Aggiornato al 20/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Pierre-Auguste Renoir (1841-1919) – La Tasse de chocolat

 

Sull’emozione della Noia

di Anna Maria Pacilli

 

La noia è un’emozione che si caratterizza per un senso di vuoto e di inutilità, che spesso si associano spesso all’immobilità e alla procrastinazione.

L’annoiato sperimenta uno stato di “sospensione” psicologica che limita la percezione di se stesso, degli altri e del mondo esterno, costringendola ad un vissuto crepuscolare di insoddisfazione permanente.

E così accade che le cose, le persone e il tempo si avvicendano prive di senso e circondate da un alone di tristezza.

Ogni altra emozione orbita intorno alla noia, ma attutita, ferma, senza spinta vitale.

Se chiedete ad un annoiato come si sente, vi svelerà la sua idea di “non aver nulla da fare” e, allo stesso tempo, la certezza che anche se volesse fare qualcosa, l’impresa sarebbe troppo faticosa e, comunque, i risultati deludenti per giustificare il benché minimo sforzo di attivarsi in una qualche direzione.

La noia è, dunque, un colore privo di sfumature. E’ piuttosto un grigio uniformemente stanco.

Analizzata nel suo profondo, secondo Eastwood (Eastwood, Frischen, Fenske, Smilek, 2012) ,  sarebbe un desiderio non appagato ( e non appagabile), di sperimentare qualcosa di soddisfacente.

Questo è uno dei pochi studi scientifici che hanno posto l’accento sul fenomeno. Secondo questo studio si tratterebbe di uno stato di “unengaged mind”: una sorta di stato avversivo che si presenta quando:

a) non si è in grado di impegnare in modo efficace la nostra attenzione verso stimoli interni o esterni,

b) ci si focalizza sul fatto che non siamo in grado di impegnare la nostra mente in una attività soddisfacente,

c) si attribuisce la causa del nostro stato avversivo a fattori esterni e non al nostro mondo interno.

La noia, secondo altri studi, sarebbe, altresì, caratterizzata tanto da un basso, quanto da un elevato arousal (attivazione fisiologica), per cui, potrebbero alternarsi situazioni in cui si tenderebbe quasi ad addormentarsi, con una grossa componente di rilassamento muscolare, a situazioni in cui essere annoiati può portare a uno stato di irrequietezza motoria.

Uno studio ha messo in evidenza che le persone più propense a provare noia ottengono prestazioni peggiori nei compiti che richiedono una attenzione sostenuta e protratta, con una maggiore probabilità di presentare sintomi di ADHD e di depressione (Malkovsky,Merrifield, Danckert, 2012).

Anche se possono mostrare delle somiglianze e correlazioni, la noia e lo stato depressivo sono esperienze emotive ben distinte (Goldberg, Eastwood, LaGuardia, & Danckert, 2011): si potrebbe ipotizzare che la noia porti a una maggior focalizzazione sui processi di “ruminazione” in un ciclo vizioso di mantenimento dello stato depressivo.

Gli alessitimici, inoltre - alessitimia è l’incapacità di esperire e verbalizzare le emozioni - sarebbero particolarmente predisposti alla noia (Eastwood, Cavaliere, Fahlmana, Eastwood, 2007).

Un interessante studio condotto presso la University of Limerick, che ha studiato gli effetti della noia sul recupero mnestico,  ha evidenziato che le persone cui era stato indotto biochimicamente un elevato stato di noia, richiamavano alla memoria ricordi molto più nostalgici (van Tilburg, Igou, Sedikides, 2013). Inoltre, soggetti sottoposti a condizioni più noiose avrebbero una maggiore tendenza alla aggressività (Van Tilburg, Igou, 2011).

Alcuni ricercatori tedeschi stanno studiando le modalità di fronteggiare la noia da parte degli studenti delle scuole superiori: alcuni utilizzerebbero strategie di “re-appraisal”  raffinate a livello cognitivo, come, ad esempio, ricordare a se stessi quanto lo studio possa aiutarli per la loro carriera, mentre altri sarebbero più propensi a strategie di evitamento dello stimolo emotigeno (chiacchierare, ad esempio, con il compagno di banco).

L’impiego di strategie di re-appraisal risulterebbe più utile e più costruttivo, anche in un’ottica futura, nel tentativo di diminuire l’esperienza della noia rispetto alle strategie di evitamento (Net, Goetz, Hall, 2011).

Il sentimento di noia emergerebbe molto probabilmente quando il contesto di vita e le relazioni di una persona non rispondono più ai suoi bisogni emotivi e ripetono rigidamente routines che, in precedenza, risultavano invece soddisfacenti.

Dunque potrebbe essere un campanello di allarme che ci allerta sulla necessità di operare un cambiamento nelle modalità con cui ci rapportiamo alle cose.

Ma il più delle volte l’annoiato non coglie questo importante allarme psicologico e tende a riempire l’inquietudine rifugiandosi ancora di più nella ripetitività del quotidiano.

E’ evidente che questa scelta se al momento appare la più facile per la sua economia psichica, nel lungo termine potrebbe sfociare in una sorta di paralisi emotiva

Ma se riuscissimo a coglierla per tempo e ad interpretarla, l’esperienza della “noia” non sarebbe l’esperienza di una emozione inutile, ma potrebbe condurre ad una migliore comprensione di alcuni fenomeni clinici e comportamentali, esattamente come altre emozioni e stati mentali finora più studiati.

La noia si collega, inoltre, per qualcuno, al terrore di restare da soli.

Personalmente non concordo perché, quando questo accade, l’individuo  si uniformerebbe ad un ambito psicologico e relazionale non suo, ma proprio di persone e situazioni esterne, che gli farebbero da stampella e, forse, anche da scudo per proteggere il suo vero sé.

Meglio annoiarsi che temere di annoiarsi. Rimanere, così, in una sorta di limbo costruito pur di non sfidare e modificare attivamente convinzioni non nostre ma mutuate dall’esterno, che non ci appartengono.

Ma ci si annoia anche quando non si presta attenzione ai propri bisogni emotivi, frustrandoli, ed evitando di andare oltre quegli schemi che ci sovrastano, pur facendoci compagnia.

Stare bene con se stessi, invece, ritengo sia una gran bella compagnia, anzi spesso una grossa opportunità non generatrice di noia, anzi di importanti spunti di riflessione.

 

Suggerimenti bibliografici:

 

◾Eastwood, J.D., Frischen, A., Fenske, M.J., Smilek, D. (2012). The Unengaged Mind, Defining Boredom in Terms of Attention. Perspectives on Psychological Science, vol. 7, 5, 482-49

◾Malkovsky, E., Merrifield, C., Goldberg, Y., Danckert, J. (2012). Exploring the relationship between boredom and sustained attention. Experimental Brain Research, Volume 221, Issue 1, pp 59-67

◾Goldberg, Y. K., Eastwood, J. D., LaGuardia, J., & Danckert, J. (2011). Boredom: An emotional experience distinct from apathy, anhedonia, or depression. Journal of Social & Clinical Psychol- ogy, 30, 647–666.

◾Eastwood, J.D., Cavaliere, C., Fahlmana, S., Eastwood, A.E. (2007). A desire for desires: Boredom and its relation to alexithymia. Personality and Individual Differences. Volume 42, Issue 6, Pages 1035–1045

◾Van Tilburg, W.A.P., Igou, E.R., Sedikides, C. (2013). In search of meaningfulness: Nostalgia as an antidote to boredom. Emotion, Vol 13(3), Jun 2013, 450-461.

◾Van Tilburg, W. A. P., & Igou, E. R. (2011). On boredom and social identity: A pragmatic meaning-regulation approach. Personality and Social Psychology Bulletin.DOI: 10.1177/0146167211418530

◾Net, U.E., Goetz, T., Hall, N.C. (2011). Coping with boredom in school: an experience sampling perspective. Contemporary Educational Psychology, 36 (2011), 49-59

 

Inserito il:24/02/2017 15:47:28
Ultimo aggiornamento:24/02/2017 15:59:23
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