Aggiornato al 05/05/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Giuseppe Bertini (1825-1898) - Galileo mostra l’uso del cannocchiale al Doge di Venezia -1858

 

Uno sguardo altrove (05)

di Gianni Di Quattro

 

Le grandi manovre per portare la City di Londra da qualche altra parte sono cominciate. Le prime candidature sono Parigi, Francoforte e Dublino. Ma la partita non sarà facile e breve e altre soluzioni saranno trovate e proposte certamente. I britannici sanno che la loro City finanziaria senza l’Europa non esiste e non può avere limitazioni di nessun tipo, né negli operatori e né negli investitori.

E se qualcuno pensa che Londra potrebbe, in cambio, a questo punto diventare un paradiso fiscale? In fondo già lo è un po’, se non altro perché costituisce uno svincolo, una via di transito del denaro e degli affari tra le più trafficate. Ci stanno pensando non certamente alcuni clochard, ma molti padroni dei ponti sotto i quali questi ultimi albergano e forse rischiano di riuscire (il mondo ha continuamente bisogno di trovare luoghi diversi legali per fare cose illegali).

D’altra parte le voci che circolano su una nuova politica fiscale a favore delle imprese che prendono la residenza a Londra e che decidono di pagare le tasse nel paese, così come altre idee in merito sono compatibili con quelle oggi in vigore proprio nei paesi che si definiscono paradisi fiscali rispetto al resto dell’Occidente. Bisogna vedere se ci riusciranno ammesso che potranno politicamente andare avanti su questa strada che non ammette ritorni anche per il coinvolgimento per tutti i frequentatori con forme di bassa moralità.

Intanto a Londra e in molte parti del paese i perdenti cominciano ad organizzarsi e soprattutto a non rassegnarsi a vedersi sfuggire un modo di vivere per colpa di un gruppo di fanatici che sono riusciti ad attivare ed eccitare vecchi nostalgici. Allora cominciano le pressioni, i raduni, le manifestazioni, i contatti. Il nuovo Premier, il nuovo Governo, la Casa reale non possono e non potranno ignorare questo momento di grande turbamento culturale, identitario, politico e di visione che attraversa pesantemente il paese.

La regina Elisabetta II sta distribuendo camomilla a destra ed a manca, nel senso che invita tutti alla calma e alla riflessione prima di decidere qualsiasi cosa in un mondo che cambia così velocemente. È il senso del suo discorso ad Edimburgo al Parlamento regionale scozzese, ma anche il succo del suo pensiero espresso in occasione di tutti gli incontri politici londinesi.

Brexit a questo punto può diventare una specie di sarchiapone della politica, una formula magica per giustificare l’assenza di progetti, di idee e di programmi e allo stesso tempo per rivendicare cose al solo scopo di prendere da qualche parte il potere. Brexit sarà forse la formula che adombra la paura del vuoto e con la quale si farà il governo in Spagna, sarà il motivo della campagna elettorale che il fascista Hofer sbandiererà in Austria nella ripetizione della tornata elettorale ordinata dalla Corte Costituzionale, sarà la minaccia che molti paesi dell’est ormai passati dalla schiavitù comunista ad una grande voglia di fascismo useranno nei confronti della Unione Europea per ottenere qualcosa, persino il “biondo” Donald Trump userà la formula nella sua campagna americana per dimostrare che il mondo sta andando verso dove lui dice che va e che è giusto che vada. Insomma Brexit supererà il concetto delle convergenze parallele di Aldo Moro in genialità politica e costituirà un elemento di aggregazione forte proprio perché incomprensibile.

Comunque dopo la rinuncia a candidarsi di Boris Johnson nel partito conservatore, anche l’altro grande difensore di Brexit, Nigel Farage, si dimette dal suo partito che ha tendenze di destra estrema ed è alleato al Parlamento europeo con il movimento 5 stelle con il quale hanno fatto un unico gruppo parlamentare. Evidentemente i due dimissionari sanno che ora viene il difficile e hanno pensato bene con grande coraggio e professionalità di rinunciare lasciando ad altri la patata bollente che loro hanno fatto bollire.

Gli attentati terroristici sparpagliati qua e là nel mondo a casaccio e quindi in modo assolutamente imprevedibile intanto tengono in apprensione qualsiasi cittadino del mondo che viaggia, si sposta, lavora, frequenta locali pubblici e luoghi per affari e, in secondo luogo, prima o dopo portano lutto in tutti i paesi a rotazione, creando solidarietà e impotenza allo stesso tempo. Vuol dire che l’efficacia di questo modo di ricattare ampie fasce della popolazione mondiale funziona anche se non arriverà mai a conseguire alcun risultato, perché questo terrorismo non ha obiettivi di costruzione di qualcosa ma solo di distruzione.

In ogni attentato vengono uccisi dei terroristi e spesso ormai qualcuno viene fatto prigioniero. Questo consente di avere una statistica significativa su chi sono costoro, quali sono le loro motivazioni, come si convincono a fare quello che fanno, come i loro pensieri li possono portare a morire e a distruggere. Il dato molto interessante che emerge dice che molti sono laureati, hanno frequentato buone scuole e spesso provengono da famiglie borghesi talvolta immigrate anche se da più di una generazione e indipendentemente se abitano qualche periferia di qualche grande città aperta o nella villa accanto come un giornale americano ha definito quelli del Bangladesh. Un dato su cui riflettere e che mette sotto i riflettori il grande motivo vero e molto consistente e cioè quello religioso. D’altra parte la religione nella storia è stata la causa maggiore di distruzione, guerre e spargimento di sangue. Da sempre e ovunque, soprattutto quando il percorso verso qualsiasi forma di laicismo non è stato assolutamente compiuto.

Curioso e interessante il fatto che i kamikaze cominciano anche ad essere presenti in Arabia Saudita (vari attentati negli ultimi giorni), noto paese finanziatore e protettore di terroristi, almeno sino ad ora. Qualcosa sta cambiando anche in quel mondo che certamente non è molto trasparente e che vediamo tutti velato da una religione che sta marciando verso il futuro ma che ancora ha molta strada da fare.

I rapporti tra la Germania e l’Unione Europea non sono idilliaci e vanno sempre peggiorando. Il Presidente della Bundesbank si dichiara in totale disaccordo con la politica di Mario Draghi, Presidente BCE, e sottolinea che lui è il maggior azionista della stessa BCE e che il prossimo Presidente sarà un tedesco che dovrà fare prevalentemente gli interessi del suo paese. Il Ministro dell’Economia, il famoso e terribile Schauble, continua a criticare Junkers, il Presidente della Commissione, invitandolo a imporre ai soci maggiore rigore. Dice anche il Ministro che gli Stati possono, anzi devono, scavalcare la Commissione (se non vuole ubbidire ai “consigli” tedeschi) e stringere accordi tra di loro e se non è distruzione della Unione questa a dove si deve arrivare? Secondo questo tedesco tutti gli Stati della Unione dovrebbero tirare la cinghia, vivere il più miseramente possibile, lavorare per pagare gli interessi alle banche tedesche che possono prestar loro i soldi (se si comportano bene) per la sopravvivenza (il caso Grecia non lo si deve dimenticare).

Si può essere europeisti ad oltranza, si può dichiarare di essere in contrasto con i populisti che ci sono nei vari paesi e che propugnano l’uscita dei loro paesi dalla UE, ma in effetti la Germania sta facendo di tutto per distruggerla questa Unione. E questo comportamento, questa incapacità di capire il futuro rimarrà inevitabilmente nei libri di storia. La verità è che la Germania, senza mancare di rispetto e riconoscendo il valore di Angela Merkel, sino a quando i conservatori avranno il potere è fuori dalla storia e non fa gli interessi per il suo futuro. Tutti i salti che il paese ha fatto, la sua attuale posizione economica, la sua forza sono merito del lavoro e delle decisioni dei socialdemocratici quando hanno potuto governare il paese. Speriamo che i cittadini tedeschi nel loro interesse e in quello di tutti gli europei lo capiscano il prima possibile. Altrimenti i conti prima o dopo tornano, vale per la vita anche dei popoli!

In Messico hanno ammazzato un altro giornalista. Un paese che non riesce a cancellare le sue contraddizioni. Da una parte la bellezza, la voglia di andare avanti, le risorse per poterlo fare e dall’altra la violenza, le diseguaglianze estreme, la corruzione, l’ignoranza che non consente l’attuazione completa della democrazia. Forse hanno ragione i messicani quando dicono che la loro maledizione è di essere “un paese tanto lontano da Dio quanto vicino agli Stati Uniti”.

Inserito il:05/07/2016 12:07:39
Ultimo aggiornamento:05/07/2016 12:11:55
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