Aggiornato al 04/05/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Leon Zernitsky (Moscow, 1949 - Thornhill, Ontario, Canada) - Intelligence

 

L’intelligenza. Parliamone.

di Vincenzo Rampolla

 

Viiia, con la sua definizione … Partiamo alla grande.

Macché definizione… roba del passato.

Mi vien da ridere… del passato. Mio padre nacque tre secoli fa, fine ‘800. Mah… io dico che ci sta.

Sei fissato… chi vuoi che la legga? Lo sanno tutti cos’è: la facoltà del pensare, del ragionare, dell’intendere. Che definisci a fare? È la mente che forma i concetti, mica sei tu.

È più forte di me: svuotare la parola, scavare, metterla a nudo. Intelligenza viene da intelligere, inter legere (tra; raccogliere, scegliere) oppure intus legere (dentro; in profondità). Che dici?

Mica male. E dico che al mondo, tre sono i tipi che ce l’hanno.

Quelli che nascono intelligenti. È un dono e di solito se ne accorgono troppo presto o troppo tardi. Quelli che proprio non nascono intelligenti e mi piace dividerli in due sottospecie: i coglioni e i cretini. I primi non capiscono il rapporto causa-effetto, i secondi non lo accettano.

C’è poi la terza categoria, la mia preferita: quelli che fingono di essere intelligenti e recitano,

bugiardi, ipocriti e commedianti, e moltissimi ci cascano. Vanno braccati e svergognati, fino a levargli la maschera e graffiarli. Dolcemente.

Mi chiedo quanti tipi di intelligenza ci siano.

Ci risiamo? Non lo so… che t’importa?

Io, in casa non ho quadrupedi, di nessuna specie, ma l’intelligenza animale la conosco. Eccome.      

A 4 anni mi sono trovato con la testa nelle fauci del cane lupo del vicino: dal profumo che mia sorella mi aveva spruzzato, aveva riconosciuto chi l’aveva ferito la sera prima. Brutto scherzo.

Il tempo avrebbe confermato che lei era del secondo tipo.

C’è anche l’intelligenza nelle piante, e non mi dilungo per restare in tema, e c’è l’intelligenza scientifica, artistica, creativa, musicale e tante altre.

E l’intelligenza collettiva? Dicono i biologi che la biomassa delle formiche sia paragonabile a quella degli umani. Mi piace. Alcuni ricercatori di vita extraterrestre vanno oltre e segnalano: se un giorno incontreremo altri esseri intelligenti nell’Universo, ovvio del primo tipo, potrebbe trattarsi di qualcosa tipo insetti-robot, come le formiche. Mica umanoidi.

Ehi, abbiamo dimenticato la misura dell’intelligenza e del QI?

Perché no? Ideale per pescare quelli del secondo tipo.

E l'intelligenza artificiale (AI)?

Che cos’è… si fabbrica? Con che materiale?

Studia il comportamento intelligente in un sistema virtuale.

Spiega, fammi capire… parli turco adesso?

L’AI analizza e verifica le condizioni per realizzare macchine e programmi informatici che risolvano i problemi in modo autonomo, simula il pensiero razionale e intelligente e propone procedure di apprendimento e di logica proprie dell’uomo. Chiarissimo. A un livello superiore, l’obiettivo è realizzare un sistema capace di analizzare le situazioni, prendere decisioni e capitalizzare dall’esperienza senza l’intervento umano. Lo chiamano deep learning.

Chiaro, ma complesso. Inquietante decidere senza l’uomo. E se sbaglia?

Le fondamenta dell’AI le ha poste A.Turing, un matematico che nel 1936 voleva costruire una macchina capace di fare ogni tipo di calcolo. È il modello alla base dei computer. Nel 1950 ha pubblicato l'articolo Computing Machinery and Intelligence in cui definisce un test specifico per distinguere una macchina intelligente dall’uomo, in breve una macchina in grado di riprodurre le funzioni conoscitive umane. È tutto da leggere, ma mi basta il test: Turing era nato con il dono!

L’espressione AI per la prima volta la usa J.McCarty nel 1956 in un convegno, per classificare tutti gli studi che mirano a far fare alle macchine azioni che richiederebbero l’intelligenza, se fossero fatte dagli uomini. I primi tentativi di automatizzare con una macchina ragionamento e decisione sono realizzati con algoritmi informatici, partendo dalla logica e dai simboli. Gli algoritmi sono procedure meccaniche di problem solving, applicabili solo in particolari situazioni e non si può ancora parlare di intelligenza. Nel tempo diventano sempre più complessi, con computer sempre più potenti. La semplice automazione diviene AI debole o forte. L’AI debole, prevede la costruzione di una macchina capace di svolgere operazioni complesse, simulando intelligenza e comportamento umano e integra sistemi esperti, assistenti vocali, sistemi automatici di guida… Con l’AI forte, il livello superiore, l’uomo vuole dotarsi di un computer capace di svolgere ogni operazione con azioni intuitive e generalizzabili, senza ricorrere alla logica, dice il Nobel Parisi, fino a un livello d’intelligenza pari a quello umano, vincolato al futuro tecnologico degli anni 2030-50. Qui il computer subirà una mutazione in intelligenza autonoma e indipendente dall’uomo. È il quarto tipo: intelligenze che ideano un’intelligenza virtuale, l’AI. Non esiste, e se la fabbricano.

Il campo d’azione dell’AI è enorme, multidisciplinare: cibernetica, robotica, elettronica, psicologia, neuroscienze, analisi visiva, linguaggio naturale… E chi si dà da fare? Scienziati, matematici, fisici, ingegneri, filosofi, giornalisti, fanfaroni e i geni laureati per corrispondenza e a Tirana.

E noi… che sappiamo dell'AI, che cosa ignoriamo… che ci manca?

Durante la rapida evoluzione negli anni ’70 e ’80, vengono sviluppati i primi agenti razionali, i sistemi esperti e le reti neurali, oggetto di un’evoluzione sempre più flessibile e potente.

Agente razionale è un programma (algoritmo) che in condizioni di incertezza decisionale, prende le decisioni più razionali sulla base delle conoscenze e dei dati a disposizione. Interagisce con l'ambiente che lo circonda con sensori e attuatori. Sulla base di un processo inferenziale (che stabilisce se una proposizione è vera) può accumulare esperienza e arricchire le sue conoscenze. L'agente razionale è detto logico quando è in grado di apprendere nuove formule tramite il ragionamento logico. Non ci capisco nulla. Quando finisce ‘sta storia? Pazienza, ci siamo quasi.  

La cosa si fa sempre più seria. Un sistema esperto, è un software in grado di organizzare la conoscenza per una particolare area del sapere. Sulla base di una serie di premesse, esegue delle procedure di deduzione per trarre delle conclusioni logiche e risolvere problemi complessi che richiedono un alto livello di specializzazione. È composto da una base di conoscenza e da un motore inferenziale (algoritmo che simula le modalità con cui la mente umana trae conclusioni logiche attraverso il ragionamento). Le competenze vengono dagli esperti in ingegneria della conoscenza, disciplina che riguarda costruzione, manutenzione e evoluzione di sistemi basati sull’integrazione della conoscenza nei sistemi informatici; è legata all'ingegneria del software, alle basi di dati, a classi e gruppi di elementi e alla logica matematica. Di male in peggio.  

Per finire, le reti neurali artificiali sono modelli matematici ispirati alla struttura delle reti neurali biologiche. Una rete è composta da nodi, ognuno dei quali ha specifiche proprietà e dati e svolge particolari funzioni. I nodi della rete sono interconnessi per controllare le funzioni superiori del sistema; da secoli le reti vengono descritte nella Cabalà, per le connessioni con l’Albero della Vita e della Conoscenza: coglierne i frutti permetterebbe di accedere al segreto della creazione.

Per capire a fondo l’importanza di studiare i meccanismi dell’intelligenza, in tutte le sue manifestazioni, un confronto e qualche dato possono illuminare l’abissale differenza tra le funzioni svolte dalla rete di neuroni cerebrali che attiva e gestisce l’intelligenza e i tentativi degli scienziati di riprodurre ciò che la materia grigia fa naturalmente, fin dal primo istante di vita dell’uomo. Il cervello umano è costituito da circa 200 Giga neuroni collegati tra loro da trilioni di connessioni (sinapsi) e, se non è chiaro fin d’ora che il confronto tra una realtà analogica, il cervello, e un sistema digitale, il computer, è un’indagine solo in chiave logica, ma senza valore scientifico, a che servirebbe continuare a parlare dell’intelligenza?

Agli inizi del 2014, nell’Istituto di Ricerca giapponese Riken, il Supercomputer K tra i più potenti del pianeta, combinando la potenza di 83.000 processori, ha eseguito un’accuratissima simulazione su solo 1% dell’attività del cervello umano, riproducendola per un secondo. Per elaborare i dati di quel secondo, ci sono voluti 40 min, combinando algoritmi e macinando 9.3x10¹⁶ operazioni/sec. Nella sfida eseguita con la materia grigia, 20 Giga neuroni, 10% dei 200 G di corteccia cerebrale, 150 -180.000 km di fibre nervose, con 7.000 connessioni in media e 1.5 x10 ¹⁴ sinapsi virtuali, hanno fatto i calcoli a un’analoga velocità di 1,5 x10¹⁶ operazioni/sec. Per quel che vale la sfida digitale – analogico, con il costo iperbolico per simulare 1 sec di 1% di attività cerebrale, pari all’attività di 250.000 Pc a pieno ritmo e cifre fornite dal sito Gizmodo dell’Istituto, il cervello ha battuto il computer 10 a 1, e ogni futura ricerca in tal senso è stata bocciata. Non ne valeva la pena, ha dichiarato l’Istituto.

È ora di finire di parlare dell’intelligenza. Come stanno veramente le cose? Quali i risvolti concreti, quotidiani, della contrapposizione fra AI e Intelligenza? Quali i presupposti? E le conseguenze su automazione, computer, robot, algoritmi? Come reagirà la gente, l’economia, il mondo del lavoro?

Uno dei più grandi matematici e fisici viventi, Sir Roger Penrose, novantenne, Premio Nobel, fra i massimi matematici e fisici teorici al mondo e il filosofo Emanuele Severino, uno fra i maggiori filosofi teoretici italiani (deceduto nel 2020) hanno discusso su questi interrogativi a maggio 2018, a Milano, presso la Fondazione Cariplo, a confronto in un dibattito sul tema: “Robot e AI, fisica e filosofia. La mente umana è molto più che potenza di calcolo, elaborazione e numeri”. Accesso libero, 500 persone, mi confondo nella massa per vedere un Nobel da vicino. Sfiorarlo. Maestro e poi collega di Stephen Hawking (deceduto a marzo 2018) col quale ha elaborato alcuni dei più caldi teoremi della Relatività Generale degli ultimi decenni, Penrose ha esordito dicendo: Nessun algoritmo o sistema di AI potrà mai spiegare appieno il funzionamento della mente umana, né replicarlo. A meno di non supporre che la mente umana sia soltanto calcolo e elaborazione… Esiste dunque una differenza qualitativa incolmabile tra ciò che chiamiamo AI e l’intelligenza umana, semplicemente l’intelligenza? L’intelligenza richiede comprensione, la comprensione richiede consapevolezza. E la consapevolezza, è una qualità prettamente umanaPer questa ragione l’uomo è in grado di compiere azioni coscienti che vanno oltre ogni tipo di attività di elaborazione. Benché Penrose non arrivi a negare che  sia possibile automatizzare qualche funzione particolare o che progetti di AI debole possano anche acquisire grandi capacità strumentali, tuttavia, da oltre 25 anni, è celebre per il successo di due suoi best-seller, La mente nuova dell’imperatore e La strada che porta alla realtà. Traccia un solco profondo, anche critico, nel dibattito e nello studio dei programmi e della ricerca sull’AI: L’insieme delle capacità cognitive chiamate “intelligenza” non può essere replicato in toto da un programma, innestato in un computer con l’ingegneria della conoscenza e inserito in un robot.

Soprattutto nella variante AI forte interviene il filosofo John Searle: Somma di aspettative e posizioni di ricerca per le quali, il computer, nello studio della mente, non sarebbe soltanto uno strumento; piuttosto, opportunamente programmato sarebbe una mente vera e propria. Prende la parola Nick Bostrom, direttore del Future of Humanity Institute  di Oxford: entro il 2075 una SuperAI, dotata di autocoscienza, potrebbe eguagliare l’intelligenza umana, superandola nei 30 anni successivi. Secondo gli apocalittici, il confronto fra AI e intelligenza è già iniziato e, se non corriamo subito ai ripari, l’uomo pare destinato all’auto- distruzione. A questi interrogativi Hawking aveva risposto da tempo: Quasi l’AI contenesse in sé un pericolo, non come “intelligenza”, ma come potenza strumentale espansiva. In base al principio di precauzione, dovremmo fermarci o cercare di concentrare il massimo potenziale di riflessione possibile per delineare lo scenario entro il quale circoscrivere il troppo entusiasmo e gli incauti allarmismi.

Gli fa eco oggi Parisi: Riprodurre la parte inconscia dell’uomo è impossibile e assurdo. Avete mai visto un cervello “disincarnato”e funzionante, avulso dal corpo di cui è parte integrante?

(consultazione:   giovanna luisi, fondazione cariplo; norbert wiener, la cibernetica; okpedia, ai; david drachman – top 500 supercomputer -gizmodo.com )

 

Inserito il:03/04/2022 19:30:44
Ultimo aggiornamento:03/04/2022 20:41:29
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