociale che il viaggio è diventato e delle mete future, ma si parla mai di quello che si è scoperto?

Si discute qualche volta di quello che il viaggio ha lasciato in noi e di come abbia aggiunto un tassello al puzzle composito della nostra anima?

“Disconnettersi, affrancarsi, evadere. Staccare la spina, tagliare la corda”: il viaggio è diventato un rimedio al “male di fare e di correre” come dice Canestrini nell' articolo Mollare gli ormeggi pubblicato su Yourself.

Eppure, sembra quasi rispondergli Quilici da Il Giornale che: “ fa rabbia questo viaggiare per fare e per divertimento” perché il grand tour, oggi come nel Settecento, dovrebbe essere l'occasione di una scoperta che ci porti alla conoscenza di noi stessi.

Il viaggio è in realtà il veicolo attraverso cui comprendere le nostre radici e il nostro metodo di pensiero, e si configura come la nave da ormeggiare al porto della consapevolezza che il nostro modo di agire non è l'unico possibile, bensì storicamente spiegabile per la sopravvivenza, e che l'applicazione di metodologie e prospettive sviluppatesi lontano dalla nostra cultura possono aiutarci a valutarla in modo critico permettendoci, con gli adattamenti necessari a renderle efficaci sul campo, di oliare gli ingranaggi stridenti del meccanismo di cui facciamo parte fin dalla nascita.

“Il saper viaggiare andrebbe inserito come materia di studio nelle scuole” conclude Quilici.

Eppure tutti sono stati dappertutto ma nessuno ha conosciuto alcunché, come chi è stato con mille donne senza averne mai amata alcuna perché ha perso l'occasione di ascoltarla.

Persi nel corri corri generale, tutti abbiamo cessato di ascoltare il silenzio della riflessione e abbiamo perso così continue ma uniche occasioni di comprensione profonda.

I viaggi non sono le spiagge esotiche e i musei, non sono i “selfie” davanti ai monumenti più famosi né lo shopping sfrenato nelle stesse catene multinazionali presenti in tutto il mondo.

I viaggi sono le persone a cui ci leghiamo e ce ne lasciano il senso, sono i profumi dei piatti tipici che ne raccontano la storia e le particolarità dei comportamenti differenti, quando impari a comprenderne la dolcezza.

Viaggiare significa leggere tra le righe il parallelo e farlo diventare metodo di pensiero nelle relazione autoctone che solo così diventano realmente tali.

“Ogni posto è una miniera” afferma Terzani in Un indovino mi disse; “basta scavare”.

Ma certo è difficile trovare l'oro se si scava con un cucchiaino. L'unica vanga che serve non è la lingua, ma la forza di osservare i gesti senza preconcetti e quella di non avere il timore di spogliarsi delle proprie abitudini, e così comprendere che quello che noi esprimiamo con un abbraccio può essere espresso in mille modi diversi, da una pacca sulla spalla a un inchino, ma che non per questo muta nel significato.

Ogni luogo è “un teatro di umanità dinanzi al quale ci si potrebbe fermare senza più andare altrove”, continua Terzani.
Il viaggio serve per capire casa propria, per conoscere le persone che si sono sempre frequentate e per vivere dall'interno le relazioni che si sono sempre avute.

“Io sempre incalzato dalla smania di andare[…] volli partire” recita Alfieri in Vita, Epoca terza nonostante Baudelaire affermi che “amara scienza” è quella del viaggio, goccia d'olio che porta la macchia di una straordinaria sensibilità ad espandersi, poiché forse troppo spesso essa cozza contro chi non l'ha mai sperimentata e, proprio per la sua storia, non ne comprende la prospettiva.

Ma essa è uno scorcio sul mondo, sulla vita e su noi stessi, che per la sua ampiezza non ha prezzo.

“E allora” si chiede il poeta francese: “Bisogna andare? Restare?”

Andare per tornare; è questa la massima aspirazione: crescere e viaggiare per imparare e conoscere.

Si deve andare essendo coscienti che le nostre radici sono potenzialmente in tutto il mondo, e poi tornare dovunque ci si senta a casa non con un bagaglio che la riarredi, bensì con una cassetta degli attrezzi che sia in grado di riparare le falle strutturali che ne minacciano il crollo.

   Valeria Perosillo
Classe V Liceo Scientifico

IISS Carlo Alberto Dalla Chiesa
Preside D.ssa Maria Rita Salvi
Corso Apeliòtes – Erasmus + Progetto Budd.E.R.S.
Docente Sig. Mauro Favretto

Inserito il:06/03/2016 14:44:30
Ultimo aggiornamento:25/03/2016 18:06:29
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