Aggiornato al 19/04/2024

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Voltaire

Greg Evans (Niwot, Colorado, USA) – Offshore Sunset

 

Offshore LNG Toscana: un contributo alla sicurezza energetica del Paese

di Ruggero Cerizza

 

Probabilmente la gran parte dei lettori di Nel Futuro non sono a conoscenza che il nostro sistema nazionale di approvvigionamento di gas può vantare un impianto rigassificatore off-shore, nel suo genere, unico al mondo.

La società che mi onoro di amministrare, specializzata in sistemi di radiocomunicazione, ha avuto l’opportunità di fornire il proprio contributo a questa opera, realizzando l’impianto di collegamento in ponte radio per le necessarie comunicazioni terra-mare.

Nella prima parte di questo articolo, dopo una premessa relativa al gas naturale liquefatto ed al suo sistema di trasporto, descrivo per sommi capi la realizzazione dell’impianto nella sua interezza, mentre nella seconda parte illustrerò il nostro apporto perché, come vedremo, rappresenta anch’esso un unicum sul territorio italiano.

Gas naturale liquefatto (GNL)

Il gas naturale liquefatto (GNL) si ottiene sottoponendo il gas naturale (GN), dopo opportuni trattamenti di depurazione e disidratazione, a successive fasi di raffreddamento e condensazione.

Il prodotto che ne deriva si presenta come un liquido inodore e trasparente costituito da una miscela composta prevalentemente da metano e quantità minori di etano, propano, butano e azoto.

La tecnologia della liquefazione, che permette di ridurre il volume specifico del gas di circa 600 volte rispetto alle condizioni standard, consente a costi competitivi lo stoccaggio ed il trasporto di notevoli quantità di energia in spazi considerevolmente ridotti.

Le navi metaniere

Il trasporto a grande distanza dal luogo di produzione avviene via mare per mezzo di navi metaniere, nelle quali il gas liquefatto viene conservato in appositi serbatoi di grandi dimensioni mantenuti a pressione quasi atmosferica (max. 0,25 bar) e a temperature criogeniche (circa -160 °C).

Gli impianti di rigassificazione

Il gas naturale liquefatto deve essere rigassificato prima di essere immesso nella rete nazionale del Paese consumatore.

La rigassificazione, processo che permette di riportare un fluido che normalmente in natura si presenta sotto forma di gas, dallo stato liquido a quello aeriforme, viene realizzata in appositi impianti di destinazione, attraverso l'innalzamento della temperatura e l'espansione del gas.

I più comuni impianti di questo tipo sono i rigassificatori GNL, utilizzati nel ciclo di trasporto del gas naturale, che possono essere off-shore o on-shore.

I rigassificatori ed i loro serbatoi di stoccaggio contribuiscono alla sicurezza del Sistema Energetico di una Nazione perché, grazie all’approvvigionamento flessibile ed alternativo al gasdotto, consentono di far fronte, in occasione di stagioni particolarmente fredde o eventi sfavorevoli, a richieste di punta di consumo di gas.

Gli impianti onshore sono realizzati normalmente presso strutture portuali, per poter usufruire del supporto tecnico e logistico. Per motivi di sicurezza, questi impianti sono spesso esclusi dal bacino portuale, e presentano pontili in mare aperto.

Al fine di ridurre i rischi per l’ambiente circostante, gli impianti di rigassificazione sono sempre più spesso costituiti da terminali galleggianti ancorati al fondo del mare (FSRU, Floating Storage Regasification Unit, come l'impianto Offshore LNG Toscana, 25 chilometri al largo di Livorno) oppure da vere e proprie isole artificiali (GBS, Gravity Based Structure, come il Terminale GNL Adriatico, 15 chilometri al largo di Porto Viro, Rovigo).

Gli aspetti negativi di un rigassificatore sono legati soprattutto ai rischi potenziali dell'impianto stesso, in quanto atto a lavorare grosse quantità di metano altamente infiammabile: per questa ragione sono sottoposti alle direttive Seveso, ossia trattati come impianti a rischio di incidente rilevante come per le raffinerie di petrolio. Sono stati condotti vari studi riguardo al rischio potenziale dei rigassificatori, la maggior parte di essi è ovviamente legato a modelli teorici in quanto un reale incidente di grosse proporzioni (come quello più volte paventato dagli oppositori) non si è mai verificato.

Le misure di sicurezza, le procedure e le tecnologie oggi impiegate nella realizzazione ed esercizio degli impianti consente una certa tranquillità sull'affidabilità dei terminali di rigassificazione. Tra questi strumenti di prevenzione e protezione, per gli impianti off-shore, acquista una rilevanza particolare il sistema di comunicazione terra-bordo.

Il Terminale FSRU LNG Toscana

Verso la fine del 2013 il Terminale galleggiante di rigassificazione FSRU LNG Toscana è stato posizionato 15 miglia al largo della costiera tirrenica di fronte al porto di Livorno. Il Terminale è costituito da una ex-nave metaniera, riconvertita presso un cantiere navale negli Emirati Arabi e trasportata via mare al punto di ancoraggio.

La conversione della nave metaniera in terminale ha reso necessario dotare il natante di complessi impianti di rigassificazione, oltre ai necessari adeguamenti strutturali per consentirne l’ancoraggio in un punto fisso situato in mezzo al mare.

In precedenza, nel punto prescelto, era stato predisposto l’ancoraggio al fondale marino (120 metri di profondità) e realizzato il gasdotto sottomarino per il trasporto a terra del GNL rigassificato e la sua immissione nella rete nazionale di distribuzione del gas.

Successivamente alle complesse fasi di ancoraggio, connessione alla pipe-line, collaudo ed autorizzazione, le navi metaniere hanno potuto cominciare a rifornire i serbatoi a bordo mettendo in produzione l’impianto.

 

Per poter resistere ai moti ondosi e ai venti che interessano la zona di ancoraggio, il terminale è stato fissato esclusivamente a prua attraverso uno snodo che consente la connessione alla pipe-line ed una rotazione a 360° in modo che il terminali possa seguire la direzione del vento e posizionarsi naturalmente nella direzione a minimo impatto.

 

Da un punto di vista ingegneristico, l’impianto – il primo rigassificatore galleggiante al mondo permanentemente ormeggiato offshore – rappresenta un caso di eccellenza per il settore del GNL, per la struttura, il design e per il lungo e complesso iter di autorizzazioni e certificazioni ottenute sul fronte della sicurezza e dell’ambiente.

 

Collegamento terra-bordo in ponte radio

Veniamo ora al nostro apporto a questa imponente realizzazione.

Come in precedenza accennato, il Terminale off-shore ha la necessità, per ragioni di sicurezza, di essere costantemente in comunicazione con la Centrale di Supervisione e Controllo situata sulla terra ferma affinché ne possa essere costantemente monitorato lo stato di funzionamento, possano essere immediatamente ricevute eventuali segnalazioni di avaria o malfunzionamento degli impianti, possano essere immediatamente inviati comandi di attuazione dei diversi meccanismi e presidi di salvaguardia.

A tal punto che le operazioni di travaso del GNL dalla nave metaniera ai serbatoi del Terminale devono, proceduralmente, essere interrotte in mancanza di collegamento con la Centrale.

Oltre a queste esigenze definite “mission critical”, poiché il Terminale è sempre presidiato dal personale di bordo, è necessario consentire le loro comunicazioni di servizio in tutte le aree ed i vani del Terminale sia localmente che con il personale della Centrale a terra.

Non da ultimo, poiché i turni a bordo dell’equipaggio possono durare anche più settimane, è necessario rendere loro disponibili sia le telefonate personali che l’accesso ad internet per i necessari momenti di svago e distrazione.

Dal punto di vista dell’ingegneria delle radiocomunicazioni, oltre alle tipiche problematiche legate alla propagazione del segnale radioelettrico sul pelo del mare che, senza entrare in particolari troppo tecnici, è resa complicata da fenomeni di rifrazione e affievolimento del segnale (fading), l’impianto in ponte radio tra la terra ferma ed il Terminale LNG Toscana è risultato un progetto molto ambizioso perché il galleggiante, per sua natura costruttiva, oltre ai tipici fenomeni di beccheggio e rollio dovuti al moto ondoso, è soggetto a rotazione intorno al perno di ancoraggio a causa del mutare dei venti e delle correnti.

Qualsiasi collegamento in ponte radio richiede che, nei due lati da collegare (a terra ed a bordo, in questo caso), siano installati opportuni apparati ricetrasmettitori e relative antenne, ed è necessario che quest’ultime siano perfettamente allineate tra di loro (azimut e zenit) al fine di assicurarne la fattibilità e la stabilità nel tempo; è di tutta evidenza che se uno dei punti oltre ad oscillare, rendendo così il collegamento altamente instabile, cambia la propria posizione relativa, il collegamento, di fatto, è destinato ad interrompersi.

L’attività del nostro team di ingegneri progettisti si è quindi focalizzata sulla ricerca di una strategia efficace per questa sfida.

Per quanto ai limiti della propagazione a pelo d’acqua, invece di collegare direttamente il Terminale con la Centrale di Supervisione e Controllo situata a Livorno (praticamente alla stessa altezza sul livello mare del galleggiante) l’impianto a terra è stato installato in una stazione ripetitrice di nostra proprietà situata sulle pendici della catena montuosa subappenninica dei Monti Pisani, a circa 900 metri sul livello del mare, superando così i limiti del collegamento radente. Il rilancio verso la Centrale è stato effettuato con un secondo ponte radio tra la suddetta stazione e la Centrale.

Sia gli apparati ricetrasmettitori che le antenne, e ovviamente i rispettivi sistemi di alimentazione elettrica, sono, come si dice in gergo, “con riserva calda”, sono cioè duplicati e sempre contemporaneamente attivi, cosicché in caso di guasto di un componente, il servizio viene garantito, senza soluzione di continuità, dall’altro. Questa ridondanza rende l’impianto conforme ai requisiti “mission critical”.

Fino a qui siamo ad un livello ingegneristico consolidato, direi quasi ordinario, mentre ovviare alla rotazione del Terminale sul suo punto di ancoraggio si è da subito presentato come un tema di alta complessità, mai affrontato in precedenza.

La nostra scelta è stata quella di adottare un sistema molto sofisticato di puntamento automatico (tecnologia israeliana) basato su un’unità di elaborazione che, grazie ai rilevamenti di una girobussola, di opportuni sensori accelerometrici ed ai dati forniti dal sistema GPS, è in grado di correggere istantaneamente il puntamento dell’antenna agendo su appositi servomotori elettrici. Quest’ultimi consentono di modificare, in tempi millesimali, l’orientamento dell’antenna facendola ruotare sia sull’angolo zenitale che su quello azimutale.

A complicare ulteriormente il progetto, poiché non è stato possibile individuare sul Terminale un punto di posizionamento del sistema di puntamento che avesse visibilità a 360° verso la terra ferma, si è reso necessario installare due sistemi di puntamento indipendenti uno a babordo ed uno a tribordo con un complesso sistema di scambio quando la rotazione del galleggiante richiede di passare dall’utilizzo di un sistema all’altro. Anche in questo caso, la ridondanza dei due sistemi garantisce una maggiore disponibilità complessiva del collegamento.

Il sistema risultante, per quanto complesso, funziona come un semplice collegamento punto-punto con capacità superiore ai 100 Mbit/s tra terra e bordo e supporta appieno le esigenze di comunicazione e supervisione del terminale offshore.

Spero di essere riuscito a descrivere, con parole e concetti il meno tecnici possibile, una realizzazione di alta ingegneria di cui possiamo essere orgogliosi come nazione, e che rappresenta, per il nostro team, il raggiungimento di un traguardo molto ambizioso di cui andiamo particolarmente fieri.

Ruggero Cerizza, presidente Pontiradio PR

 

Per leggere di altri Traguardi clicca qui

 

Inserito il:27/11/2020 17:34:22
Ultimo aggiornamento:20/12/2020 17:37:38
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