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Perché la ricerca 6G inizia prima di avere il 5G
di Achille De Tommaso
Le industrie non vorrebbero parlare di 6G perché si rischierebbe di diluire il messaggio sul 5G e la capacità di fare soldi con esso; poi hanno sentito che la Cina avrebbe lanciato un programma 6G, e poi anche la Corea. E ora gli atteggiamenti stanno cambiando perché nessuno vuole rimanere indietro: sono tutti tirati per i capelli.
“Voglio 5G, e anche 6G, e voglio che queste tecnologie vengano sviluppate negli Stati Uniti il più presto possibile. Le aziende americane devono intensificare i loro sforzi o rimanere indietro, ma non c'è motivo per cui dovremmo essere in ritardo”. Donald J. Trump (@realDonaldTrump) - 21 febbraio 2019
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Mentre gran parte del mondo si sta ancora chiedendo quanto tempo ci vorrà per ottenere reti 5G, e cosa questa tecnologia potrà significare per le loro vite e le loro economie, un gruppo di ricercatori delle telecomunicazioni sta guardando più avanti, a ciò che viene dopo: il 6G.
Dal 24 al 26 marzo scorso, a Levi, in Finlandia, un gruppo di 250 ricercatori si è riunito per uno dei primi vertici globali sullo standard 6G Wireless; per iniziare a porsi le domande più basilari; che sono: cos'è e perché il mondo dovrebbe averne bisogno?
Giusto per capirci: "Non so cosa sia il 6G", ha affermato in un’intervista il dott. Ari Pouttu, professore all'Università di Oulu in Finlandia. "Nessuno lo sa". E questa è una secca e sincera valutazione da parte dell'uomo che è anche vicedirettore del programma 6G finlandese.
Oulu è un paese situato ai margini del Mar Baltico; circa cinque ore a nord di Helsinki; è importante perché è anche il centro degli sforzi di ricerca sul 5G per merito delle sue connessioni storiche con Nokia; che ha determinato una concentrazione di ricercatori, come Pouttu, che sono stati determinanti nello sviluppo del 5G.
Il 6G, rimarrà indefinito per almeno 10 anni o più in futuro; ma il 6G non è solo fantascienza.
Mi spiego: oggi, le reti 5G stanno appena iniziando a svilupparsi. L'attuale standard 4G LTE dominerà ancora per diversi anni, in quanto i “carrier” delle telecomunicazioni cercheranno per anni ancora di recuperare i loro massicci investimenti su tale infrastruttura. Inoltre, lo sapete che i progetti sulle attuali reti 4G non saranno completamente tutti realizzati e utilizzati fino al 2025?
Nel frattempo gli operatori stanno procedendo, quindi e comunque, con molta cautela con il 5G. Si ricordi: il lancio di 5G sarà molto più costoso di quello del 4G a causa delle brevi distanze che i segnali possono percorrere e della necessità, pertanto, di una maggiore densità di apparecchiature per trasmettere i segnali. I costi di capitale saranno astronomicamente alti, molto più alti che col 4G e i modelli di business che giustifichino questi investimenti sono ancora molto confusi.
Ma c’è bisogno del 5G? Pare di sì, perché quando il 5G diventerà la rete dominante, ci sarà un enorme salto qualitativo rispetto al 4G; salto sensibilmente più elevato dell'evoluzione dalle reti 2G a quelle 3G e 4G. Infatti non solo il 5G promette velocità teoriche di 20 Gbps rispetto al massimo teorico di 1 Gbps per 4G, ma virtualmente non ci sarà latenza e supporterà una maggiore densità di connessioni in un'area più piccola.
Accoppiato con i progressi del cosiddetto "edge computing" che spingerà più intelligenza verso i dispositivi finali, l'era 5G viene pubblicizzata per la sua capacità di abilitare smart cities, fabbriche intelligenti, veicoli autonomi, streaming VR illimitato e altro ancora.
E questo dovrebbe rispondere alla domanda: ” Perché abbiamo bisogno del 5G dato che abbiamo il 4G? "
Analogamente: “ Perché avremo bisogno del 6G quando avremo il 5G?”
La risposta è: ”Non lo sappiamo, ma poiché gli asiatici lo stanno facendo, lo facciamo anche noi !”
I punti di partenza più ovvi sarebbero la velocità e lo spettro. Il pensiero iniziale è che il 6G punterà a velocità di 1 terabyte al secondo. Per ottenere tali velocità, i segnali dovranno essere trasmessi al di sopra di 1 terahertz, rispetto alla gamma di gigahertz in cui opera il 5G.
Ma operare in tale intervallo nello spettro richiederà progressi nella ricerca sui materiali, nuove architetture di calcolo, progetti di nuovi chip e nuovi modi di accoppiare tutto ciò con le fonti di energia.
Infatti la produzione di energia, e il suo consumo, incombono come ostacoli enormi, sia in termini di ambiente che di costi. Come possiamo passare a un mondo in cui quasi ogni singolo oggetto prodotto raccoglie, analizza e trasmette costantemente dati senza fonti di energia rinnovabili e garantire che non bruciamo il pianeta nel processo?
Inoltre, mentre l'era del 5G dovrebbe rendere lo smartphone meno un fulcro della nostra vita di quanto lo sia oggi, il 6G pare dovrà essere un'era post-smartphone.
L'idea che oggi dobbiamo portarci appresso un gadget per controllare altri oggetti o comunicare sembrerebbe caratteristica della generazione 4G, evoluta verso il 5G; e terminare con esso.
Il modo in cui consumiamo i dati cambierà col 6G ancora di più. In questo scenario, il nostro rapporto con il nostro operatore non sarà più nell’acquisto di uno smartphone, ma molto probabilmente acquistando una stazione periferica e consentendo a ogni casa o edificio per uffici di divenire il proprio operatore di comunicazione per l'enorme numero di dispositivi e dati che scorre attraverso questo “device” che potrebbe rappresentare la prossima generazione di connettività. Questi acquisti (invece di acquisti di smartphone), tra l’altro, potrebbero essere il modo in cui verrà finanziato il lancio della rete 6G, con intelligenza sufficiente per condividere, comprare e vendere lo spettro a livello di quartiere.
Ogni standard impiega circa un decennio per svilupparsi, e quindi la formalizzazione degli standard 6G ha come obbiettivo il 2020-2090. Il suo gruppo di ricerca prevede che l'uso del 5G venga massimizzato intorno al 2035.
Fantascienza? Mica tanto. Ci sono segni qua e là che lo slancio intorno alla ricerca sul 6G stia iniziando. In pratica, i ricercatori americani sono “tirati per i capelli”. Infatti alla fine dello scorso anno, il governo cinese ha annunciato che avrebbe intensificato il lavoro su 6G, con l'obiettivo di dominare il settore entro il 2030. A gennaio, LG ha annunciato la creazione di un centro di ricerca 6G in Corea del Sud.
Quindi, la scorsa settimana, la Commissione Federale delle Comunicazioni degli Stati Uniti ha annunciato che stava aprendo le gamme "terahertz" per esperimenti sui prossimi standard; 6G in testa.
Questi sviluppi hanno contribuito ad abbattere parte della resistenza a parlare di 6G da parte dei vettori; già molto impegnati col 5G (e col 4G !). Infatti, ripeto, i vettori stanno impiegando enormi somme di denaro nelle loro implementazioni 5G, e preferirebbero, da un punto di vista dei messaggi di marketing, che i benefici 5G non vengano confusi dal parlare di standard futuri.
L'industria non vorrebbe parlare di 6G perché rischierebbe di diluire il messaggio sul 5G e la capacità di fare soldi con esso; poi hanno sentito che la Cina avrebbe lanciato un programma 6G, e poi la Corea. E ora gli atteggiamenti stanno cambiando perché nessuno vuole rimanere indietro: sono tirati per i capelli.
E sono gli asiatici che li tirano.