Aggiornato al 25/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Hall Groat II (1967 - Cazenovia, New York) – The White House

 

Il New Deal di Biden rischia inflazione

di Bruno Lamborghini

 

L’Amministrazione Biden ha messo in atto una straordinaria manovra di sostegno pubblico all’economia USA colpita dalla pandemia, dapprima con i $1.900 miliardi di sostegni alle famiglie ed alle imprese e poi con la manovra di $4.000 miliardi di investimenti pubblici infrastrutturali, attualmente (metà maggio) in fase di approvazione al Senato, se vi è accordo con i repubblicani.

Si tratta di iniettare nell’economia un quarto in più del PIL USA (che è pari a 21,4 trilioni $), una cifra enorme in grado non solo di far crescere l’economia americana di oltre l’8% nel 2021 e 2022, ma anche di innescare spinte inflazionistiche. Infatti i prezzi al consumo sono cresciuti del 4,2% ad aprile e del 5% a maggio.

Questa crescita viene attribuita, da un lato al maggiore reddito disponibile grazie ai forti sostegni per affrontare la disoccupazione ed il calo di domanda durante il lockdown, ma d’altro lato anche agli straordinari aumenti dei prezzi delle materie prime dall’acciaio e rame (spesso un raddoppio per alcune materie rispetto ai prezzi del 2020 indeboliti nella pandemia) ai componenti elettronici (colpiti anche da difficoltà di approvvigionamenti). Per di più, i forti sostegni al reddito (per alcune categorie il sostegno mensile ha raggiunto i 1.600 $, valori non lontani dai salari di base) hanno prodotto alcuni effetti disincentivanti nei confronti del ritorno al lavoro con riduzione dell’offerta di lavoro, così che tante imprese si trovano in difficoltà per carenze di manodopera.  

Il programma di sostegni agli investimenti infrastrutturali per 4.000 miliardi $ può considerarsi una nuova forma di quanto avvenuto negli anni ‘30 con il New Deal che ha consentito all’America Rooseveltiana di uscire dalla grande recessione.  L’attuale programma di investimenti è peraltro nettamente superiore (fatti i necessari aggiustamenti) a quanto avvenuto allora. Biden potrebbe quindi considerarsi un super Roosevelt.

Di fatto, gli USA hanno da sempre un grande bisogno di investimenti in nuove e più efficienti infrastrutture pubbliche e private. Basti andare una volta su un treno americano e ci si rende conto del divario con le ferrovie europee. Ma anche le reti energetiche sono spesso arretrate.

Il programma di Biden non è solo un rilancio post covid, ma un vero piano di riforma strutturale per migliorare le condizioni di vita soprattutto delle fasce più deboli e cercare di affrontare le disuguaglianze sociali che sono fortemente aumentate negli ultimi anni.

La politica di Biden ha in particolare l’obiettivo di un rilancio della classe media che è andata riducendosi con la polarizzazione dei redditi (aumento dei ricchi e dei poveri senza più fasce intermedie, mentre è ben noto che solo la presenza di una vasta classe reddituale media consente una crescita senza squilibri. Tutti questi programmi si finanziano principalmente con emissioni di titoli e crescita del debito pubblico che anche in USA ha superato il 100% del PIL. Peraltro, è emerso che l’Amministrazione sta pensando anche a prelievi fiscali, di cui è nota la proposta del 15% sui profitti delle Techcompanies, ma anche su redditi e profitti in genere.

Quindi, da un lato si sta cercando di non ingigantire ulteriormente il debito pubblico e introdurre interventi per favorire la crescita economica, riducendo così il rapporto debito/PIL, dall’altro di frenare la crescita dell’inflazione che, oltre il fisiologico 2%, può avere effetti incontrollati sullo sviluppo. La Federal Reserve, se l’inflazione sfugge di mano, modificherebbe la sua attuale politica monetaria espansiva con minori acquisti di titoli e rialzo dei tassi d’interesse.

Debito e inflazione sono quindi al centro dell’impegno dell’Amministrazione USA e lo sono certamente anche in Europa, pur essendo noi in una fase meno espansionistica degli USA (il Recovery Plan non ha dimensione ed effetti paragonabili alla politica di Biden), ma la crescita dei prezzi delle materie prime riguarda anche l’industria europea.  

In conclusione, valgono le raccomandazioni di Draghi al G7 circa la necessità di proseguire con politiche espansive di sostegno per l’uscita dalla crisi pandemica finanziate con debito, ma di prevedere già politiche di medio termine di contenimento del debito e prospettive di sua riduzione grazie alla ripresa economica, con attenzione al controllo della spesa e dei possibili risvolti inflazionistici.

 

 

Inserito il:17/06/2021 12:05:31
Ultimo aggiornamento:21/12/2021 18:57:48
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