Aggiornato al 25/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Pierre Auguste Renoir (1841 - 1919) - La colazione dei canottieri - 1882

 

(05) Tra amici ……… 

Appunti sulla Olivetti.

 

La Olivetti è una azienda della quale si parla e della quale si parlerà per molto tempo perché è stata una azienda avanzata, che ha avuto successo, che è riuscita a raccogliere molte intelligenze e professionalità di rilievo, che ha rappresentato una grande discontinuità nel panorama industriale del paese a partire dalla seconda metà del secolo scorso (quando è partito il processo di sviluppo e ricostruzione postbellico). Il merito della creazione di questa immagine e di questo ruolo economico della Olivetti è tutto di Adriano Olivetti, un imprenditore di estrazione tecnica come formazione di base e che credeva nell’uomo e nel talento per fare qualsiasi impresa, nella bellezza come viatico per arrivare al successo, nella cultura. Altro credo importante di Adriano Olivetti, figlio del fondatore Camillo, era il legame della azienda con il territorio, con la gente, voleva che la fabbrica, come lui la chiamava, si inserisse nel contesto in modo urbanisticamente gradevole, che fosse accettata da tutti e che rappresentasse un valore, un pregio, una caratteristica, uno strumento di sviluppo per tutti coloro che vi lavoravano e vi convivevano e che la vedevano comunque nella loro vita quotidiana.

Adriano Olivetti credeva nel talento che ricercava di continuo e spendeva per questo scopo gran parte della sua giornata, facendo colloqui, incontrando gente e assumendo tutti quelli che riteneva interessanti e dotati a prescindere dal fatto che la loro collocazione in azienda era necessaria o urgente. Ma Adriano Olivetti era anche un uomo che credeva in maniera estremamente ferma nella organizzazione, nelle strutture della azienda, nella responsabilità, nel merito. La sua originalità e la sua rottura con il passato sta proprio in questa mescolanza del talento con la organizzazione o, per meglio dire, di come, secondo lui, una organizzazione efficiente è lo strumento indispensabile per consentire ai talenti, che sono necessari, di esprimersi al meglio.

Adriano Olivetti è morto prematuramente (febbraio 1960) quando molti dei suoi progetti erano appena avviati e si trovavano nella situazione critica tipica di tutte le iniziative prima di prendere la strada dello sviluppo. In particolare il riferimento va alla acquisizione della Underwood negli Stati Uniti (poi da molti considerata incauta), la storica e prestigiosa azienda di macchine per scrivere (e su questi aspetti e sulla sua capillare struttura distributiva Adriano Olivetti aveva immaginato il marketing), e, soprattutto, all’investimento nella elettronica con il finanziamento del Laboratorio di Pisa (con la collaborazione di quella Università) e con la creazione della Olivetti Bull insieme alla francese Compagnie des Machines Bull, la più importante azienda di elaborazione dei dati (macchine a schede perforate con l’elettronica che cominciava ad affacciarsi) a livello europeo per acquisire esperienza e formare uomini.

La morte di Adriano Olivetti mise fine alla prima fase della Olivetti postbellica, la seconda fu molto turbolenta perché il management non fu capace di continuare i pensieri e le azioni di Adriano Olivetti e soprattutto non aveva le risorse e il carisma e la fantasia per poterle trovare. Così l’azienda venne salvata da un gruppo di intervento (la terza fase) che la condizionò per sempre e guidata da un Presidente, Bruno Visentini ex Vice Presidente allora dell’IRI, che cercò di gestirla lui cambiando vari amministratori delegati fino  a che, non riuscendovi, la cedette a Carlo De Benedetti (la quarta fase) che la acquisì a buon prezzo, come dicevano le nostre nonne, e diede inizio ad un’altra Olivetti che conobbe altri momenti di splendore e di illusione, ma che si dovette fermare in modo definitivo in mezzo anche a brutte polemiche e a vicende non molto degne del suo passato.

La terza fase dunque, dopo un periodo brevissimo e interlocutorio caratterizzato da una gestione tutta interna con Giuseppe Pero Presidente (direttore amministrativo ai tempi di Adriano) e i manager in ordine sparso (seconda fase), fu caratterizzata da un gruppo di industriali (Fiat, Pirelli, Assicurazioni Generali, Banca d’Italia) che intervennero assicurando i capitali per la sopravvivenza e in cambio assumendone la gestione e determinandone le strategie.

Da un punto di vista strategico l’azienda venne alleggerita dall’onere rappresentato dagli investimenti nel settore elettronico (che Adriano Olivetti considerava l’unico futuro possibile) vendendo tutto alla General Electric, allora amica di Fiat e in fase di caldo interesse verso il settore elettronico che però non mantenne per molto tempo, tranne l’area del time sharing, rivendendolo poi alla Honeywell in fase di diversificazione.

In termini di gestione fu nominato Bruno Visentini Presidente ed Aurelio Peccei amministratore delegato. Costui era un manager Fiat (aveva anche diretto la Fiat Argentina), un uomo di grande visione (uno dei principali fautori del Trattato di Roma) e di cultura (forse anche per questo fu scelto dal Prof. Vittorio Valletta allora Presidente potente Fiat). I due uomini erano molto diversi per indole, formazione e cultura e poi ognuno dei due rivendicava la responsabilità della conduzione aziendale senza spartizioni, per cui questa accoppiata durò poco, non portò beneficio alla azienda, Aurelio Peccei lasciò l’incarico e Bruno Visentini assunse i poteri che mantenne per circa venti anni (negli ultimi anni condivisi con Carlo De Benedetti, in quella che abbiamo considerato la quarta fase).

Dopo Aurelio Peccei, il Presidente Visentini, anche per non voler più rischiare il suo potere, indusse il Consiglio di Amministrazione (che rappresentava da una parte il gruppo di intervento e dall’altra la famiglia di Adriano Olivetti da lui sempre protetta e difesa) a nominare due amministratori delegati e cioè Roberto Olivetti, figlio di Adriano ed a lui molto vicino soprattutto negli ultimi anni della sua vita, e Bruno Jarach, responsabile degli acquisti tecnici, vicino ad una potente comunità religiosa, uomo dell’apparato di Ivrea che in questo modo il Presidente blandiva e poi a lui serviva in ogni caso per evitare che Roberto Olivetti prendesse qualche iniziativa non controllata (e per questo impose ai due la firma congiunta per qualsiasi atto o documento).

Roberto Olivetti era una persona colta, educata, preparata, laureato in Economia alla Bocconi rompendo la tradizione ingegneristica del nonno e del padre, con una grande visione del futuro. Dipendeva in gran parte da lui l’interesse del padre verso l’elettronica, e fu lui a seguire tutto il processo di sviluppo del settore, fu ancora lui a ricercare, trovare e convincere l’ingegnere Mario Tchou a prendere in mano nella Olivetti il settore della ricerca e della produzione convincendolo a lasciare il suo incarico alla Columbia University, fu, purtroppo, ancora lui a sostituirlo dopo la sua morte in seguito ad un incidente stradale nel novembre del 1961 sulla autostrada Milano Torino all’altezza di Santhià. Incarico che lasciò quando il settore elettronico nel 1964 fu poi venduto, come già detto, dal gruppo di intervento alla General Electric.

Durante la sua permanenza ai vertici della Olivetti, Roberto Olivetti favorì molte decisioni importanti per il futuro dell’azienda.  La creazione di una ricerca e sviluppo nel settore elettronico invitando un gruppo di tecnici, che avevano a capo Piergiorgio Perotto, a rimanere in Olivetti e non passare alla General Electric insieme con il resto dell’azienda ceduta. Da questo gruppo nacquero dopo tutti i prodotti elettronici della Olivetti tra i quali anche la Programma 101, il primo personal computer del mondo. Il potenziamento delle attività di marketing internazionale, che erano già state affidate ad Elserino Piol da Aurelio Peccei, per uno sviluppo delle attività commerciali e di interpretazione dei mercati, nonché per l’ampliamento del listino con l’eventuale acquisizione di prodotti o di iniziative imprenditoriali di valore sul piano tecnologico (e tanti sarebbero stati nel tempo i prodotti acquisiti e le aziende acquisite o partecipate). Lo sviluppo dei sistemi informativi dell’azienda con il coordinamento di tutti quelli delle consociate (l’introduzione tra l’altro dei primi grandi elaboratori IBM). In altri termini, importante è stato il lavoro di Roberto Olivetti per il futuro dell’impresa, malgrado la sua autonomia fosse limitata e questo elemento è spesso poco ricordato nella storia dell’azienda e della famiglia.

Il Presidente Visentini tuttavia decise di cambiare assetto anche perché l’azienda aveva dei problemi e poi la conduzione in coppia non funzionava se si considera che lo stesso Presidente aveva avocato a sé alcune funzioni in modo diretto (ciò che creava un certo disorientamento anche nei fornitori e clienti, oltre che nel mondo economico finanziario). Il management era diviso e si erano creati gruppi, fazioni e duplicazioni di attività e funzioni specialmente nel settore tecnico.

Ed allora furono allontanati i due amministratori e il Presidente, anche su consigli esterni autorevoli, fece nominare amministratore unico Ottorino Beltrami, ingegnere, importante personaggio della Marina nella seconda guerra mondiale, uomo Olivetti assunto da Adriano Olivetti, inserito nel settore elettronico che poi diresse sino alla sua cessione. Beltrami lasciò a questo punto per andare ad assumere l’incarico di Direttore Generale di Finmeccanica prima e poi di Presidente SIP (l’attuale Telecom Italia). Come amministratore delegato Olivetti Beltrami va ricordato perché, insieme a Marisa Bellisario che lui assunse dalla Honeywell ma anche lei con un passato Olivetti, spinse e favorì la trasformazione dalla meccanica alla elettronica dei prodotti della azienda e avviò la stessa in modo più professionale e significativo verso il mercato del data processing.

La terza fase si esaurirà con la cessione del controllo dell’impresa a Carlo De Benedetti che ne assunse personalmente la responsabilità dando inizio alla quarta fase, piena di successi e con una fine immeritata. Ottorino Beltrami uscì naturalmente per andare a dirigere la Associazione degli Industriali Lombardi e fare il Vice Presidente dell’allora CARIPLO, mentre Marisa Bellisario passò alla Italtel prima come Direttore Generale e poi come Amministratore Delegato.

Ma questa è un’altra storia dominata dalla figura di Carlo De Benedetti, dal rilancio internazionale e dal grande interrogativo relativo alla sua fine. Perché è morta la Olivetti e come è successo? La sua morte viene da lontano o è stata causata da qualche strano meteorite piombato improvvisamente? Si possono riscontrare responsabilità o la scomparsa della azienda segue quella di tante altre aziende del settore europee e non solo, quasi ad indicare la dinamica della tecnologia e per confermare che non si può essere adatti a tutte le stagioni soprattutto quando il clima è maggiormente diverso? Un dibattito per capire non sarebbe inutile forse.

 

Inserito il:19/06/2016 09:55:09
Ultimo aggiornamento:21/06/2016 11:56:54
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