Aggiornato al 27/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

James Edwin McConnell (Bedlington, Northumberland, UK, 1903 – 1995) – Three Wise Men (1964)

 

Luce di Natale per l’ebreo, il cristiano e nell’antico oriente

di Vincenzo Rampolla

 

Il giudeo non conosce il Natale. Per lui non esiste la commemorazione di una nascita. Quella nascita non c’è. Ci sarà. Nella religione ebraica il Messia è atteso, si crede che nella storia dell'umanità comparirà un inviato da Dio per redimere il mondo e renderlo migliore.

Sarà un discendente della stirpe di Re Davide, governerà e unirà il popolo di Israele e lo condurrà versol'Era Messianica di pace globale e universale.

A differenza di quello cristiano, il Messia ebraico non è di natura divina e non corrisponde alla figura di Gesù di Nazareth.

Accade che l’Avvento cristiano si sovrapponga alla Chanukkà, festività ebraica che inizia nello stesso giorno della Natività, dando l’idea che ebrei e cristiani celebrino insieme il Natale, con un medesimo Messia per entrambi.

All'epoca di Mosè, terminato il Tabernacolo del primo Tempio, il Signore stabilì che fosse inaugurato il primo del mese di Nissan (marzo-aprile), data della nascita di Isacco ma poi, venne inaugurato il 25 di Kislev (dicembre) e al ritorno da Babilonia e le fondamenta del secondo Tempio vennero poste il 24 Kislev ed il 25 fu consacrato. Chanukkah significa consacrazione - inaugurazione, perché il 25 di Kislev del 165 a.C. venne anche inaugurato il nuovo altare nel Tempio, dopo la liberazione della Giudea dall'occupazione del re Antioco IV Epifane. Parte del Tempio era stata profanata e utilizzata per le cerimonie assiro-elleniche organizzate dal re che introdusse una statua di Giove e vi costruì un nuovo altare.

La trasgressione dei precetti, le profanazioni e l’ellenizzazione della cultura portò alla resistenza e alla difesa di una parte della popolazione ebraica guidata dai sacerdoti asmonei.

Uno di loro guidò con i cinque figli la ribellione contro Antioco e i suoi soldati. Giuda, uno dei figli, noto come Giuda Maccabeo (in ebraico Giuda il martello), liberò il Tempio dagli idoli, lo riconsacrò e fu costruito un nuovo altare.

Secondo il Talmud dopo la riconquista del Tempio, la menorah (candelabro a 9 bracci, oggi a 7) era illuminata in permanenza con olio di oliva puro (da cui l’usanza nella chiesa cristiana di avere all’altare una luce continua) ma si trovò olio per un solo giorno.

I sacerdoti prepararono comunque una menorah di ferro e stagno e accesero i lumi per la consacrazione. Quel poco olio durò per otto giorni, inspiegabilmente.

Oggi si crea ogni giorno una nuova Luce, con una nuova candela accesa al fuoco di quella centrale e partendo da destra, mentre le candele sono inserite partendo da sinistra.

Con la popolarità del Natale come maggiore festività del mondo occidentale e l'istituzione delle accensioni pubbliche della Chanukkà, questa ha iniziato a raffigurare sia una festività sociale, simbolo della capacità di ogni ebreo di volere testimoniare la Luce, celebrazione che segna il dominio della Luce sull'oscurità, con un significato particolare perché cade al solstizio d’inverno e nel periodo dell'anno in cui la luce del giorno è più breve.

Oggi, durante le otto sere di Chanukkà, presso le comunità ebraiche il movimento Chabad ha diffuso la celebrazione con l'accensione delle candele in pubblico.

Il presidente della comunità o il rabbino capo tengono un breve discorso, recitano la benedizione delle candele e inaugurano la festa.

I presenti intonano inni ed eseguono danze ebraiche. Tipico della festa è il sufganiyah, dolce fritto nell'olio di oliva, per ricordare l'olio consacrato che tenne in vita la Luce del Tempio.

Dalla lettura delle preghiere ebraiche previste dal rituale, emerge la sacralità assegnata alla Luce per il mantenimento della vita dell’individuo:

Benedetto sii Tu, Signore Dio nostro, Re dell'Universo che ci hai santificato con i Tuoi precetti e ci hai comandato di accendere i lumi di Chanukkà.

Benedetto sii Tu, Signore Dio nostro, Re dell'Universo, che ci hai tenuto in vita e ci hai preservato e ci hai permesso di raggiungere questo momento.

Per studiare la Luce di Natale, si può dividere il tema in tre momenti che si manifestano in periodi temporali distinti, ognuno analizzato separatamente e da ricomporre alla fine:

  • La rivelazione della Luce, quella prima del viaggio dei Re Magi,
  • La prima apparizione della Luce, quella durante il viaggio dei Re Magi,
  • La Luce alla nascita di Gesù, quella nella grotta di Betlemme.

I tre momenti sono definiti e documentabili a partire dai testi disponibili: Avesta di Zaratustra, letteratura caldaica e anatolica, documenti in sanscrito e persiano, i Vangeli di Luca e Matteo, il Vangelo apocrifo di Giacomo, il Vangelo armeno dell’infanzia, il Vangelo di Nicodemo e la Genesi mazdeica, sufficienti per costruire ipotesi semplici e convincenti.

La loro visione d’insieme può trascendere la Natività stessa e convergere su un fenomeno generale, l’anelito verso un mondo di pace e di armonia, portato da un’energia luminosa, Luce-guida redentrice dell’umanità dell’inizio del primo millennio.

Si dà credito a questi testi, minando altrimenti l’impianto della riflessione e rinnegando al contempo le tradizioni letterarie d’Oriente.

Il punto di partenza è il 25 dicembre. Astronomi, storici, matematici e teologi dibattono tuttora sul giorno 25 come unica, autentica data della Natività.

Nell’anno 533 d.C., a Roma, il monaco Dionigi il Piccolo riceve dall’imperatore Giustiniano l’incarico di fissare la data della Nuova Era determinata dalla nascita di Gesù.

I suoi calcoli danno il 25 dicembre tralasciando l’anno zero e i 4 anni in cui l’imperatore Augusto aveva regnato sotto il suo vero nome Ottaviano.

Nel 534 d.C. il 25 dicembre è menzionato per la prima volta e riconosciuto come festa legale: inizio del solstizio d’inverno, coincidente con la data imposta da Costantino nel 321 d.C. Sostituisce il Dies Natalis Solis Invicti (Giorno della nascita del Sole Eterno - culto pagano venerato da Costantino prima di convertirsi) e chiude i Saturnali, settimana di sfrenate gozzoviglie del popolo e di libertà dalle persecuzioni dei cristiani.

Nel Vangelo di Matteo si legge che nel 40 a.C. Roma assegnò il regno a Erode e cessò alla sua morte il 4 a.C., dunque Gesù nacque prima del 4 a.C., data delle rilevazioni astronomiche e dello studio di apparizioni di una Luce in cielo. Due sole volte si è parlato prima di una nuova stella, nel 134 e nel 173 a.C., ma mai in prossimità dell’anno zero.

Il 17 dicembre 1603, Giovanni Keplero, matematico e astronomo di corte a Praga, osserva al telescopio la terza congiunzione di Saturno, Giove e Mercurio nella costellazione dei Pesci, dopo misure effettuate a maggio e ottobre. I tre pianeti sono alla stessa longitudine tanto da apparire come un’unica stella più grande di luminosità straordinaria e persistente a lungo in cielo (45 giorni). Lo scienziato è determinato. Ripete tre volte le misurazioni e fa i calcoli a ritroso per conoscere il giorno, il mese e l’anno di quella congiunzione al tempo della Natività. Vuole verificare l’esattezza della data di quell’evento e ottiene l’anno 6 a.C. quindi con il concepimento di Maria intorno al 7 a.C.

Nel 1925 lo scienziato tedesco Schnabel decifra alcune tavolette babilonesi dell’antica scuola di astrologia di Babilonia (dopo il ritrovamento a Ninive nel 1853, di 20.000 tavolette in scrittura cuneiforme) e scopre una rilevazione di congiunzione tra Saturno e Giove con una durata di 5 mesi. Riferita al nostro tempo corrisponde all’anno 7 a.C. Schnabel immagina allora di fare parte della carovana dei Magi e calcola che essi hanno potuto vedere l’apparizione di una Luce di grande intensità alla prima congiunzione dei pianeti, il 29 maggio dell’anno 7 a.C. Calcola poi la data della seconda congiunzione al 3 ottobre. Se a questa data i Magi sono partiti dall’Oriente, impiegheranno non meno di 45 giorni di viaggio per giungere in Palestina e arriveranno a Gerusalemme tra fine novembre e inizio dicembre.

Secondo il Vangelo di Matteo Erode chiama i Magi. Vuole sapere. Quando nascerà il Cristo? La terza congiunzione è datata al 4 dicembre e i Magi sono davanti a Erode. Li interroga. La Luce in cielo sarà alla massima intensità di lì a 20 giorni, la notte del 24 dicembre.

Molte le testimonianze sulla Luce nell’antico Oriente.

Nell’Avesta, raccolta di testi sacri della religione mazdeista dell'antico Iran, si narra che alla fine dei dodici millenni con i quali si esaurirà l’attuale ciclo, una fanciulla, l’Alta, la Sovrana, l’Immacolata penetrerà nelle acque del mistico Lago delle Vittorie, da cui emerse il Monte delle Vittorie o Montagna delle Aurore. La luce di gloria si farà immanente al suo corpo e lei concepirà colui che deve domare tutti i malefici dei demoni e degli uomini.

In un altro testo iranico si legge che la Montagna delle Aurore è illuminata per prima dai raggi dell’Aurora che fa brillare anche l’intelligenza, perché aurora e intelligenza sono una cosa sola. Su questa Montagna si legge che i Magi avranno la rivelazione del Salvatore.

Nella religione mitraica, religione di derivazione iranica ma con elementi anatolici caldaici Mitra, figlio del Sole e Sole egli stesso, Luce infinita, era considerato il futuro restauratore del Cosmo, nella pace e nell’armonia.

La presenza di un Salvatore, per un mondo diverso e migliore, si diffonde tra il II secolo a.C. e il III secolo d.C. in gran parte dell’Europa e dell’Asia, estendendosi fino al Giappone.

La Luce e il Fuoco sono due simboli presenti in tutta l’area indo-iraniana. Da questa proviene Gasparre uno dei tre Magi, il cui nome originario è legato al Farr, principio astratto universale, la forza di natura ignea che regge l’Universo.

Marco Polo riferisce nel suo Milione la leggenda che identifica il Cristo con il Fuoco e la sua luminosità. Dopo l’adorazione, i Magi gli offrono i loro doni e da Lui avrebbero ricevuto una scatola chiusa. Incuriositi l’aprirono durante il ritorno e vi trovarono una pietra, la gettarono in un pozzo e nel pozzo calò un Fuoco dal cielo. Era un segno. Presero parti di quel Fuoco, lo riportarono nel loro Paese e costruirono un Tempio, dove il Fuoco-Luce arde perennemente, adorato come un Dio.

Nell’Avesta il Cielo è indicato con la parola asmǎn, pietra e quel Fuoco è una rivelazione ignea, che emette Luce come una stella, la stella di Dio. La pietra donata ai Magi da Gesù è un pezzo di Cielo, ierofania che giustifica il culto del Fuoco-Stella-Luce Divina.

Nel Vangelo di Matteo si parla analogamente di una stella, manifestazione divina, principio luminoso, lumen da cui si originano illuminazione, illuminato, come ogni manifestazione del sacro, descritta dalla Luce.

L’iconografia cristiana si è fortemente ispirata a tale principio, raffigurando il Cristo con il cuore sorgente di raggi di Luce.

Nel Vangelo di Giacomo, la nascita di Gesù avviene nella grotta avvolta da una grande Luce, tanto che i nostri occhi non la potevano sopportare.

Nel Vangelo siriaco dell’Infanzia la grotta è avvolta da Luci più splendenti del chiarore solare.

Nel Vangelo armeno dell’Infanzia si narra che una nube, levandosi dalla grotta saliva verso il cielo, mentre dall’altra parte una Luce scintillante si era posata davanti alla mangiatoia del bestiame.

Nei testi di Zoroastro, ancora, si parla del Signore-Sapienza, avvolto da una Luce di Gloria, pura luminescenza, sostanza interamente luminosa che costituisce le creature del Signore alla loro origine, buone, numerose, belle, risplendenti, piene di vita. Assicurano agli esseri di Luce la vittoria sulla corruzione e sulla morte introdotta nella creazione dalla Potenze demoniache delle tenebre. L’iconografia ha raffigurato l’energia di Luce sacrale con l’aura gloriae, aureola dei re e dei sacerdoti del mazdeismo, più tardi presa in prestito per le figure celesti dell’arte cristiana, a sua volta trasmessa dal disco d’oro o di metallo dorato, di pietra o di legno dorati posto sotto la nuca della mummia del Faraone egizio, disteso nel sarcofago della Camera del Re, al termine della cerimonia di rinascita, pronto per iniziare il suo viaggio astrale verso Sirio.

Nella Genesi mazdeista, infine, la Luce di Gloria è l’Anima, attraverso cui percepisce il Mondo di Luce che le è omogeneo. Opera inizialmente e direttamente la trasmutazione dei dati fisici: l’Anima proietta negli esseri e nelle cose un’energia sacra, portandoli all’incandescenza di quel Fuoco con cui l’Anima ha acceso la Creazione.

 

(La Luce continua nel prossimo articolo La Luce per gli antichi egizi)

 

Inserito il:12/12/2018 23:26:51
Ultimo aggiornamento:18/12/2018 17:06:16
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