Aggiornato al 26/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

James Sidney Edouard, Barone di Ensor (Ostenda1860 - 1949) Autoritratto con maschere

 

L’incontro tra l’ Io e l’Altro: l’incontro tra Filosofia e Psicologia

di Anna Maria Pacilli

 

Il concetto di “Altro”, opposto a quello di “Io” come identità, comincia con la filosofia antica e medievale.

Teniamo presente Socrate con “Conosci te stesso e realizzati in rapporto agli altri”; Platone, per il quale la vita politica era tesa alla giustizia e al bene comune; Aristotele, per il quale dell’uomo era propria la naturale tendenza ad associarsi e ad entrare in relazione con gli altri.

Questo concetto appare efficacemente opposto a quello di Cartesio di un “cogito” unicamente soggettivo.

La riflessione filosofica sull’altro raggiungerà l’apice con l’esistenzialismo e Heidegger.

Il concetto di “persona” non era presente prima del cristianesimo.

La persona era il modo con cui i greci definivano la “maschera” del teatro greco (e, dunque, quanto mai attuale ai giorni nostri, nel teatro della nostra vita).

Platone e Aristotele mettono l’accento sul collettivo, con il cristianesimo l’attenzione si sposta sul singolo che nella definizione cristiana sta per “sostanza individuale di natura razionale”, concetto messo in discussione da quello di morte di Dio in Nietzsche o dalla tripartizione della mente operata da Freud in Psicoanalisi.

Ma il singolo, nel cristianesimo, non può stare da solo e trova la sua realizzazione in relazione agli altri.

E questo appare vicino alla nostra esistenza intesa socraticamente come compito da svolgere, e tesa a capire quale è il nostro posto nella vita e nel relazionarci con l’altro, insomma il celebre “conosci te stesso”.

Nella filosofia moderna troviamo un’elaborazione del concetto di “altro” nell’Illuminismo, secondo il quale l’uomo diventa capace di modificare la realtà grazie alla sua razionalità e le relazioni umane andranno formalizzate in contratti e forme politiche, tese a garantire la pacifica convivenza tra l’uno e l’altro.

Nella corrente contemporanea dell’esistenzialismo e del personalismo si sostiene, poi, che l’esperienza formativa di ciascuno di noi è costantemente attraversata dalla presenza dell’altro.

Nella seconda metà del ‘900 Derrida insiste sull’accettazione incondizionata dell’altro senza limiti e senza vincoli, Levinas insiste sull’importanza dell’altro, non come rappresentazione di noi stessi, ma nella sua diversità.

Il filosofo tedesco Heidegger con il suo concetto di esserci (il Dasein come essere gettato nel mondo, essere nel senso di relazionarsi ad Altro), ha voluto porre l’attenzione sulla nostra vita e sulla caratteristica di essere gettati nel mondo, essere in rapporto agli altri.

Le riflessioni che partono da Heidegger troveranno completa trasposizione nell’esistenzialismo con Gadamer, Levinas, Sartre e Focault.

In questo senso l’uomo è soprattutto istanza etica, prima ancora che teoretica o essere pensante (Cogito ergo sum).

Tale riflessione verrà ampliata anche da M. Focault con la sua “Storia della follia” in cui in ambito psicoanalitico, l’inconscio è “altro” rispetto alla coscienza.

Il “diverso” non è solo lo straniero, ma anche l’alienato, il folle, il non “allineato”, con l’isolamento che ne consegue.

Entrare in relazione con l’altro vuol dire entrare in contatto con altre identità, cioè con qualcuno che è “diverso” da noi.

Ma l’altro non è solo “altro”, poiché assume un ruolo fondamentale anche per la comprensione di noi stessi.

Solo attraverso la scoperta di mondi nuovi usciamo dalla nostra solitudine e possiamo instaurare delle relazioni.

Quanto poi queste relazioni possano essere all’insegna dell’autenticità o dell’opportunismo, è un passo successivo. Una opportunità.

Ognuno di noi, nella relazione con l’altro, porta con sé un proprio bagaglio che va oltre la propria cultura, lo stile di vita, la sua stessa essenza.

Il bagaglio che ci portiamo dietro sta anche nelle nostre radici, nella nostra famiglia, nel nostro “mondo”, che va a confrontarsi con il mondo altrui.

Ognuno di noi nella relazione con l’altro porta con sé vittorie e sconfitte, gioie e dolori, una soggettività che non può prescindere dalla oggettività di altre relazioni passate e presenti.

Ognuno di noi nella relazione con l’altro porta la solitudine della propria interiorità, che, a volte, si trova a cercare disperatamente e spesso inutilmente, nell’altra solitudine, un po’ di compagnia.

Inserito il:13/02/2017 12:02:28
Ultimo aggiornamento:13/02/2017 12:15:52
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