Bohdan Tymo (from Ukraine) - Khmelnitsky nuclear power plant
I referendum antinucleare in Italia
Atomi di storia guarniti di verità e vigliaccate
di Vincenzo Rampolla
In Italia, si è avuto un forte impulso per il nucleare nei primi anni ’70, dovuto all’impennarsi dei prezzi di importazione dei prodotti petroliferi, con l’esplosione della questione arabo-israeliana. Per effetto della crisi di Suez del 1973, si è corsi ai ripari approvando ad agosto 1975 la legge di localizzazione di 4 nuovi siti e mettendo in piedi a dicembre il primo PEN-1975 (Piano Energetico Nazionale decennale) approvato dal CIPE (Comitato Interministeriale Programmazione Economica). Nel Paese si contavano già 4 centrali elettronucleari: la centrale di Latina, 210 MWe con reattore Magnox, attiva dal 1964; la centrale casertana del Garigliano a Sessa Aurunca (CE), 160 MWe reattore nucleare ad acqua bollente (BWR), attiva dal 1964, unica fermata per manutenzione nel 1978 e disattivata nel 1982 (prima del referendum); la centrale Enrico Fermi di Trino (VC), da 270 MWe con reattore nucleare ad acqua pressurizzata (PWR), attiva dal 1965; ultima, la centrale di Caorso (PC), da 860 MWe con reattore BWR, la prima ad essere di 2ª generazione e concezione americana, in servizio da dicembre 1981. Un ambizioso piano di nuove installazioni aveva pianificato nel 1982 il nuovo sito di centrale nucleare a Montalto di Castro (VT).
A segnare l’inizio del declino del nucleare in Italia furono due gravi eventi. Il 28 marzo 1979 avvenne il primo incidente di Three Miles Island (Pennsylvania) con la fusione parziale del nocciolo dell’omonima centrale. Non ci furono vittime né feriti, ma leggere quantità di gas radioattivo si dispersero nell’ambiente. In molte Nazioni del mondo fu la peggiore pubblicità per il nucleare. In Italia, la popolazione locale già stava protestando contro la costruzione della centrale di Montalto, e appena due mesi dopo l’incidente, le proteste sfociarono in una manifestazione a Roma, cui presero parte almeno 20.000 persone. Il numero di iniziative antinucleari si ingigantì. Nel 1980, Maurizio Sacchi del PSI e Chicco Testa diedero vita alla Lega per l’Ambiente, divenuta poi Legambiente. Il movimento fece dell’antinucleare uno dei punti forti della sua battaglia e l’incidente influì pesantemente sulla decisione di non riattivare la centrale di Garigliano e di posticipare l’inizio dell’esercizio commerciale per quella di Caorso.
Sul nucleare iniziò a soffiare un vento avverso.
Malgrado questi problemi, 10 anni dopo, il PEN-1985 con il Progetto Unificato Nazionale (PUN) confermò la volontà di potenziare l’energia nucleare con un totale di 12 GW, realizzando altre 8 unità nucleari entro il 2000 sui 4 nuovi siti previsti dal PEN-1975. Il progetto fissava le regole per un’azione coordinata degli operatori nazionali Ente Nazionale per l’Energia Elettrica (ENEL), Ente per le Nuove Tecnologie, Energia e Ambiente (ENEA), ANSALDO e Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (ANPA) e faceva tesoro dell’esperienza accumulata nelle installazioni in Italia e all’Estero. Massima priorità: ampliare il mix energetico nazionale e ridurre la dipendenza dal petrolio importato. In questo clima di ottimismo, si infiltrano nuovi problemi.
Il 26 aprile 1986 si verifica un secondo evento disastroso a Chernobyl, con devastante effetto negativo sull’immagine e sul consenso verso il nucleare. A maggio 200.000 persone si radunano a Roma per manifestare contro il nucleare. Il partito Radicale promuove i referendum e in meno di 4 mesi raccoglie un milione di firme. A novembre dello stesso anno i movimenti ambientalisti danno vita al nuovo soggetto politico della Federazione delle liste Verdi.
Per arrivare alla genesi dei referendum, si deve partire dal peso dominante degli eventi politici. Nel 1986 all’interno del Pentapartito sta covando una crisi di governo. Le divergenze tra la DC guidata da Ciriaco De Mita e il PSI di Bettino Craxi culminano il 28 febbraio 1987 con le dimissioni di Craxi da Capo del Governo. Gli antinuclearisti temono un intervento legislativo che blocchi definitivamente il referendum e ne chiedono l’attuazione prima delle elezioni anticipate. La data viene comunque fissata a novembre, mentre le elezioni si tengono a giugno. La DC la spunta e mantiene la maggioranza, con Goria che si insedia al Governo. 5 sono i quesiti del referendum abrogativo, ma in nessuno è chiaramente precisato che l’oggetto è la fine del nucleare in Italia.
I quesiti 1 e 2 riguardano la Magistratura. Il quesito 3 riguarda l’abrogazione della facoltà del CIPE di deliberare sulla localizzazione delle centrali, qualora gli Enti locali interessati non raggiungano un accordo; vince il sì con l’80,57%. Il quesito 4 chiede l’abrogazione dei contributi agli Enti locali destinati a ospitare sul proprio territorio centrali nucleari o a carbone; anche qui vince il sì, con 79,71%. Il quesito 5 riguarda l’esclusione dell’ENEL, all’epoca Ente Pubblico, dalla partecipazione alla costruzione di centrali nucleari all’estero. L’8 e il 9 novembre 1987 il popolo italiano si reca alle urne, trionfa il sì, con 71,86%. Verdetto mai così schiacciante.
Sul nucleare italiano cala pesantemente il sipario.
Diversi i fattori che portarono alla vittoria del sì: il sentimento popolare antinucleare alimentato dalla paura dopo l’incidente di Chernobyl, il timore di un calo di consensi per DC e PSI che insieme al PCI si erano accordati per il sì e il piacere dei Verdi saliti alla ribalta e al potere; si diedero alla pazza gioia per avere fatto spegnere gli interruttori delle centrali, sebbene non fosse assolutamente previsto né richiesto dal referendum e tra il 1987 e il 1990 le centrali attive furono definitivamente fermate. Nel 1999 Enel costituisce la Società pubblica Gestione Impianti Nucleari (SOGIN) che rileva la proprietà delle ex-centrali e diviene responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi. Ancora oggi ogni italiano paga un sovrapprezzo in bolletta elettrica per lo smaltimento delle scorie. La mala gestione SOGIN è ben descritta nell’articolo Il nucleare green. Che è? Magia o buco nero del terzo millennio. 5.11.2021.
I lavori avviati per la centrale elettronucleare di Montalto, costituita da 2 reattori di 982 MW ciascuno, a uranio leggermente arricchito e raffreddati ad acqua bollente, sono poi riconvertiti per la realizzazione nel 1989 della nuova centrale Alessandro Volta (Enel), sfruttando parte del sito e le prese per l'acqua a mare già realizzate. La produzione di energia elettrica inizia dal 1992. L'impianto è composto di quattro sezioni a vapore da 660MW alimentate a olio combustibile e a metano e con 8 turbogas da 120-125MW Nuovo Pignone (125MW) e Fiat (120MW). È la centrale termoelettrica più potente in Italia ma è poco utilizzata, al 33% (circa 3.000 ore/anno su un massimo teorico di 8.760), causa gli elevati costi del combustibile. Nel 2009 la centrale ha emesso 1M ton di CO₂ compensati con l'acquisto di 1M circa di CER (Certified Emission Reductions - crediti di emissione del Meccanismo di Sviluppo Pulito). Per ottenere i CER necessari Enel investe in un progetto in Cina che prevede la distruzione di tonnellate di trifluorometano (potente gas serra). In pratica rimuovendo gas serra in Cina, è entrata in possesso di CER che hanno permesso di emettere un equivalente quantitativo di in Italia. Sì, rimozione in Cina, ma CO₂ nei bronchi degli italiani.
Negli ultimi anni la centrale ha registrato una drastica riduzione della produzione, operando sempre più raramente e per periodi brevi. È prevista la sua dismissione. È stata oggetto di trattativa, non andata in porto, per la vendita e conversione in Data Center. Nel 2009 accanto alla centrale è stato installato un campo fotovoltaico su una superficie di 12 ha con circa 35.000 moduli per una produzione stabilizzata a 8,5-9 GWh/anno. Le news di agosto 2018 hanno parlato di una gara conclusa con Enel che trasformerà il sito in culla del primo distretto nautico del viterbese, con tanto di porticciolo turistico da ricavare nel canale di presa a mare dell’ex impianto nucleare. Attorno al porto si svilupperebbe un polo turistico, aperto tutto l’anno, con attività commerciali, un centro wellness e uno sportivo con campi da tennis, da golf e alberghi. In tempi meno remoti, il 18 febbraio 2019 si apprende che, sempre sotto l’egida di Enel Future-T e in collaborazione con il NY Institute of Technology si è proposto di trasformare spazi e strutture in una centralità urbana innovativa, con investimenti per €100-200M, ritorno per il Paese stimato a 2.5Mld. Sono passati 3 anni…
E i referendum? A febbraio 2007, un gruppo di 67 senatori della Repubblica italiana, animati da un legittimo e solerte istinto di gestire oculatamente il PEN (Piano Energetico Nazionale), ha trasmesso un Comunicato alla Presidenza per un Disegno di legge finalizzato a:
- definire e rendere esecutiva una strategia di incremento della produzione energetica nazionale con il ricorso all’energia nucleare, che assicuri una disponibilità di energia, per quantità e prezzo, adeguata a garantire un miglior sviluppo economico del Paese, tuteli la vita, la salute e la sicurezza della comunità nel rispetto dell’ambiente e in ossequio ai parametri stabiliti nel Protocollo di Kyoto (11.12.1997 - Convenzione quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici);
- informare adeguatamente, sin dalla scuola primaria, i cittadini in merito ai vantaggi e agli svantaggi dell’opzione nucleare;
- attivare presso gli Istituti Universitari italiani corsi che assicurino adeguata preparazione e specializzazione in ingegneria, fisica, biologia e chimica per quanto attiene l’energia nucleare.
Del Comunicato non si sa nulla, nonostante attive ricerche presso gli archivi del Senato della Repubblica… Si può accedere alla consultazione solo se muniti di autorizzazione preventivamente concessa dal Responsabile dell'Archivio storico, su delega del Segretario generale… Il modulo di domanda può essere scaricato qui e va restituito, debitamente compilato, per fax o per posta ai recapiti indicati. Si ricorda l'obbligo per gli uomini di indossare la giacca e la cravatta.
Nuovo referendum all’alba del 12-13 giugno 2011, sotto il Governo Berlusconi. In esso il 3° quesito propone l'abrogazione delle nuove norme che consentono, sia pure all'esito di ulteriori evidenze scientifiche sui profili relativi alla sicurezza nucleare e tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore, di adottare una strategia energetica nazionale che non escluda espressamente la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare. L'intento del governo è di chiedere una moratoria, per non permettere lo svolgimento del referendum sul nucleare, influenzato dai gravi disastri in Giappone di 3 mesi prima, l’11 marzo, in particolare alla centrale nucleare di Fukushima: Se fossimo andati oggi a quel referendum, il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile per molti anni a venire. Abbiamo introdotto questa moratoria responsabilmente, per far sì che dopo un anno o due si possa tornare a discuterne con un'opinione pubblica consapevole. Siamo convinti che il nucleare sia un destino ineluttabile. Difficile capire da che parte stesse il Cavaliere.
Il 1º giugno 2011 l'Ufficio Centrale per il referendum costituito presso la Cassazione stabilisce che, pur alla luce dell'emendamento presentato dal Governo, il referendum sul nucleare deve essere comunque svolto e rispettare il testo normativo risultante dalla modifica operata dal decreto omnibus. Risultato del voto: nuovo trionfo dell’abrogazione delle norme che consentono il nucleare. Chiusa definitivamente in Italia la porta al nucleare, in barba ai 6 premi Nobel italiani per la fisica, di cui 4 per il nucleare.
La rivista Science, 35 anni dopo il peggior incidente nucleare della storia, comunica che molto recentemente si sono registrate reazioni di fissione nelle masse di uranio sepolte all'interno di uno dei reattori della centrale ucraina di Chernobyl. La causa non è ancora chiara, dicono gli scienziati. Il reattore N.4, dove si verificò l'incidente nel 1986, è coperto da una sorta di loculo di cemento e acciaio, rafforzato nel 2016 da una nuova struttura. Secondo Neil Hyatt, chimico dei materiali nucleari all'Università di Sheffield, gli scienziati ucraini ipotizzano che possa trattarsi di una conseguenza della disidratazione del combustibile nucleare rimasto sepolto dopo la catastrofe. Maxim Saveliev, dell'Istituto Ucraino per la sicurezza nucleare, aggiunge: il numero dei neutroni prodotti - segnale che un processo di fissione è in corso - aumenta lentamente e ci vogliono ancora alcuni anni per neutralizzare possibili rischi. Ci sono molte incertezze e non possiamo escludere che si verifichi un incidente.
Il vento contrario sul nucleare italiano è ora bufera. Con il suo inserimento nella fascia delle fonti rinnovabili previste dal PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) della CE, per l’Italia l’uragano è vicino.
(consultazione: inaf, istituto nazionale fisica nucleare; fukushima-daiichi;; italia per il nucleare; associazione italiana del nucleare; comitato nucleare e ragione; archivio senato della repubblica, 16.9.2021)