Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Uccello ferito - Tratto dal libro Juan Darién di Horacio Quiroga

 

La Cura di Bartolomeo e Letizia!

di Giorgio Cortese

 

Tanto tempo fa, intorno al 1300, viveva in un villaggio, ai margini dei grandi boschi che si estendevano nel territorio del Canavese, un ragazzo con la sua anziana mamma.

In quel tempo le contrade erano percorse da mercenari che depredavano, e da bande di briganti che portavano via quello che i soldati avevano lasciato.

Prima di una di queste violente razzie il ragazzo e la mamma scapparono nel bosco, vagando tra paludi, fitte boscaglie e foreste di rovi.

Dopo aver vagato giorni e giorni, trovarono all’interno del bosco una misera casupola abitata da uno strano eremita, che prima li scacciò dalla sua casa; poi, viste le miserevoli condizioni del ragazzo e l’anziana donna allo stremo, li accolse nella sua umile casa offrendo loro un poco di minestra di miglio ed una pera.

Il ragazzo protagonista della storia, Bartolomeo, notò che nella casa dell’eremita, composta da una unica misera stanza, esistevano diversi fogli di carta con strani segni. Dovete sapere, però, che Bartolomeo era analfabeta, come la maggior parte degli abitanti di quei tempi.

Dopo alcuni giorni l’eremita entrò in confidenza col ragazzo e gli raccontò che era un chierico e che, durante un viaggio dalla Francia verso un convento in Lombardia, era stato aggredito con gli altri frati da alcuni briganti e allora essi si erano rifugiati nella foresta.

Non si era più mosso per assistere i suoi confratelli, ma dopo poco tempo, gli altri frati erano morti per le ferite riportate dall’aggressione, e lui da solo non sapeva dove andare, per cui aveva preferito rimanere al sicuro in quella fitta foresta, popolata da lupi, linci e volpi, ma al sicuro dai briganti che non vi si avventuravano ritendendola disabitata.

L’anziano chierico che si chiamava Ambrogio, insegnò a Bartolomeo a leggere e a scrivere. Passarono gli anni; la madre anziana di nome Giovanna era mancata da tempo e una mattina anche l’anziano Ambrogio nel freddo inverno morì. Rimasto solo il giovane partì da quella vecchia capanna nel folto del bosco, che era stato suo rifugio sicuro e, con un fagotto che comprendeva i suoi amati libri, dono di Ambrogio, si allontanò per sempre da quei luoghi.

Vagolando nel fitto bosco tra antichi alberi, gli sembrava di bighellonare per valli di nebbia, mentre i rigagnoli d’acqua assomigliavano a fiumi tenebrosi e il folto bosco opprimente, con il suo cupo colore, incuteva sempre più terrore, poiché anche la luce del sole faticava a passare tra i rami. Per non parlare della notte, quando gli alti alberi secolari spegnevano anche la luce delle stelle.

Vagando per giorni e giorni arrivò in riva a un piccolo lago dove vide una cornacchia ferita da cacciatori con la freccia in un’ala. Preso da compassione tolse all’animale la freccia ed ecco apparire una bellissima fanciulla che gli sorrise dicendo di chiamarsi Letizia.

Purtroppo, era a causa della cattiveria di una vecchia strega chiamata Musona, scontrosa, schiva e taciturna, e soprattutto gelosa della gioia e allegria della bella fanciulla, per cui l’aveva trasformata in una gracchiante cornacchia, e il maleficio poteva essere rotto solo dalla bontà di un ragazzo puro di cuore.

Letizia disse a Bartolomeo che, se voleva, poteva andare nella sua casa, che si trovava in un villaggio a qualche giorno di cammino. Gli raccontò altresì che all’inizio, quando era stata trasformata in cornacchia, era rimasta nel suo villaggio, ma nei suoi confronti gli abitanti erano divenuti aspri, intolleranti e gelosi gli uni degli altri a causa di una fiammata di peste, e la prendevano prima a sassate e alla fine con le frecce ferendola gravemente, e lei, volando, era riuscita a scappare nel bosco.

(Ci sono tre parole per descrivere la portata di un contagio. Si parla di fiammata, per descrivere l’improvvisa comparsa di qualche caso; si parla di epidemia quando il contagio interessa una regione o qualche paese, e si parla di pandemia quando il contagio si diffonde in un intero continente o anche più (N.d.r.).

Letizia e Bartolomeo arrivano nel villaggio in cui molte persone erano ammalate, mentre i sani, che avevano paura che gli infettati li contagiassero, li lasciavano morire senza cibo, mentre tra di loro si sospettavano a vicenda accusandosi di essere untori: il clima era di isteria collettiva e i vari dottori davano ognuno la loro ricetta, contraddicendosi a vicenda.

C’era chi raccomandava salassi, chi impacchi di aceto, chi intrugli di muschio e acqua calda, mentre altri davano la colpa alle stelle e al sole; e la confusione che regnava sovrana continuava a inasprire i rapporti sociali.

Arrivati al villaggio, Letizia, riconosciuta come la ragazza tramutata in cornacchia, viene presa a pietre dai suoi concittadini, che l’accusano di stregoneria. I due giovani, perciò, si rifugiano nella casa di un appestato, moribondo più dalla fame che dalla malattia.

Bartolomeo mette a frutto la sapienza che gli aveva trasmesso il vecchio chierico Ambrogio e, con l’aiuto dei suoi libri, vaga nel bosco cercando erbe per preparare una medicina. Con questa il malato, guarito dalla peste, si salva, e la notizia si sparge velocemente nel villaggio, per cui alcuni vengono a chiedere l’aiuto del nuovo arrivato, ma gli altri, quelli che lo vogliono cacciare, dicono che non si fidano perché non sanno quali erbe ha usato e in quali proporzioni.

Bartolomeo, come fosse un novello Ambrogio, scrive su un foglio cosa ha usato, ma loro ignorando la scrittura dicono che le sue scritte sono opera del diavolo.

Alcuni abitanti che lo osteggiano e criticano i suoi rimedi, perché non sanno in cosa consistano, gli vanno comunque a chiedere aiuto, quando qualcuno dei loro famigliari si ammala, e i due giovani aiutano tutti, proprio tutti, e li guariscono.

Il novello Ambrogio e Letizia si sposano e lui diviene il medico del villaggio, mentre la sua deliziosa assistente, dopo aver imparato a leggere e scrivere, diviene la maestra del villaggio, conscia che la cultura sconfigge l’ignoranza e le false teorie.

Nella vita di ogni giorno siamo sempre colpevoli di tutto il bene che non abbiamo fatto. perché questo fare del bene e aiutare i nostri simili è la vera felicità di cui il cuore umano può godere. Bartolomeo soleva dire ai suoi concittadini che il profumo dei fiori si diffonde solo nella direzione del vento, ma la bontà degli esseri umani si diffonde in tutte le direzioni.


Personaggi principali

Bartolomeo.  Nell’origine ebraica significa: “figlio della terra arata”.

Ambrogio. Nome di origine greca, che significa: “immortale”.

Giovanna. Di origine ebraica, questo nome vuol dire “dono” o “grazia di Dio”, ma anche “Dio ha esaudito, il Signore è misericordioso”.

Letizia. Il significato è facilmente intuibile: come l'aggettivo latino da cui il nome deriva, vuol dire “felicità, gioia, allegria”. Letizia, nella mitologia romana, era la dea dell'abbondanza e della fertilità, ma anche della gioia. La parola Lettice era molto utilizzata in epoca medievale in Inghilterra; il nome poi divenne Laetitia nel diciottesimo secolo diffondendosi in tutta Europa.

Musona. Scontrosa, taciturna

Cura. Il termine deriva dal latino cura. L’ho usato nel titolo per il suo significato ambivalente. Sappiamo che la lingua cambia, e al galoppo. “Cura” no. È un lemma eccezionalmente resistente, parola usata da migliaia di anni e vuole dire sia avere riguardo, interessamento, ma anche affanno e preoccupazione. Il suo significato è dare attenzione, aprirsi agli altri e non lasciare che il cuore si chiuda per la pandemia. Come esseri umani abbiamo animi complessi come i nostri antenati più di duemila anni fa, ma ci lasciamo sempre coinvolgere da fare del bene. Un coinvolgimento autentico sugli affanni dei nostri simili, serve ad aiutare e a dimostrare che non stiamo mai indifferenti.

 

Inserito il:15/12/2021 12:17:29
Ultimo aggiornamento:15/12/2021 12:28:26
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