Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Anselm Kiefer ((Donaueschingen, D, 1945) - La Mezzaluna fertile

 

Le civiltà d’Oriente - Storia dell’India -1

di Mauro Lanzi

                                    

  1. Morfologia ed origini

L’India è oggi il settimo Stato per estensione geografica al mondo (3 287 263 km²) e il secondo più popolato (dopo la Cina), con 1 335 250 000 abitanti (censimento 2017). La crescita demografica dell’India, occorre specificarlo, non è stata mai efficacemente frenata come in Cina, da politiche di controllo delle nascite, per cui è facile prevedere un sorpasso a breve.

L’India è bagnata dall'oceano Indiano a sud, dal mar Arabico a ovest e dal golfo del Bengala a est. Possiede una linea costiera che si snoda per 7.517 km.

Confina con Pakistan, Cina, Nepal e Bhutan, Bangladesh e Birmania.

 

           

Questa è l’India di oggi, ma la storia che ci accingiamo ad illustrare riguarda una zona molto più vasta della moderna India, in tutto quattro milioni e mezzo di kmq, oggi suddivisi tra diverse nazioni, cioè il subcontinente indiano, che è stato nei tempi culla della civiltà della valle dell'Indo, centro di importanti rotte commerciali storiche, sede di vasti imperi, identificato per gran parte della sua lunga storia  con il suo commercio e la sua ricchezza materiale e culturale.

Quattro grandi religioni del mondo (il sikhismo, l'induismo, il buddismo e il giainismo) sono nate qui e sono ancora vive e presenti, mentre lo zoroastrismo, l'ebraismo, il cristianesimo e l'islam, che devono proprio all’induismo alcuni dei loro connotati fondamentali, arrivarono qui in epoche successive, dando forma nella regione ad una grandissima diversità culturale; prevalente, accanto all’induismo, la presenza dell’islamismo, specialmente grazie al Sultanato di Delhi e l'impero Moghul.

Oggi l’immagine che abbiamo dell’India è quanto meno complessa e contradditoria; accanto a grandi eccellenze nel campo scientifico, anche alcuni premi Nobel, accanto ad aziende di primo piano che dominano la scena mondiale, accanto a vaste schiere di ingegneri e manager che si distinguono in tanti settori dell’industria e della finanza, occorre registrare che la maggioranza della popolazione vive in condizioni di grande arretratezza, per non parlare dell’estrema indigenza o delle condizioni di vero e proprio degrado che caratterizzano in particolare tante zone di grandi città; il contrasto tra il disagio di molti e l’opulenza di pochi è realmente stridente e turba l’osservatore esterno. Si aggiungano a ciò i ricorrenti contrasti religiosi, episodi di intolleranza e violenza, la condizione femminile spesso negletta, oltre ad un diffuso disprezzo per brevetti e norme internazionali per avere un quadro su cui è complessivamente difficile esprimere giudizi.

Non è questa la sede per condurre un’analisi socioeconomica o politico culturale della realtà indiana, l’obiettivo che ci proponiamo è un altro:  ripercorrere la storia di questo paese, mettere in luce i contributi che esso ha dato nel tempo anche alla nostra civiltà, rivivere soprattutto  i suoi momenti di grandezza; basti citare che, ai tempi dell’impero Moghul, l'India era divenuta l'economia più forte e produttiva del mondo, valendo un quarto (25%) del PIL mondiale, con un'entrata annuale dieci volte più grande di quella dello stato francese. Gradualmente annessa alla Compagnia britannica delle Indie orientali dai primi decenni del XVIII secolo, conobbe l’inizio del suo lento declino: colonizzata dal Regno Unito dalla metà del XIX secolo, l'India  fu per molti anni la perla dell’impero inglese; è diventata un moderno Stato nazionale nel 1947.

L’India, o meglio il subcontinente indiano, deve il suo nome al fiume Indo che nasce dai ghiacciai del Tibet, scorre per mille km verso nord est prima di piegare bruscamente verso sud, dove riceve le acque del fiume Kabul; oggi il corso del fiume si trova fuori del territorio indiano, ma è ad esso che la civiltà indiana deve le sue origini e gran parte del suo sviluppo (a sinistra il corso dell’Indo).

Da un punto di vista geografico, il subcontinente si può suddividere in tre grandi aree: la fascia montuosa settentrionale, le pianure alluvionali, nate dall’azione dei tre grandi fiumi, Indo, Gange e Brahmaputra, il massiccio peninsulare a sud, che, forse, originariamente faceva parte dell’Africa. Le tre aree, morfologicamente e climaticamente diverse, hanno dato origine nei secoli a differenti economie e civiltà, ma è proprio nelle fertili pianure alluvionali del nord che si sono verificati i primi insediamenti umani e si sono sviluppate le prime civiltà.

Le prime testimonianze di stanziamenti umani in India, risalgono a circa mezzo milione di anni fa. Tra l’8000 e il 6000 a.C. si evolve una cultura di tipo mesolitico, caratterizzata da un’industria litica più accurata e dalla comparsa della ceramica. Quasi insensibile è il trapasso nel Neolitico, che conosce forme primitive di agricoltura e allevamento, l’inumazione dei morti in giare, una pittura parietale con scene di caccia e danza, la diffusione dell’uso della ceramica. Mentre nel sud dell’India l’età della pietra è direttamente seguita da quella del ferro, nel nord-ovest si attesta un’età del Bronzo che ha la sua più compiuta espressione nella civiltà dell’Indo, fiorita tra il 2500 e il 1500 a.C. attorno alle città di Harappa, Mohenjo Daro e Chanhu Daro, le principali roccaforti della civiltà dravidica, come sarà chiamata in seguito dal nome etnico delle popolazioni, i Dravidi. Fu questa una civiltà urbana e commerciale assai evoluta, dotata di una lingua scritta e di una organizzazione politica ed amministrativa di notevole livello. Gli scavi di Harappa e di Mohenjo Daro, città gemelle, situate ad una distanza di 650 km l’una dall’altra, iniziati nel 1921 hanno portato alla luce una cultura urbana, sviluppatasi tra il 2500 ed il 1500 a.c., per nulla inferiore a quelle mesopotamiche, con le quali sembra intrattenesse anche intensi rapporti, fino dall’epoca dei sumeri; sono stati rinvenuti, nella zona di Lothal, relitti di imbarcazioni in legno, realizzate unendo assi forate con corde di iuta o di fibre di cocco; la struttura così ottenuta veniva impermeabilizzata ricoprendola con teli impregnati di bitume. Il naviglio realizzato con queste tecniche risultava essere particolarmente leggero e robusto, capace di costeggiare il golfo persico e superare lo stretto di Hormuz, fino a raggiungere i porti del Bahrein, anche con carichi di parecchie tonnellate di rame, materiale richiestissimo dai sumeri.

 Harappa disponeva di una cinta muraria di 5 Km e mezzo, con bastioni spessi alla base quasi dodici metri; la città ospitava più di 35000 persone alloggiate in quartieri decenti e ordinati anche per la classe operaia, era dotata di granai, magazzini ed un efficiente sistema fognario. Harappa, ad un certo punto, divenne capitale ovvero punto di riferimento economico e forse anche politico di un vasto territorio, in seguito definito come regno di Harappa (a sinistra).

Malgrado l’elevato livello civile e culturale raggiunto dagli abitanti di questa area, (“popolazioni dravidiche”), non c’è dubbio però che la storia dell’India abbia avuto inizio con l’invasione di altre popolazioni provenienti dal nord, assai più rozze e barbare, ma capaci di imporre con la forza il loro dominio, la loro lingua, la loro cultura, gli ARII. Questo non vuol dire che il retaggio della civiltà di Harappa sia scomparso; da un lato gli invasori acquisirono molti elementi della superiore cultura incontrata, dall’altro le genti dravidiche rifluirono verso il sud, dove seppero mantenere a lungo la propria identità, lingua ed anche indipendenza; la lingua “tamil” parlata oggi nel sud dell’India è di chiara origine dravidica.

                 2) Gli Arii

                 2.1) Premesse ed origini

Siamo giunti ad un punto su cui occorre fare chiarezza, viste le numerose mistificazioni di cui è stato fatto oggetto questo argomento; chi sono gli Arii (anche detti Ariani), da dove provengono, quali sono stati i loro rapporti con le civiltà occidentali?

 Dobbiamo allora fare un passo indietro e ripercorrere brevemente le vicende da cui ha avuto origine il nostro mondo o più in generale l’Eurasia: due sono stati i poli da cui è partita la nostra civiltà.

Il primo va sotto il nome di ”Mezzaluna fertile”, (Fertile Crescent), espressione coniata negli anni venti dall'archeologo James Henry Breasted dell'Università di Chicago. Questa regione, che deve il suo nome alla forma per essa immaginata, assunse una straordinaria importanza nella storia umana dal Neolitico all'Età del bronzo e del ferro; nelle valli fertili dei quattro grandi fiumi della regione (Nilo, Giordano, Tigri ed Eufrate)  si svilupparono le prime civiltà agricole e le prime grandi nazioni dell'Antichità. I Sumeri, in particolare, ritenuti i rappresentanti della prima civiltà stanziale della storia, fiorirono in Mesopotamia tremila e passa anni avanti Cristo; a loro si fanno risalire i primi sistemi di scrittura con caratteri cuneiformi, i primi sistemi di calcolo, i primi archivi amministrativi su tavolette di argilla, i primi esempi di organizzazione socio-politica complessa. 

Oggi la morfologia di queste zone è radicalmente cambiata, fondamentalmente per colpa dell’uomo, ma ai tempi diversi fattori fecero di questa regione il teatro ideale dell’evoluzione agricola. Il clima della Mezzaluna Fertile era di tipo mediterraneo (con estati lunghe e secche e inverni miti e umidi); tale clima favorisce lo sviluppo di piante annuali con grossi semi e fusto non legnoso come le diverse specie di cereali e anche di legumi selvatici. Si trovavano nella regione le varianti selvatiche di quelle che sarebbero diventate le otto coltivazioni fondamentali del Neolitico e delle epoche immediatamente successive: farro, frumento, orzo, lino, ceci, piselli, lenticchie e la Vicia ervilia, un legume simile alle lenticchie rosse. Inoltre erano presenti quattro delle cinque più importanti specie di animali da allevamento: mucche, capre, pecore e maiali; la quinta specie, il cavallo, non si trovava nella Mezzaluna ma fu importato più tardi dalle regioni limitrofe.

La fertilità della Mezzaluna è dipesa sempre dall'irrigazione; l'accesso alle acque fluviali è sempre stato storicamente un motivo di conflitto nella regione e in parte rimane tale anche in epoca contemporanea. La necessità di mantenere efficienti le strutture di irrigazione, di contrastare sia le esondazioni, sia un sempre attivo processo di salinazione del suolo, nonché l’esigenza di difendere queste risorse da minacce esterne, ha giustificato l’origine e l’esistenza di autocrazie religiose, capaci di coordinare gli sforzi e gli investimenti richiesti di apprestare le necessarie difese contro gli invasori.

Da questa regione hanno avuto origine le prime religioni, tra cui anche la nostra, la giudaico-cristiana; il “Paradiso terrestre” era in Mesopotamia, Abramo iniziò la sua migrazione verso la terra promessa dalla città di Ur.

Di segno opposto, ma non di minor peso, è il contributo che venne alla nostra civiltà dal nord, dalla culla dei popoli detti indoeuropei; qui, in una regione ancora non bene definita, un primo cacciatore catturò un tarpan, un cavallo selvatico ed anziché ucciderlo, lo addomesticò. Questo fu l’inizio di un processo evolutivo di fondamentale importanza, che cambiò anche la mentalità di quelle genti: i possessori di cavalli cominciarono a sentirsi padroni dello spazio, a vedere le distanze rimpicciolite, a considerare la lontananza come una sfida; il cavallo non solo migliorava la resa della caccia, consentendo di raggiungere più velocemente le prede, ma agevolava anche rapide scorrerie che in pochi giorni rendevano agli incursori più del lavoro di un intero anno; iniziò da qui lo sviluppo di una cultura guerriera e di modi di comportamento prevalentemente orientati al saccheggio, alla rapina, alla sottomissione di altri popoli come principale fonte di sostentamento.

Si venne così a formare un aggregato di popolazioni aventi lineamenti comuni, una cosiddetta proto-popolazione; la teoria dell'esistenza di una proto-popolazione non deriva dall’ipotesi di comuni strutture politiche, né dall’idea di una “razza” comune (la sola parola oggi suona blasfemia!),  nasce da studi linguistici e precisamente dalla linguistica comparativa, la quale ha mostrato come si possano identificare in popolazioni tra loro distanti, anche geograficamente, forti caratteristiche comuni, non solo nel lessico, ma anche nella morfologia linguistica, nella grammatica e addirittura nella cultura. Ci sono tra i ceppi etnici, che si suppone derivino da questa proto-popolazione, forti parentele linguistiche, testimoniate dai numerosi vocaboli aventi l'etimo in comune , che investono diverse aree d'interesse (la religione, le istituzioni, la famiglia, l'agricoltura, ecc.); esempi banali sono la parola indiana “raja”, chiaro corrispettivo del latino “rex”, oppure il fuoco, in sanscrito ”agni”, in latino “ignis”. Anche nell’ordinamento sociale esistono lineamenti comuni, ad esempio l'ideologia tripartita, ossia la suddivisione della società in tre funzioni specifiche (sacrale, guerriera, produttiva), che si ritrova, consapevolmente come tale, soltanto presso i popoli di stirpe indoeuropea, anche in epoche più recenti, basti pensare alla suddivisione medievale tra “oratores”, “mercatores” e “bellatores”. Sono quindi esistite una proto-cultura, una proto-popolazione e una proto-lingua.

Una delle questioni che più ha occupato gli studiosi è la determinazione del comune luogo di origine di queste etnie, quella che gli studiosi tedeschi, che più di altri si sono impegnati in queste ricerche, hanno chiamato “Urheimat”, patria originaria. In epoca nazista era divenuto articolo di fede ritenere che questa patria si identificasse con una zona a nord della Germania, compresa tra i paesi baltici, scandinavi, la Pomerania, parte della Russia: da qui le popolazioni rinominate indo-germaniche si sarebbero diffuse per il mondo, da lì deriverebbe quanto di più alto e nobile c’è stato nella storia, da Alessandro a Cesare, a Ciro il grande, a Platone e via dicendo.

Oggi a queste fole nessuno crede più: si sono dibattute diverse teorie, ma l'interpretazione maggiormente accettata dagli studiosi contemporanei, perché meglio fondata su un'attenta valutazione dei dati archeologici e su diversi studi scientifici, è la teoria “kurganica” sostenuta dalla studiosa lituana Maria Gimbutas che, vagliate con precisione testimonianze materiali di culture dell'est europeo, ha  identificato gli Indoeuropei con una cultura guerriera dell'età del rame (epoca: circa 4000 - 2000 a.C.), la cultura kurgan, così denominata a partire dalle grandi sepolture a tumulo (i kurgan appunto) che la caratterizzano.

In queste tombe venivano seppelliti i principi locali insieme alle loro mogli e concubine, agli schiavi ed a tutto il seguito, secondo un'usanza diffusa in molte civiltà antiche.

 

Dagli studi della Gimbutas emerge un quadro abbastanza semplice e lineare della comparsa degli Indoeuropei sulla scena della storia: migrando dalle loro regioni d'origine (Urheimat collocata tra il Volga e il Dnepr, secondo le tesi della Gimbutas), le popolazioni indoeuropee si sarebbero sovrapposte un po' ovunque (dall'Europa occidentale all'India) alle popolazioni neolitiche preindoeuropee, come élite guerriere tecnicamente più avanzate, imponendo alle popolazioni sottomesse la loro lingua, struttura sociale, usi e costumi, inclusa la rinuncia al matriarcato ed ai culti  della fertilità, per aderire al canone patriarcale indo europeo ed al culto degli dei solari.

Una delle questioni più dibattute riguarda il motivo di queste migrazioni, che cosa le ha innescate: si è parlato di variazioni climatiche, sovrappopolazione, epidemie o disastri naturali, ma forse, più semplicemente, si trattò dell’attrazione esercitata da terre più fertili e ricche. Sia come sia, tra il 2400 ed il 2300 a.c., la gente dei kurgan irrompe nella zona del Caucaso e si spinge verso il Mar Nero; qui si mescola con le popolazioni neolitiche esistenti, assimilando anche elementi delle loro culture, qui appaiono i primi monumenti indoeuropei.

Da qui, nel 2200 a.c. gli Ittiti indoeuropei partono per colonizzare l’Anatolia, dove, quattrocento anni più tardi costituiranno uno degli imperi più potenti ed evoluti dell’antichità, capace di confrontarsi alla pari con i Faraoni egizi: sembra, tra l’altro, che siano stati gli ittiti a sviluppare per primi la metallurgia del ferro. Un’altra direttrice migratoria dovette interessare la Grecia, gli eroi e gli dei omerici non hanno lineamenti mediterranei, basti pensare ad Atena, detta “glaucopis”. Infine, intorno al 1800 a. c., si sviluppa, per effetto di queste migrazioni, in una zona che avrebbe il suo epicentro nell’odierna Boemia, estendendosi a tutta la Germania centrale fino al Baltico, all’ Austria, alla Bassa Baviera, una delle più ricche culture della preistoria europea, la cultura di Unetice (luogo archeologico vicino Praga).

Da questo crogiolo originano le etnie principali della protostoria europea, dai veneti, agli italici, ai protogermani, ai celti; proprio questi ultimi assumono, più di altri, un ruolo dominante in tante regioni europee, anche se con nomi diversi; i Romani li chiamavano Galli, i Micenei Dori (furono loro a distruggere la civiltà miceneo-minoica), i greci di età ellenistica li chiamarono Galati. Guerrieri formidabili, eccellenti cavalieri, combattevano nudi in segno di disprezzo verso i nemici coperti da scudi e corazze, furono in grado di sottomettere e colonizzare mezza Europa (a destra la splendida scultura del “Galata morente).

 Altre genti kurganiche seguirono cammini diversi: sempre partendo dal Caucaso, Mar Nero puntarono verso sud, inizialmente in piccoli gruppi, che si infoltivano man mano che la conquista procedeva; avevano la meglio sulle popolazioni autoctone grazie alle loro armi ( il ferro sostituì presto il bronzo per l’influenza ittita), ma soprattutto grazie alle superiori tecniche di combattimento, che prevedevano l’impiego della cavalleria e dei carri da guerra; si evidenziarono soprattutto due gruppi, gli indo-iraniani e gli indo-arii, che inizialmente convissero in una certa armonia, poi si separarono. Gli indo-iranici si affacciano sulle    pianure della Persia dopo l’anno 1000 a.c. Gli indo-iraniani sono gli antenati di Medi e Persiani, di Ciro il Grande e di Serse, fino agli odierni ayatollah: Iran significa terra degli ariani. Gli indo-arii invasero il subcontinente indiano a partire dal 1500 a.c., vivendo vicende diverse, ma non meno gloriose e significative.

(Continua)

       

Inserito il:24/03/2021 18:22:55
Ultimo aggiornamento:03/04/2021 20:50:31
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