Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Tema maturità: finalmente tecnologia, lavoro e natura

di Bruno Lamborghini

 

Oltre un terzo dei temi scelti dagli studenti alla maturità quest’anno hanno riguardato la tecnologia dei robot e gli effetti sul lavoro ed in altri casi il tema della tutela della natura; lasciando a margine la letteratura con il poeta Caproni.

E’ una buona notizia perché può significare una crescente attenzione, non solo nella scelta dei temi da parte MIUR, ma soprattutto nelle intenzioni dei ragazzi di guardare il mondo reale e non solo il mondo classico. Certamente ha contribuito anche la scelta di Caproni, Caproni chi ? si sono chiesti molti studenti.

Si tratta forse di un primo spostamento della formazione scolastica italiana, storicamente centrata sulla cultura umanistica, con il liceo classico quale punto di riferimento per tutto il sistema scolastico, mentre matematica, fisica, le scienze, l’economia erano relegate a materie tecniche o non oggetto di insegnamento. Questo possibile riequilibrio tra materie umanistiche e materie scientifiche non significa abbandonare la caratterizzazione umanistica della scuola italiana come è stata disegnata da Benedetto Croce e dal ministro Giovanni Gentile. Anzi, oggi la conoscenza delle materie scientifiche deve e può trarre nuovo sviluppo proprio grazie all’integrazione con materie umanistiche. Ed è un elemento che può dare al sistema formativo italiano un valore unico che altre culture non possiedono. Ma occorre ridare valore alla formazione di materie scientifiche, far crescere interesse di studenti e famiglie per la formazione tecnica qualificata. I dati delle indagini OCSE PISA indicano con molta chiarezza il persistente grave ritardo degli studenti italiani in materie scientifiche e sopratutto in matematica. E non possiamo più permettercelo.

Gli stessi Istituti tecnici non riescono a preparare in numero sufficiente e con la formazione adeguata alle attuali esigenze dell’industria, di periti meccanici, elettronici,informatici, chimici. Molte imprese si lamentano di non riuscire a trovare le competenze tecniche necessarie e rischiano di non poter rispendere alle richieste del mercato.

Per fortuna, e questo è un altro segno positivo di cambiamento, si sono avviate nuove forme di istituti professionali, gli ITS, Istituti tecnici superiori, un biennio post diploma in forma di Fondazione tra scuole, università, imprese ed associazioni industriali, creando sinergie e collaborazioni tra scuola e mondo del lavoro. Per ora gli ITS non superano i 100 istituti, ma sono una strada molto interessante, che può produrre le nuove competenze necessarie e consentire ai diplomati di essere immediatamente immessi nel mondo del lavoro, perché la loro formazione è avvenuta già in parte presso le imprese..

Lo strumento dell’alternanza scuola-lavoro rappresenta una strada molto importante per un rapporto efficace tra scuola e lavoro, come dimostra quanto avviene in Germania. Il MIUR ha introdotto l’obbligo delle 400 ore per gli istituti tecnici da svolgere in stage presso imprese e istituzioni, così come altre ore sono richieste nei Licei. Non vi è dubbio che è un percorso tutto in salita, data l’attuale situazione di carenza di contenuti formativi e di contatti con il mondo del lavoro da parte delle scuole, come dimostra l’attuale realtà. Ma vi sono esempi molto significativi di attuazione di stage costruttivi da parte di imprese, come ad esempio il Gruppo Loccioni di Jesi che ogni anno accoglie centinaia di studenti e crea programmi specifici in cui i ragazzi apprendono non solo attività lavorative, ma soprattutto lo spirito di partecipazione e collaborazione per progettare e costruire iniziative comuni e prodotti nuovi.

Anche il Piano Industria 4.0 rischia di non produrre i cambiamenti innovativi proposti per l’industria manifatturiera se non si trovano le competenze necessarie, oggi non formate dalla scuola. Il rischio per l’occupazione non sono i robot, come conclamato spesso senza cognizione di causa, ma lo skill shortage, cioè l’incapacità di formare le conoscenze e le competenze giuste.

Se la scuola italiana non si muove verso il mondo reale e le nuove tecnologie, non diamo la colpa ai robot e all’intelligenza artificiale che sarebbe più corretto chiamare intelligenza (la nostra) aumentata. La colpa è tutta nostra, di non capire quale direzione prendere sin dai primi anni della scuola e poi l’esigenza di apprendimento permanente, il deep learning tutta la vita.

Inserito il:24/06/2017 20:12:30
Ultimo aggiornamento:24/06/2017 20:18:38
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