Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

 

Voglia di nucleare e manovra finanziaria 2024

di Vincenzo Rampolla      

 

È ufficialmente ricominciata l’avventura nucleare italiana.

E come al solito, nel nucleare non mancano colpi di scena e voltafaccia dell’ultim’ora.

A novembre 2022, nella bozza definitiva della Manovra 2024 hanno rivoltato le carte, con cambiamento degli oneri di sistema che pesano sulla bolletta elettrica: tagliare le spese per lo smantellamento del nucleare. Per rispettare gli obiettivi PNRR, si è dato il via alla fiscalizzazione di almeno una parte degli oneri, escludendo quelli derivanti dal decomissioning del nucleare. 

A raddrizzare il tiro ci ha pensato Matteo Salvini. Sono pronto a tornare a un referendum, perché all'Italia conviene arrivare al nucleare pulito e di ultima generazione, dichiara a luglio 2023 durante l’evento 'L'Italia dei sì'.

E ilFine modulo 3 settembre, durante il Forum Ambrosetti di Cernobbio, il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica annuncia la convocazione al 21 settembre 2023 della prima riunione della Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile.

Salvini non perde l’occasione  e conferma esultante:  Bisogna superare il no frutto dell'emozione di qualche decennio fa… Sono un nuclearista convinto, ma non per tifo, e elenca le centrali in Europa… Siamo circondati da Paesi che producono energia con il nucleare e che hanno un vantaggio competitivo nei confronti delle nostre aziende, alla lunga difficile da sostenere… quello che mi fa imbestialire è che ci sono aziende, ingegneri e ricercatori italiani eccezionali che vanno all'estero a costruire quello di cui avremmo bisogno nel nostro Paese. Chiarissimo! Andiamo avanti.

 

Non è nuova l’idea di un nucleare di ultima generazione con piccole centrali a basso costo. 

Già se n’era parlato nel 2009 con l’entrata in vigore della Legge n. 99/2009. Doporeferendum antinucleare del 1987 e 2011, per la prima volta si sarebbero costruite centrali nucleari sul territorio nazionale e il 15 gennaio 2010 con un decreto legislativo il Governo da l’avvio alla  loro costruzione. Il Ministero dello Sviluppo economico accelera i tempi e prima ancora del termine del suo iter parlamentare, insedia una Commissione di 10  nuclearisti  per gestirne l’attuazione.

 

L’accordo, firmato da Sarkozy e Berlusconi prevede la realizzazione sul territorio italiano di almeno 4 centrali EPR (European Pressurized water Reactor) di 3ª generazione, ognuna da 1.600 MW.  Il documento definisce le linee direttrici per lo sviluppo in Italia della tecnologia EPR,  mentre Enel entrerebbe nel progetto con una quota del 12,5% per la costruzione di un secondo reattore nucleare in Francia, sempre di tecnologia EPR.  Enel e Edf  (Electricitè de France) si impegnano a costituire una joint-venture di diritto italiano con quote paritetiche al 50%, responsabile dello sviluppo e degli studi di fattibilità per la realizzazione delle unità di generazione nucleare EPR. Successivamente, completate le attività di studio e prese le necessarie decisioni di investimento, è prevista la nascita di una società ad hoc per la costruzione, la proprietà e la messa in esercizio di ciascuna unità di generazione EPR.

 

Nasce a Roma la società Sviluppo Nucleare Italia Srl. Enel parla di un costo di16-18 Mld per le prime 4 centrali di potenza unitaria 1,66 GW. Il dato è  decisamente sottostimato, secondo le quotazioni internazionali e la francese Areva, per lo stesso tipo di centrali da installare in Italia, propone un prezzo doppio rispetto alle stime di Enel di 2.600 €/ kW. Si negozia. In Francia il 78 % del fabbisogno nazionale di elettricità è derivato da centrali nucleari, i cui costi di costruzione sono stati da tempo coperti dallo Stato. In Italia sarebbe impossibile anche nel 2030, con il notevole peso del prezzo del gas. E ancora una volta il futuro dipende dalle scelte delle rinnovabili che nel frattempo il Governo ha deciso.

 

In un momento di euforia nucleare oltre agli accordi con la Francia, a inizio ottobre 2009 ne vengono  siglati altri tra Italia e Stati Uniti, speculari a quelli francesi del 2010. Abbiamo lo spazio per utilizzare la grande esperienza tecnologica anche sul piano della collaborazione industriale con gli Usa e con le grandi imprese americane, hanno tuonato Amministratori e politici. I nuovi accordi firmati durano 5 anni più 5 e trattano  tecnologie e  cooperazione industriale.   

Alla data della firma degli accordi con Francia e Usa, l’Italia non possiede una chiara politica energetica. È noto, e l’eventuale ritorno all’energia nucleare deve essere una scelta politica condivisa e ponderata dal punto di vista economico e strategico.  Situazione indefinita, per gli accordi incrociati con Francia e Usa,  elementi incontrollati di condizioni di stallo, capaci di paralizzare le Camere come al tempo dei referendum.

Situazione  particolarmente critica, per le assurde incongruenze tecniche e le incompatibilità di un programma che ha comunque un numero ridotto di impianti nucleari e che adotta due  tecnologie totalmente diverse. Da qualunque visuale lo si prenda, l’annuncio dei presidenti Berlusconi e Sarkozy in materia di energia nucleare appare più un colpo da giocolieri che un piano dai contorni nitidi e realistici, sfruttando un sentimento confuso, ostile all’epoca delle firme al ritorno all’energia elettronucleare e radicato in un humus di perniciosa ignoranza del valore del nucleare. E gli accordi finiscono in un nulla di fatto.

 

Trascorrono 14 anni, durante i quali nessuna scelta operativa né azione concreta è mai stata presa e a fine 2023 finalmente, incredibilmente in Italia si riattizza la voglia del nucleare e la corsa alle centrali. Nel Documento della Piattaforma si legge che il primo cantiere sarà aperto nel 2030 e il primo reattore sarà operativo entro il 2035. E poi via, con una tabella di marcia che prevede dalle 15 alle 20 mini-centrali nucleari distribuite in tutta la penisola e pronte funzionare entro il 2050, con l’impegno che contribuiranno in maniera decisiva all’obiettivo della totale decarbonizzazione dell’Italia. €30 Mld è il totale previsto dal documento che potrebbe essere investito interamente sullo sviluppo delle energie rinnovabili, l’unica vera strada per raggiungere l’obiettivo della decarbonizzazione.

 

È il piano per il ritorno al nucleare consegnato al Governo Meloni da Edison, Ansaldo Nucleare, Enea, Politecnico di Milano e Nomisma Energia.  Secondo le previsioni del documento redatto dagli stakeholder incaricati dal Governo, l’indotto economico, sarebbe pari a €100 Mld, con oltre 500.000 posti di lavoro più 200.000 nei decenni successivi all’entrata in funzione di tutti i 15-20 mini-reattori. È un nucleare che, secondo i suoi sostenitori, sarà sostenibile e a zero emissioni.

Nel piano all’esame del Ministero parla di un mix tra due modelli di reattori entrambi caratterizzati da dimensioni ridotte che, secondo Edison, offrono diversi vantaggi: il minor impatto ambientale, una maggiore sicurezza e una maggiore compatibilità con la rete elettrica già in funzione in Italia. I mini-reattori possono anche avere applicazioni termiche chiave nella transizione energetica, consentendo di produrre idrogeno che poi andrà a decarbonizzare i settori economici più difficili da sottoporre alla transizione. 

 

Domanda: come realizzare realisticamente 15 - 20 reattori nucleari sul territorio italiano, dove con grande fatica si realizzano impianti eolici o fotovoltaici, contestati peraltro in tutto il Paese?

Si tratta di un piano per un nucleare capace di sfruttare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, caratterizzate da zero emissioni, sicurezza rafforzata e migliori prospettive economiche. Commenta R. Casale AD di Ansaldo Nucleare che aggiunge: La piattaforma è un’ottima partenza in uno scenario difficile: in Italia l’inverno nucleare è durato 40 anni in cui, malgrado le poche risorse, siamo diventati capofila della supply chain. Ora l’Europa sta andando verso una maggiore penetrazione nucleare. Il mercato non è mai stato così dinamico.

 

Qual è il nucleare su cui punta l’Italia? Quello di 4ª generazione, basato sulla fissione nucleare, tuttora in fase sperimentale. È una nuova generazione di reattori caratterizzata da una maggiore efficienza e sicurezza, da una ridotta produzione di rifiuti radioattivi e da costi operativi più contenuti. Hanno capacità di generare energia elettrica fino a 1500 megawatt elettrici (MWe), mentre le versioni più piccole, le SMR (Small Modular Reactor ), possono generare 300 MWe.

I mini-reattori sono dotati in realtà di tecnologie già esistenti, con tutti i rischi legati alla sicurezza e allo stoccaggio delle scorie. Dice l’AD di Edison: Nel pacchetto dei progetti da fare potrebbero esserci anche i primi 2 impianti nucleari che il gruppo intende riavviare in Italia tra il 2030 e il 2040. Nei prossimi 7 anni la società punta €10 Mld sull’energia in Italia, per continuare a essere un leader della transizione energetica e raddoppiare il margine operativo lordo a €2,2 Mld nel 2030.

 

Confrontando l’Italia con le due nazioni in Europa all’avanguardia nel nucleare, la Germania aveva deciso di chiudere con gradualità tutte le centrali ma il Governo alle prese con la riduzione delle forniture di gas dalla Russia sta pensando di tenerle ancora in vita fino al 31 dicembre.

In Francia, due terzi dell’elettricità (dati 2020, in passato anche 80%) sono prodotti da 19 centrali nucleari gestite da Edf, su un totale di 56, con il presidente Macron che ha annunciato la costruzione entro il 2037 di 6 nuovi reattori. Parigi però deve bussare alla porta della Germania per soddisfare la domanda interna per i problemi riscontrati in molti reattori, paradossalmente quelli più moderni e potenti, colpiti da corrosione e destinati alla chiusura.

  Edf è stata nazionalizzata perché stava fallendo, perché ci sono alcuni reattori obbligati a chiudere e che ora affrontano i costi dello spegnimento, smantellamento e messa in sicurezza del sito oltre alla gestione dei rifiuti radioattivi. Lo scorso anno, i fiumi francesi sono stati in sofferenza idrica per la siccità e Edf ha dovuto spegnere diverse centrali nucleari: come raffreddarle senz’acqua?

  Nel resto dell’Europa la situazione è varia e irregolare. A fine 2020 sono 14 (su 27) i Paesi che hanno almeno un reattore nucleare (Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Paesi Bassi, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e GB) e nell’UE sono presenti 122 reattori nucleari di cui 6 in costruzione. Nuovi reattori sono previsti, mentre la Svezia ha deciso di duplicare la sua produzione di energia nucleare per i prossimi 20 anni.

In un angolo buio cova sempre sinistro il destino minaccioso dei rifiuti.

   Il 20 giugno 2022 il governo Draghi commissariava Sogin Spa, società che gestisce tutte le ex centrali nucleari italiane e ha anche in gestione il materiale stipato negli impianti ITREC, Plutonio, OPEC 1, Bosco Marengo e Ispra-1. A motivare l'azzeramento dei vertici del gruppo erano: la necessità e urgenza di accelerare lo smantellamento degli impianti nucleari italiani, la gestione dei rifiuti radioattivi e la realizzazione del deposito nazionale.

Con inizio del decomissioning nel 2003, tra il 2005 e il 2011, erano stati differenziati, trattati e condizionati 852 fusti contenenti rifiuti radioattivi solidi prodotti dalle passate attività di mantenimento in sicurezza dell’impianto, sistemati all’interno di 21 containers. A un anno dal provvedimento Draghi, Sogin si è arenata ma resta in vita, protetta da una ignota e potente energia di sopravvivenza. La prima scadenza è stata fissata entro il 30 giugno per presentare l'aggiornamento del cosiddetto Piano a vita intera, il piano finanziario a lungo termine (2035) per la gestione dell'eredità nucleare. All'ultimo rantolo era €7,2 Mld.

Il Governo deve trovare i nomi per rinnovare i vertici e accelerare sul progetto di costruzione del deposito nazionale delle scorie. Incombe sinistra l'incognita di 119 permessi decommissioning nucleare. Il piano di Sogin soffre di ritardi nelle autorizzazioni e il Governo non decide di avviare le consultazioni per identificare il deposito nazionale delle scorie. Per essere chiari, l'Italia si è impegnata a riprendersi entro il 2025 le 235 t di rifiuti nucleari ad alta e media intensità che ha depositato in Francia. Parigi ha detto chiaro e tondo che non conserverà i rifiuti atomici italiani e non ne accetterà altri se Roma non darà una data certa sul deposito dei rifiuti nucleari.

E gli appalti per la messa in sicurezza delle 4 ex centrali nucleari, dei 5 impianti legati al ciclo del combustibile e di 1 reattore di ricerca dove oggi sono collocati temporaneamente i rifiuti?  Il nuovo sistema di finanziamento dell'azienda, si basava prima su una componente della bolletta elettrica, quindi a carico dei cittadini, ma ora deve fare affidamento su €400 M di trasferimento annuo dalle casse dello Stato. Ultima grana, il braccio di ferro con i 60 lavoratori e le proteste con la Cgil.

  Da ultimo, molti dicono, moltissimi scrivono che con il nucleare si potrebbe produrre la quota di fabbisogno elettrico che l’Italia è vincolata a comprare all’estero, da Francia, Svizzera e Slovenia. In un contesto di mercato unico europeo dell’elettricità, con le supergrids all’avanguardia (reti di trasmissione a ampio raggio, transcontinentali o multinazionali, che consentono lo scambio di grandi volumi di elettricità su lunghe distanze), politici, amministratori e ambientalisti continuano a chiedersi: perché l’Italia dovrebbe puntare all’autosufficienza energetica?  Perché fabbricarsi in casa il nucleare, quando lo si può bellamente comprare a buon mercato dai partner francesi?

(consultazione: verità affari - maurizio belpietro;  tgcom28; mix energetico nella produzione elettrica globale per scenari di riduzione delle emissioni di co2 da fonti energetiche – iea; costi dell’energia per fonti naturali e artificiali - enea)

 

Inserito il:25/10/2023 16:11:57
Ultimo aggiornamento:25/10/2023 16:46:08
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