Aggiornato al 28/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Dagmar Engels (Eckfeld, Rheinland-Pfalz, Germany - Contemporanea) - Mosquito

 

Estate metropolitana

di Giovanni Armando Costa

 

L'estate è arrivata e la sciagura stagionale incombe sui cittadini metropolitani che sono pronti a versare l'annuale tributo di sangue. Il periodico castigo di Dio colpirà e devasterà le rosee cosce esibite dalle accaldate fanciulle amanti degli shorts ed impegnate negli happy hour delle lunghe notti milanesi ricche di eventi estivi. Disastro che non risparmierà le ignare turiste che si avventureranno in città ed a fine vacanza torneranno nelle loro casette con un pessimo ricordo del nostro Belpaese con conseguenti ricadute negative per l'economia nazionale.

Doverosamente ringraziando gli amministratori locali per i periodici interventi di disinfestazione ambientale, ma onestamente osservandone l'inefficacia, emerge spontaneo il desiderio di contribuire al miglioramento della qualità della vita dei concittadini ed alla tutela della salute pubblica con dei suggerimenti alle autorità sanitarie, a sindaci e governatori.

Si potrebbero avviare dei provvedimenti sperimentali invitando i gestori dei pubblici esercizi a mettere a disposizione dei clienti, delle racchette elettriche da poter usare per la difesa personale durante le cene o le degustazioni dei deliziosi cocktail all'aperto. Negli aeroporti, nelle stazioni e nelle linee della metropolitana potrebbero essere distribuiti ai viaggiatori dei volantini informativi che esplicitano i pericoli derivanti dallo stare la sera fuori in città senza idonei strumenti di protezione individuale ed allegare un elenco dei negozi dove è possibile acquistare tali dispositivi. La cittadinanza intera dovrebbe essere sensibilizzata con apposite campagne informative ed invitata ad uscire di casa solo se armata e pronta alla spietata difesa contro questa catastrofe innaturale.

Forse facendo fronte comune, con la collaborazione dei turisti lieti di poter contribuire alla lotta di liberazione e di portarsi a casa un attestato di benemerenza per aver partecipato al combattimento per una giusta causa, ricordo originale della vacanza, si potrebbe veramente risolvere il problema.

Forse così, in una città bonificata, potremmo ritrovare il piacere di stare all'aperto d'estate, godere della bella stagione, riappropriarci delle nostre piazze e sentirci uniti contro il vero nemico della dolce vita milanese: la zanzara.

Perché, diciamo la verità: ai milanesi piace stare all'aperto. Fare shopping tra le affollate vie del centro, guardare le vetrine ed aspettare i saldi per acquistare il tal paio di scarpe con l'affare, mescolarsi tra i tanti turisti colorati e sentirsi in vacanza. A sera raggiungere la Darsena in zona ticinese, scegliere il locale idoneo su uno dei Navigli per condividere il tempo con amici ed amanti. Bere birra o liquori sheckerati da abili baristi e riempirsi la pancia di alimenti ricchi di glutine, latte e suoi derivati. La voglia di divertirsi e di vivere la movida, di stare in scena come attori protagonisti nel teatro cittadino, rende sopportabile la infetta cappa di umido malsano che ricopre tutto e affatica il respiro e anche la violenza che esercitano le migliaia di insetti abituati a succhiare sangue lasciando in cambio ponfi e bolle su tutto il corpo ed un gran desiderio di grattarsi.

Gli esperti sostengono che i nostri comportamenti sono spesso guidati dalle abitudini. E davvero pare che noi esseri umani siamo in grado di abituarci a tutto, anche ad offrire spontaneamente il nostro sangue pur di godere di serate sulla cresta dell'onda di un effimero piacere. Invece di scappare, fuggire via da contesti poco ospitali.

Come fece Debora l'anno scorso.

Era partita con tanto entusiasmo da Francoforte sul Meno per trascorrere una settimana di ferie nel capoluogo lombardo, assolutamente impreparata a fronteggiare il flagello di Dio. Allegramente passeggiavamo lungo Corso di Porta romana in direzione Duomo e la temperatura pomeridiana era piacevole. Lei spingeva il passeggino con dentro la piccola Valeria. Piazza dei Mercanti incantava la sua curiosità ed in prossimità del pozzo la bambina sorrideva. In via Dante gustavamo un buon caffè espresso di quelli che non si trovano in centro Europa ma all'uscita dal bar la decisione di puntare verso il castello sforzesco anziché rientrare a casa era stata catastrofica. Davanti agli zampilli della grande fontana, nel breve tempo usato per scattare due fotografie come ricordo della deliziosa serata, le zanzare banchettavano sul fresco sangue forestiero. All'interno del castello suonava un gruppo musicale e incomprensibilmente, invece che trovarci la protezione civile impegnata ad evacuare la zona altamente infestata, centinaia di cittadini stavano seduti ad ascoltare la musica come se il cataclisma non li riguardasse.

"Scappiamo" urlò Debora spingendo velocemente il passeggino con la bambina che veniva divorata da sciami di zanzare tigre. Sprovvisti di idonei strumenti per contrastare l'assalto, completamente disarmati ed estremamente in pericolo trovammo riparo nei sotterranei della vicina fermata della linea metropolitana Cairoli e successivamente nel treno che ci riportò a casa. Le punture erano tante, gonfie ed arrossate, soprattutto sul corpo della bambina. Trovai in un cassetto una crema after bite, lenitiva per punture di insetti, che le offrii con le più profonde scuse a nome mio e di tutta la comunità metropolitana, anch'essa vittima di fallimentari interventi di disinfestazione cittadina. Non rispose ma cominciò a preparare le valigie anticipandomi che l'indomani si sarebbe spostata altrove per continuare la vacanza in luoghi più ospitali ed in armonia col creato e che a Milano difficilmente in futuro ci sarebbe tornata.

Avrei voluto seguirla il giorno dopo, verso la località prescelta, dove l'azzurro mare si impegna a rianimare cuore e spirito di migliaia di cittadini intossicati da monossido di carbonio e polveri sottili. E spesso mi capita di riflettere sul perché mi costringo a rimanere in questa grande città quando potrei vivere lo stesso e forse meglio in una località più a misura d'uomo.

Milano è una città dove bisogna faticare già dal mattino presto per cercare di arrivare in orario sul posto di lavoro. Per non rimanere arrestato nel traffico o per non perdere la coincidenza dell'autobus o del treno. E' necessario essere lesti nelle ore di punta per guadagnare un posto sul tram o in metropolitana altrimenti si rimane in piedi per tutto il tragitto. Per evitare incidenti serve essere scaltri alla guida dei veicoli e rispettare il codice stradale cittadino che regola incroci e rotonde: chi prima arriva prima passa! Osservare bene la cartellonistica stradale perché in molte vie l'accesso è regolamentato per orari, alcune sono riservate ai tram al mattino ed i divieti spingono a cercare percorsi alternativi. Conoscere i siti controllati da autovelox per evitare tagli sanzionatori sullo stipendio mensile. Chi vuole parcheggiare, se trova spazio, deve sapere che si va per colori: bianco gratuito, giallo riservato a residenti, blu a pagamento.

Milano è una città che, se hai figli e non ti organizzi, ti farà arrivare tardi a scuola per prenderli all'uscita e dovrai rendere conto del ritardo alle maestre.

Milano è una città che ti fa lavorare, ma rivuole indietro il guadagno facendoti pagare l'acqua in bottiglia più che la benzina.

Milano è una città che ti tiene in coda: nel traffico urbano e sulle tangenziali, davanti ai tornelli delle metropolitane, ai banconi dei freschi ed alle casse dei supermercati, alle poste e nei pubblici uffici, nelle graduatorie per l'assegnazione di un alloggio popolare.

Milano è una città che continua ad accogliere turisti, vagabondi e migranti e per tanti rappresenta il paradiso terrestre mentre altri vanno ad incrementare il già cospicuo numero dei sepolti vivi.

Milano è una giungla. Sì, una giungla dove l'uomo cerca di resistere quotidianamente ed in questo suo resistere si sente vivo e trova godimento. Una giungla selvaggia dove è necessario lottare per sopravvivere e più la lotta per tirare avanti è dura, più energia positiva se ne ricava. Perché è l'istinto primordiale che ci spinge alla sopravvivenza e questa città ci stimola ad usarlo l'istinto e ci fa sentire uomini veri. Ecco perché è una città che non si può abbandonare.

 

Inserito il:23/06/2019 17:48:25
Ultimo aggiornamento:23/06/2019 22:32:50
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