Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Enrico Baj (Milano, 1924 - Vergiate, 2003) - Personnage Hurlant

 

Il nucleare green. Che è? Magia e buco nero del terzo millennio

di Vincenzo Rampolla

 

Procediamo con metodo. Quale? Tre metodi sono tipici dell’uomo: quello dello scienziato, qui fuori luogo; quello del politico, che considera il neutrino derivato dal neutrone, ma più piccolo e fetente, e anche questo non fa al caso; quello dell’italiano che si chiede se le nubi radioattive di Chernobyl abbiano troppo inquinato le serre di fragole a Potenza o il latte delle bufale campane. Che fare?

Ci sarebbe il metodo di scorta per il nucleare green, sì, quello verde, raccontato dal giornale di provincia, per la casalinga o il pensionato che lo legge a sbafo al bar e manco sa che roba sia. Funziona. Sempre. Poche parole, due cifre, un’intervista al sindaco e via, si parte.

Il nucleare, prima di tutto. Un reattore trasforma l’energia nucleare in elettrica, termica, propulsiva, bellica, con estese aperture alla medicina, alla ricerca e ai bisogni dell’umanità.

L’energia è prodotta con combustibili (uranio, torio, plutonio, idrogeno…) attivati con reazioni nucleari, è controllata fino all’arresto ed è regolata da sistemi di refrigerazione, rallentamento e assorbimento. Fughe radioattive, incidenti, esplosioni, inquinamento sono i rischi naturali che possono condizionarne l’uso e speciali schermi di protezione biologica degli operatori lo rendono assolutamente sicuro.

La gente non lo conosce. Ha paura. Allora, perché usarlo? Perché le centrali con la tecnologia attuale sono sicurissime. E il nucleare green? Piano, un passo alla volta.

Le alternative green sono in prima linea nel mondo senza CO₂, quello di domani, ma con costi alle stelle, paesaggi deturpati, eolico e solare messi alla gogna. E spuntano i big, la Francia per prima. Da 20 anni ha avviato una nuova serie di reattori nucleari, vuole investire €30 miliardi in 5 anni per reindustrializzare, riconquistare la sua autonomia energetica, sviluppare tecnologie d’avanguardia e “decarbonizzare” l’economia.

Chiaro e tondo, Macron l’ha detto giorni fa. Nel Piano France 2030 per le industrie del futuro, ha parlato di un investimento di €1 miliardo per far partire mini centrali, piccole unità nucleari chiamate SMR (Small Modular Reactors) facilmente standardizzabili. Previste per il 2035, compenseranno i problemi delle rinnovabili e sostituiranno le centrali termoelettriche inquinanti. Questo annuncio va letto nell'attuale contesto geopolitico, con l'impennata dei prezzi del gas e la necessità di controllare la sicurezza e le forniture, dice l’esperto. Consente inoltre ai governanti di inviare un messaggio ai tifosi del nucleare pronti a sostituire gli impianti a fine vita. È anche una tecnologia che frena la Cina, gli artigli puntati sul nucleare e un potente reattore al torio in cantiere.

Questi reattori modulari generano ognuno una potenza inferiore a 300 MW (megawatt, milioni W), molto meno della maggior parte dei reattori in servizio che producono potenze di 950 - 1300 MW. Alcuni arrivano a 1.600 MW, dice un progettista di centrali nucleari del Politecnico di Milano. Gli elementi di questi reattori più piccoli sono tipicamente costruiti in una catena di montaggio in fabbrica, quindi trasportati per essere assemblati in loco dove possono, secondo la modularità, essere facilmente adattati alle esigenze. Schema Ikea… Entro il 2025 si dovrebbe rimpiazzare quasi un quarto della capacità nucleare nel mondo, con reattori troppo vecchi e i piccoli reattori non subentrano alla vecchia flotta di quelli in servizio o alle centrali a carbone ritirate con la transizione energetica, ma possono essere utilizzati per la desalinizzazione dell'acqua, questione vitale per Medio Oriente e India, per la produzione di idrogeno o per la generazione di calore nelle regioni più fredde. Sono anche adatti per rimuovere l'energia residua che continua a essere prodotta dal nocciolo del reattore dopo il suo arresto, come a Fukushima (2011) e all'impianto di Three Mile Island (Usa) nel ‘79. Ci sono almeno 70 progetti di reattori modulari in studio oggi sul pianeta e realizzare un modello può costare €1 miliardo.

Ci siamo. Il 2025 è domani e se si parla di nucleare green, si ragiona in termini di miliardi di euro, non di milioni e di molti anni, non di qualche anno.

Perché tirare in ballo la Francia? Perché la Francia è leader, con il primato europeo di installazioni, 58 reattori, dietro agli Usa con 104, prima di Giappone 54 e Russia 32. GB ne ha 19, Germania 17, Svezia 10. Slovenia ha 1 solo impianto a Krsko (Gorizia) con 20% di energia prodotta e 68% dall’idroelettrico. L’Austria non ha impianti, trae energia dalle rinnovabili (50%) e da fonti nucleari esterne (17%); in Europa si contano 140 centrali in 16 Paesi, nel mondo 442 centrali in 29 Paesi. L’esempio di un leader giova, soprattutto se in Italia installare il nucleare è reato.

L’Italia decise di abbandonare il nucleare un anno dopo il disastro di Three Miles Island e di Chernobyl (aprile ‘86). A novembre ‘87 si andò a votare per i referendum abrogativi e si bloccò il progetto di Montalto (VT) e nel Paese c’erano 4 piccole centrali: Latina dal ‘64, Saluggia (VC) nel ‘65, Sessa Aurunca (CE) disattivata nel ‘78 e Caorso (PC) accesa nel ‘65 e spenta nel 1981.

Fu tolta al CIPE (Comitato Italiano di Programmazione Economica) la pianificazione delle centrali, furono soppressi i fondi statali per i Comuni coinvolti nel programma e fu negata all’Enel, allora Ente statale, la costruzione degli impianti. La politica dei rifornimenti energetici esteri cambiò e si persero il know-how e gli specialisti nel settore. Ero tra quelli, a Vercelli. Morta Saluggia montai in treno e emigrai in Francia.

E la Francia non viaggia certo da sola. Il nucleare occupa una pesantissima quota nel bilancio energetico: 70 % dell’elettricità nazionale. Se venisse esclusa dalla finanza green, Parigi non potrebbe accedere ai prestiti, con colossale danno economico; Macron guida allora alcuni Paesi che premono su Bruxelles per inserire il nucleare tra le fonti green: Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Croazia, Ungheria, Bulgaria, Romania, Slovenia e Finlandia. Per vincere la battaglia per il clima, abbiamo bisogno dell'energia nucleare, hanno scritto uniti.

E la Germania ha sparato subito la contromossa, spalleggiata da Austria, Spagna, Danimarca, Lussemburgo con una lettera alla Commissione in cui vogliono l’esclusione del nucleare dalle fonti green, per impedire l’accesso ad aiuti e misure di sostegno.

E i Ministri si scannano e Bruxelles scalda i motori, sbrodola rapporti in cui sbandiera che ci sarà un vero mercato del nuovo tipo di reattore dal 2030, ma resta al palo. Nei prossimi mesi la CE dovrebbe decidere se l'energia nucleare e il gas naturale saranno etichettati come investimenti green, e tutti si scornano sul nodo cruciale: l’inclusione o meno del gas naturale e del nucleare tra le fonti energetiche classificabili tra gli investimenti green.

Il gas naturale è un combustibile fossile e genera emissioni di gas serra (il metano, ad esempio), ma è anche meno inquinante del carbone e del petrolio e per questo è adatto a sostituirli.

Nel breve-medio periodo, il gas svolge un ruolo complementare alle fonti rinnovabili, compensandone l’intermittenza di funzionamento, dato che le centrali a gas non dipendono dal meteo per produrre energia come gli impianti eolici e solari.

Come il gas naturale, anche il nucleare non emette CO₂, il che lo renderebbe una fonte in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione dei mix energetici; ma è fonte di scontri, per i timori sulla sua sicurezza e per il problema  delle scorie radioattive. Che c’entrano le scorie con la produzione? Lo stoccaggio definitivo delle scorie non è ancora stato chiarito, né a livello Europeo né in Italia! Gioco politico delle parti per complicare e ritardare. Non ci sono prove scientifiche che l'energia nucleare sia meno rispettosa del clima di una qualsiasi delle fonti energetiche incluse nelle norme, dichiarano gli anti green.  E alla fine i Paesi UE restano divisi su un nucleare che produce 25% dell'elettricità nei 13 Stati che l’usano.

E parliamo delle scorie.

Che fine hanno fatto le 4 centrali nucleari italiane chiuse dopo il referendum ‘87? Dove sono i loro rifiuti radioattivi? Sono lì immobili, in mano alla Sogin (Società Gestione Impianti Nucleari), azienda di Stato (100% del Tesoro e supervisione del Ministero dello Sviluppo) nata nel ‘99 per smantellare le centrali di Caorso, Saluggia, Latina e Garigliano e impianti ex-Enea e con un fatto esilarante: ogni bimestre tutti i suoi costi entrano in bolletta elettrica degli utenti dello stivale.

E la Sogin, che fa? Risulta che a seguire le vicende Sogin al Ministero sia seduto da 10 anni lo stesso Direttore, e che nella Divisione V della Direzione uno dei 3 funzionari che se ne occupa sia un dipendente distaccato della stessa società. Ci risiamo: collusione, conflitti d’interesse e favori. L’Autorità per l’energia ha puntualmente rimborsato, alla faccia delle penalità in caso di obiettivi mancati. Anche il Ministero dello Sviluppo economico, preposto alla vigilanza, finora non ha mosso un dito. Intanto a Trisaia (Basilicata) la magistratura ha sequestrato alcuni impianti di trattamento acque.

Da almeno 3 anni venivano riversati in mare solventi utilizzati negli anni ‘60 e ‘70 per il combustibile della centrale nucleare di Latina, tanto per vedere l’effetto sulla fauna ittica e sulla gente.

E bidoni di 50 anni fa, dormono beati gonfi di nitrati di uranio-235, nitrati di torio e altri prodotti da fissione nucleare. Ci sono anche 64 barre di combustibile torio-uranio, sommate a 4 t di rifiuti liquidi acidi ad alta attività, pieni di uranio arricchito. I lavori in questo impianto dovevano essere conclusi nel 2023. Oggi Sogin ha spostato la scadenza al 2036. Che ne sarà nei prossimi 13 anni? Ma il sito più ad alto rischio è quello di Saluggia (VC).

Nell’impianto Eurex, in riva alla Dora Baltea e sulla falda dell’acquedotto del Monferrato, covano circa 230 t di rifiuti liquidi ad alta attività, in bidoni di 50 anni fa. Dopo l’alluvione del 2000 Carlo Rubbia, Commissario Enea, dichiarò che si era sfiorata una catastrofe planetaria. Sacre parole di un Nobel, finite nei bidoni.

E il destino dei rifiuti? Mentre ogni giorno ai rifiuti radioattivi di centrali e impianti si aggiungono quelli prodotti dai centri di ricerca e dai reparti di medicina nucleare degli ospedali, spunta il DNU (Deposito Nazionale Unico) per le scorie radioattive. Dov’è? Non c’è. Manca proprio, ma si sa che la spesa prevista è di €2,5 miliardi. Che ci vuole per farlo? Il sì di Regione, Comune, popolazione locale e un accordo sull’indennizzo, mente la politica ignora che un deposito è molto più sicuro rispetto ai rischi a cui oggi è esposta l’intera popolazione. Ignora, nel senso che fa finta di niente.

A fine dicembre 2020 c’era stato l’appello di diversi enti ambientali con lettere a Enti e Ministri: Per trasferire la quasi totalità del passato nucleare italiano stoccato in Piemonte [… ] si attende da anni una sistemazione definitiva; è assurdo continuare a mantenere una simile quantità di scorie in aree del tutto inadeguate vicino a fiumi, falde, zone abitate. Occorre trasferirle al più presto in un sito più adatto, trovando la soluzione con il rischio più basso possibile.

Ricorda Seveso del ’76...

Magicamente Sogin, a gennaio 2021, pubblica la proposta della CNAPI (Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee), che individua 67 aree in Italia. Le province di Torino e Alessandria sono le 2 candidate piemontesi con 10 siti; il territorio che tra Trino e Saluggia custodisce gelosamente da anni 80% delle scorie italiane, è escluso dalla mappa. Per Saluggia, Trino e gli altri Comuni sedi da 56 anni di depositi temporanei, la priorità è mettere Sogin alle strette: arrestare la serie di costose strutture destinate alla demolizione e in assurdi siti in riva ai fiumi e preparare il piano di trasloco del materiale radioattivo. Liberare le aree dal nucleare. Ammesso che sappiano farlo.

L’immagine di qualche giorno fa su Facebook incanta: una fotografia della Terra accanto a una centrale di produzione di elettricità e lo slogan: Sì al nucleare pulito, sicuro e di ultima generazione.

Nei giorni in cui in Europa c’è battaglia sul nucleare e la Francia preme sulla costruzione di nuovi impianti, Daniele Pane, sindaco di Trino, si schiera a favore del nucleare green citando una frase di Ursula Von Der Leyen: Abbiamo bisogno di fonti stabili, perché sono rinnovabili, prive di carbonio, economiche e prodotte in patria. Vox populi che mancava.

Ieri è giunta quella di Matteo Salvini, Solacium migrantium: Mettere una centrale nucleare in Lombardia? Che problema c’è? Qui siamo a basso rischio sismico. Chi mai andrebbe a costruire un reattore in Umbria? Parole seguite da quelle della Vicepresidente e assessora al welfare, la Salus infirmorum Letizia Moratti: Un nucleare verde, sicuro, credo sarebbe una buona cosa, non solo per la Lombardia ma per l'ItaliaIl nucleare ha fatto grandissimi passi avanti e potrebbe essere anche un modo per non pagare bollette che continuano a crescere. Al duetto si associa lo Speculum justitiae Attilio Fontana: Non è più il nucleare di Chernobyl, bisogna avere il coraggio di spogliarci dalle ideologie e guardare alla realtà e al mondo che cambia e che è andato avanti con le tecnologie.  Alla Camera la Turris Davidica Giorgetti insiste con il nucleare sicuro; Europa Verde lo attacca: Anacronistico, anche la Germania se ne libera.

E via al balletto politico sul nucleare green. Da lontano, ricorda la TAV.

Rafael M.Grossi, Direttore dell'AIEA (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, Ente proposto da Eisenhover nel 1957) ha detto: L'Europa ha bisogno dell'energia nucleare, vediamo che il vento sta cambiando. Le persone riconoscono che in effetti, sono la scienza e le buone scelte, non l'ideologia, che dovrebbero prevalere quando si sceglie di quali fonti di energia avremo bisogno. Dobbiamo assicurarci che ogni elemento sia presente e che sia possibile avere un modus vivendi. E per questo, ci sono gli ispettori. Spero che l'Iran dia presto il via libera alle sue ispezioni.  

Ops… Per chiudere, anche l’Iran ci hanno messo? È ora di fare le valigie… Raisi all’orizzonte.

(consultazione:   enrico martial - startmag; maria carmela fiumanò - mc.fiumano@agenziadire.com; otto lanzavecchia; https://www.fanpage.it/milano/nucleare-in-lombardia-sarebbe-un-luogo-tecnicamente-ideale-per-una-centrale; simona buscaglia; markus wacket, vera eckert, philippa fletcher reuters; jason hovet;  kirsten donovan - reuters/stephane mahe; m.gabanelli; marco dell'aguzzo- startmag; ludovic marin, afp sébastian seibt; nicolas stiel challenges - edf areva fessenheim)

 

Inserito il:05/11/2021 22:32:00
Ultimo aggiornamento:05/11/2021 22:40:48
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