Aggiornato al 02/05/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

11 febbraio 2017

Quando il gioco si fa serio.

I giornali di tutto il mondo riportano con grande enfasi la telefonata di Donald Trump al Presidente cinese Xi Jinping nel corso della quale l’americano ammette e conferma che la Cina è una sola e che le sue battute in merito a Taiwan erano appunto solo battute. E così anche su altri temi Donald pare abbia ammorbidito e di molto i toni con i quali sino ad ora aveva parlato della Cina, dei suoi prodotti e della sua politica commerciale. La prima considerazione da fare è che quando chiunque si trova davanti a problemi veri e persone vere non può più dire fanfaronate. Merito di Donald averlo capito e forse questo testa coda che ha fatto potrà essergli molto utile nel prosieguo della sua Presidenza. La vicenda al di là del suo valore per i rapporti degli USA con la Cina e per il futuro del percorso del nuovo Presidente americano, ha anche un significato simbolico generale. Infatti, è l’esempio di cosa è il populismo, cioè quella forma nella quale il politico fa affermazioni assolutamente campate in aria e non realizzabili per motivi tecnici, politici od economici. Ma che sa possono fare molta presa sul popolo o quanto meno sulla parte dello stesso più disponibile a credere che qualcuno possa dire esattamente quello che è il sentire comune garantendone la fattibilità anche se tutti sanno o intuiscono essere impossibile. Naturalmente il politico che assume questo comportamento, data l’esistenza del suffragio universale in un regime democratico, può ottenere facilmente la sua elezione. In altri termini, è la strada più facile per vincere facendo ricorso alla spregiudicatezza politica e al disinteresse morale sulla correttezza del rapporto con le persone cui si chiede il supporto democratico. Quello che viene dopo non sempre penalizza il populista bugiardo, perché una buona parte del popolo, forse la più derelitta socialmente, ama sentire il proprio rappresentante dire quello che lui vuole anche se sa che non lo farà mai, perché rappresenta una consolazione, la prova che avrebbe tutte le ragioni a volere quello che chiede anche se non lo otterrà mai. Una specie di religione che si sa che è inventata ma che dà speranza non importa se ragionevole o meno. Come dire che è vero che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, ma oramai con internet si può navigare senza rischi anche se non si arriva mai.

12 febbraio 2017

Adesso pure gli ebrei.

Marine Le Pen in Francia nella sua accesa campagna elettorale per la Presidenza della Repubblica, e che dovrebbe darle la presenza certa al secondo turno forse per competere in ballottaggio con Emmanuel Macron a quanto si dice, usa tutti gli strumenti del populismo e del nazionalismo più antico e forse si può dire retrivo. Prima ha detto che vuole portare il suo paese fuori dalla Unione Europea, dall’euro per ritornare al franco, dalla Nato, vuole fare una rigidissima politica contro gli immigrati e curare in massimo grado la sicurezza dei francesi. Adesso dice che il paese non consentirà più la doppia cittadinanza e cioè chi ha il passaporto francese non potrà avere un secondo passaporto. A partire dai tanti ebrei che vivono in Francia e che quasi tutti hanno anche passaporto israeliano. Alcune fonti di informazioni riferiscono che il padre della Marine è un noto antisemita e da sempre un negazionista dell’olocausto e aggiungono che buon sangue non mente. Ma la Marine il padre lo ha cacciato dal movimento e il suo successo non è paragonabile a quello del padre, anche se lui pure una volta è andato al ballottaggio per le elezioni del Presidente della Repubblica. La presa di posizione della Le Pen è più studiata e più strategica, meno di pancia e più di testa e fa parte del disegno di accreditare la sua forza politica come estremamente nazionalista. Molto francese, dedicata a fare l’interesse dei francesi senza alcun altro compromesso. Un inno, insomma, al nazionalismo trionfante e dilagante nel suo paese e in tante parti del mondo. Ecco perché al di là della reazione che può suscitare sentire nella Europa del duemila parlare di steccati contro gli ebrei quale che sia la forma, è interessante sottolineare il comportamento di Marine Le Pen che segue quello di Donald Trump negli Stati Uniti e che si sta diffondendo in tanti paesi che erano satelliti della ex Unione Sovietica. Un indice importante di un fenomeno in grande sviluppo pure nella Europa e per giunta a partire dalla Francia e che si credeva vaccinata ormai da certe forme di potere e di ideologie che la hanno portata a conflitti e disastri storici che si credevano irripetibili e che ora si comincia a pensare che forse ha proprio ragione Giovanbattista Vico.

13 febbraio 2017

La caduta dei tabù.

La sensazione è che Donald Trump ne farà cadere molti di tabù, magari di quelli che si tramandano da tempo e nessuno si ricorda perché sono stati introdotti e perché sono stati rispettati, spesso più per la forma che per la sostanza. Infatti, nel momento in cui il tabù non si rispetta, in quel preciso momento, decade, viene cancellato, non esiste più. Ed inoltre, non importa dove non viene rispettato perché la sua cancellazione vale ovunque. Perché Trump dovrebbe far cadere tanti tabù? Per il semplice fatto che non li rispetta e non se ne fa un cruccio e non lo nasconde. Per esempio prendiamo quello relativo al conflitto di interessi. È un tabù articolato perché ne contiene tanti e dice fondamentalmente che uno statista, colui che occupa una posizione di potere e di prestigio nella organizzazione statale non può curare interessi personali come gestire aziende o promuovere iniziative economiche di vario tipo per evitare che ci sia il sospetto che nella sua posizione pubblica possa favorire i suoi interessi privati. Naturalmente l’affermazione è vera nella sostanza ma irrealizzabile, perché tutti in qualche modo trovano il modo di formalmente disfarsi e non occuparsi dei propri interessi e contemporaneamente continuare a curarli ed a favorirli in modo indiretto. Così è rispettata la forma ma non la sostanza, tanto che spesso qualcuno sostiene che forse sarebbe meglio uscire da questa ipocrisia e fare tutto alla luce del sole perché sarebbe anche più controllabile, volendo, dagli stessi cittadini oltre che da eventuali organi preposti. Donald Trump ha detto che non sarà più presente nelle sue aziende che ha intestato comunque ai suoi familiari, alcuni dei quali (come la figlia e il genero) chiamati a ruoli importanti alla Casa Bianca ed inoltre promuove e fa promuovere dai suoi collaboratori presidenziali i prodotti e i commerci della figlia. Estendendo l’esame ad altri tabù, ad altre procedure e abitudini formali, Trump li scavalca senza alcuna precauzione e senza mascherare il suo pensiero che disprezza queste pastoie burocratiche, ipocrite, inutili e che fanno perdere tempo e nascondono la verità alla popolazione. In questi casi forse ha ragione Donald Trump, perché è vero che la forma in democrazia conta ma non dovrebbe quando comunque non impedisce quello che dice che non si deve fare.

14 febbraio 2017

Solo i giovani non sanno scrivere?

La polemica è di questi giorni perché 600 professori universitari hanno scritto una lettera aperta diretta al Ministro nella quale denunciano il fatto che gli studenti universitari di tutte le facoltà non sanno scrivere in italiano. Questa polemica è ricorrente, trova spazio sui giornali per qualche giorno e poi scompare nel dimenticatoio sino alla prossima mossa di qualche professore o di qualche intellettuale o di qualche istituzione. La denuncia dice che i giovani non conoscono l’ortografia, non hanno un vocabolario sufficiente perché non leggono, non sanno comporre una frase, non conoscono la grammatica, insomma un disastro. Bisogna dire ad onore del vero che anche i padri di questi giovani non sanno scrivere e forse anche loro hanno contribuito insieme allo sfascio del sistema scolastico a non istigare i loro figli a studiare ed in particolare a studiare la lingua del loro paese, bene possibilmente. I loro padri così come lo sfascio della scuola italiana hanno origine nel 68 famoso. Quello dove i figli della borghesia per respingere l’attacco di ceti inferiori più preparati e più bravi hanno lottato per cancellare il merito e quindi difendere le rendite privilegiate, quello dove si è ottenuta la promozione per tutti nella certezza che poi la vita ci avrebbe pensato. Piano piano sono passati cinquanta anni, i professori di oggi sono quelli che sono stati promossi con il 18 politico, come i padri dei giovani e i poveri giovani frastornati e felici aspettano che la vita dia loro un lavoro che sia non impegnativo, che non richieda molta preparazione, che sia fisso per consentire di farsi una famiglia e che sia libero per consentire una vita alternativa dedicata allo sport od altri interessi. Basta osservare gli esami di diploma che tutti gli anni si svolgono nei quali viene promosso il 98% dei candidati per capire che questi esami non servono. Naturalmente questi giovani ignoranti figli di padri anche loro ignoranti e istruiti da professori cow boy rappresentano la classe dirigente (inadeguata) del paese e la classe politica (inadeguata e corrotta) dello stesso. Se non si ammette che va reintrodotto il merito e che il lavoro e le responsabilità devono andare a chi lo merita il paese sarà sempre in un cul de sac. Non è vero che gli uomini sono tutti uguali e che si impegnano tutti in un ugual modo e lo dicono tutti i filosofi da Platone a Marx. La sinistra, la vecchia sinistra, quella che ha turbato il paese per tanti anni la smetta e pensi al bene dei giovani che non sanno l’italiano.

15 febbraio 2017

La desesperanza.

Una parola di quella splendida lingua che è lo spagnolo e che indica la mancanza di speranza. La   desesperanza è la cosa più tremenda che possa capitare ad un uomo, quando non solo si trova in una situazione difficile, ma non ha più alcuna speranza che possa fare lui qualcosa o che possa accadere qualcosa per riprendere ad avere un pò di fiducia nel futuro, nella vita. Una parola molto usata in questo periodo in tutta l’America Latina, sia quella Centrale che quella Meridionale, dove si è sperato che si potesse arrivare ad una democrazia liberale, portatrice di libertà e di giustizia, di un tentativo di uguaglianza anche. Ed in qualche paese anche importante ci si è andati vicino, con la vittoria delle sinistre che hanno insediato governi quasi rivoluzionari per quel continente. D’altra parte la strada era giusta perché come dice da tempo il filosofo Slavoj Zizek solo le sinistre possono salvare la democrazia liberale. Ma il sogno è durato poco, le sinistre sono state quasi ovunque sconfitte, sono state sommerse da accuse di corruzione, la criminalità si è diffusa e condiziona governi e sviluppi. Solo in Colombia si è riusciti a comporre la guerra con i ribelli delle Farc dopo cinquanta anni di morti e di insicurezza sociale, a Cuba si erano aperte delle prospettive grazie alla politica di Obama ora cancellata da Trump, il resto del Continente sta tornando a regimi autoritari ed a politiche dirigiste. Il nuovo autoritarismo non solo è una realtà che si diffonde ma presenta aspetti di cinismo e di disprezzo per le altrui condizioni e vite molto violente. Le condizioni politiche e umane di un intero continente come quello dell’America Latina non solo rappresentano la morte di un sogno per tanta gente e per una straordinaria e difficile parte del mondo, ma rischiano di diventare strumento di emulazione per altre parti del mondo e punto di riferimento per spregiudicati nuovi dittatori. La politica di Trump, ancora da verificare naturalmente, rischia di favorire questo processo che non è un vantaggio per nessuno e non lo sarebbe nemmeno per gli Stati Uniti.

16 febbraio 2017

Le strategie di Putin.

Vladimir Putin sa cosa significa gestire il potere e sa soprattutto come si fa a prenderselo ed a non perderlo. Ha esperienza di apparati statali ufficiali e non, conosce nel mondo tutte le persone che conviene conoscere per fare affari, per sapere, per influenzare, per progettare scenari. Ed, infine, ha pazienza e sa che le cose bisogna costruirsele piano piano, il suo potere è sicuro al suo paese e non ha il problema che qualche opposizione, qualche minoranza all’interno del suo partito lo possa cacciare e sostituire e nel suo paese non ci sono movimenti populisti che chiedono la testa dei politici e se ci sono vengono subiti convinti a desistere con le maniere più gentili ed opportune. La sua esperienza e la sua volontà insieme al suo carisma valgono moltissimo e non per nulla oggi è considerato il leader politico più importante e quello della cui opinione e placet non si può fare a meno quale che sia la decisione da prendere in qualsiasi parte del mondo. Negli ultimi tempi sta dimostrando che soprattutto la sua caratteristica principale è la sua capacità strategica che si esalta insieme alla sua visione del futuro e alla conoscenza delle cose del mondo   anche grazie alla sua qualificata e sparpagliata rete informativa. Una capacità strategica che lo sta portando ad influenzare in qualche modo gli assetti politici di molti paesi, quantomeno di quelli di maggiore interesse internazionale, e la opinione pubblica non solo del suo paese (cosa che gli serve per mantenere il potere e far dimenticare altri problemi soprattutto di natura economica), ma di tutto il mondo. Influenzare gli assetti politici di vari paesi significa condizionarne le decisioni e potere esercitare un ruolo di leadership nelle vicende economiche mondiali. In questo contesto la sua strategia favorisce la vittoria di uomini politici più vicini in qualche modo a lui o per il modo di pensare o per caratteristiche ideologiche personali e naturalmente di partiti con i quali più facilmente si possono allacciare accordi e intese. Evidentemente ha capito prima e più di altri le possibilità della tecnologia e il ruolo delle reti e della nuova informatica per creare reparti di specialisti di alto livello e dotati di strumenti avanzati. Ha investito sulle professionalità e sugli uomini ed ha avuto ragione. Oggi ha un ruolo di primo piano nel mondo che si è conquistato e con lui il mondo deve fare i conti.

17 febbraio 2017

La voglia matta.

Seguire con attenzione quello che avviene nel paese e nel mondo, osservare come pensieri e speranze si stanno cancellando quasi nella indifferenza generale, la mediocrità che fa gridare slogan rivoluzionari a tribuni di cartapesta, il degrado sociale e l’esasperazione dell’egoismo che fomenta l’odio, viene una voglia matta. La voglia di scendere si diceva una volta, la voglia di abbandonare le vicende di questo mondo o quantomeno costruirsi una nicchia nella quale si possa vivere coltivando sentimenti di curiosità, di amicizia, di amore e di conoscenza. Il fatto è che è sempre più difficile, sta diventando impossibile per motivi logistici, umani e, banalmente, di sopravvivenza economica. Di fronte a certi comportamenti pubblici di mediocri figure che credono di essere protagonisti di rilievo della società od alla osservazione delle tendenze del mondo, alla banalità che si impadronisce di larghe fette di popolazioni grazie anche alla tecnologia che offre modelli assolutamente disumani al punto che i futuri robot forse sono più gli umani che quelli costruiti in officina, non solo viene la voglia matta di scendere da questa brutta storia ma anche quella di gridare, di cercare di dire che sarebbe meglio fermare questa deriva umana. Il problema è soprattutto che non si vede chi possa avere il prestigio per orientare in qualche modo l’umanità, scomparsi o quasi i filosofi, i pensatori, il modo è popolato da economisti e da tecnologi che decidono quanto, come e dove dobbiamo lavorare e per fare cosa, cosa dobbiamo fare nel nostro tempo, quali sentimenti dobbiamo e possiamo coltivare e quali sono i pensieri cui possiamo aprire le porte della nostra mente e quali invece dobbiamo lasciar fuori senza compassione o cedimenti. Una vita mediocre con persone mediocri in un ambiente mediocre, senza autonomia e senza devianze sentimentali anche nella criminalità se si sceglie questo modo di vivere. La voglia matta di allontanarsi appunto!

20 febbraio 2017

Scissione?

La parola in questi giorni è usata per indicare che il Partito Democratico potrebbe spaccarsi in due come conseguenza dell’abbandono del partito da parte della minoranza. Ma in effetti non è una spaccatura, perché la minoranza non è una minoranza ma sono diverse minoranze, costituite da vecchi protagonisti del passato o da giovani in cerca di orientamento ideologico e politico e di conseguenza non è detto che tutte le minoranze restituiscano la tessera. Inoltre, anche se tutte le minoranze fossero unite non rappresentano la metà del partito. Questa considerazione vale se si guarda la quantità delle persone che da giorni gridano che se ne vogliono andare e anzi che se ne sono già andate anche se non formalmente. Se poi si guarda alla qualità delle persone si scopre che costoro che gridano hanno poco da dire per il futuro ancorati come sono a vecchi schemi sociali e di lavoro che proprio il futuro sta spazzando via e che quindi scompaiono a prescindere da quello con il quale ciascuno può valutare questo processo di cambiamento.  La realtà è che questo partito è lacerato da contraddizioni forti perché costituito da persone provenienti da esperienze diverse e che non hanno mai trovato un vero punto di comunione ideologica al di là della opportunità dello stare insieme per avere la possibilità di conquistare il potere. Buona parte di questa gente non vuole il potere perché preferisce l’opposizione e in questa misurarsi con la propria cultura, le proprie idee. In altri termini, come se l’obiettivo non fosse quello di dare un servizio ai cittadini, di aiutare la comunità nei suoi bisogni e nella sua vita, ma quello di garantire un equilibrio formale per rispettare quello che si usa chiamare democrazia. Naturalmente lo spettacolo assume in certi momenti anche aspetti buffi perché ci sono quelli che vanno avanti e poi tornano indietro, quelli che sono al di fuori e che tanti danni hanno procurato al paese e che imperterriti continuano a pontificare idee strampalate, quelli che sono nostalgici del passato perché lo hanno vissuto o perché glielo hanno raccontato, quelli che cercano i cronisti per rilasciare interviste e, infine, quelli che non sanno che fare e stanno un po’ di qua e un po’ di là aspettando il vento. Tutto questo per perdere senza riflettere, cosa che potevano ottenere con meno sforzo e meno ammoino.

Inserito il:11/02/2017 11:32:37
Ultimo aggiornamento:20/02/2017 09:30:41
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