Aggiornato al 28/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Andrew Judd (Masterton, New Zealand, 1965 - ) - New World

 

L’era digitale richiede proattività e visione

di Franco Del Vecchio

 

Le innovazioni radicali comportano cambiamenti nella società e nelle imprese che portano con sé inevitabili problemi, ma anche grandi opportunità. Industria 4.0 ha aperto un dibattito sul futuro del lavoro, strumentalizzato da chi preferisce prospettare scenari apocalittici piuttosto che cercare le opportunità di sviluppo per l’industria e l’economia. Il progresso è inarrestabile e il lavoro ci sarà, in qualche parte del mondo, per chi cavalcherà l’innovazione. Facciamo in modo che ciò accada in Italia.

 

Nella prima metà del 1800 il treno cambiò il mondo rendendo possibile viaggi e trasporti prima impensabili. Certo il treno e gli altri moderni mezzi di trasporto hanno contribuito alla chiusura degli allevamenti dei cavalli da traino e hanno distrutto l’artigianato delle carrozze, ma hanno creato un’industria che dà lavoro a molte più persone. Proprio in quel periodo gli scettici sostenevano che il treno facesse male alla salute. Ma sappiamo bene cosa è accaduto in un paio di secoli e vediamo bene ora come è cambiata l’Italia con l’alta velocità; peccato essere arrivati con 25 anni di ritardo rispetto alla Francia, alla Spagna ed altri Paesi. Quanto turismo e quanta efficienza del Paese abbiamo perso nel frattempo!

L’impatto delle tecnologie abilitanti digitali può essere in qualche modo assimilato all'esempio del trasporto ferroviario. Probabilmente ancor più distruttivo per la tradizionale concezione del lavoro e ben più innovativo per il sistema economico e sociale. Dopo un solo ventennio è radicale e planetario l’impatto della telefonia digitale, rendendo possibile trasmettere il proprio pensiero e condividerlo a distanza riducendo virtualmente le distanze e rendendo possibili i comportamenti da villaggio globale.

Osservo con preoccupazione i titoli allarmistici, come ad esempio: “La rivoluzione tecnologica 4.0: sta scomparendo il lavoro?“ che pongono l’attenzione sui rischi delle nuove tecnologie piuttosto che delinearne le opportunità, risultando diseducativi e irresponsabili, perché “sul digital ci stiamo giocando il futuro del Paese” ed è nostra responsabilità: dei mezzi di comunicazione, degli esperti, degli opinion leader, etc. proporre analisi oggettive ed iniziative a vantaggio della società.

Provo allora ad analizzare l’impatto delle nuove tecnologie dal punto di vista del progresso e dell’evoluzione sociale, ricordando gli effetti delle innovazioni per la società.

L’uomo ha cercato nei secoli di soddisfare i propri bisogni, prima quelli primari: il cibo, gli indumenti per proteggersi dal freddo, etc. Sviluppate le tecniche per soddisfare i bisogni primari, l’uomo si è potuto dedicare ad altri bisogni: scrittura, arte, etc. continuando naturalmente ad occuparsi di bisogni primari, ma con crescente efficacia. Il lavoro agricolo, che rappresentava fino a due secoli fa l’occupazione principale della società, si è gradualmente ridotto a favore di nuove opportunità di lavoro nell’industria manifatturiera che, producendo anche mezzi agricoli, ha permesso di aumentare la produttività agricola, migliori raccolti con minor impiego di persone. Un bene o un male ?

O meglio, a parte le passioni e le scelte di vita personali, sarebbe possibile tornare a lavorare i campi con buoi e aratro ?

Le innovazioni hanno la caratteristica di essere irreversibili.

Steve Jobs 1984

 

Negli anni ottanta Steve Jobs collegò il mouse al computer. Gli scettici commentarono che il “gadget” non aveva prospettive di utilizzo nel business, ma Steve nel 1982 ragionava pensando con certezza che il computer sarebbe diventato in pochi anni non più grande di un libro, per offrire nuove applicazioni e strumenti alle persone. Lavorando in quel periodo in Apple, come direttore marketing Italia, ho capito quanto fosse importante la visione per accelerare i processi d’innovazione.

Steve mi diceva: “No Franco in Apple non produciamo computer a minor costo per gestire la contabilità, qui creiamo strumenti per soddisfare i bisogni che le persone ancora non conoscono, strumenti per cambiare il mondo". Potete immaginare la motivazione per chi ha lavorato in Apple in quel periodo pionieristico. Oggi non c’è computer senza mouse o le sue evoluzioni touchpad e touchscreen. I personal computer hanno contribuito a rendere le persone più efficaci nel lavoro e nelle attività personali, creando una nuova industria con milioni di posti di lavoro soprattutto nel software e nei servizi, contribuendo sostanzialmente al progresso.

Non viviamo per lavorare, lavoriamo per soddisfare i nostri bisogni e desideri.

È profondamente sbagliato analizzare l’impatto delle nuove tecnologie esclusivamente in funzione dei posti di lavoro che distruggeranno e creeranno. La maggiore produttività del Piano Industria 4.0 ridurrà certamente l’occupazione delle persone impegnate in lavori ripetitivi, sia manuali sia intellettuali, ma aumenterà la produzione e il valore generato per la collettività, creando al tempo stesso nuove opportunità di lavoro più qualificato. Più valore per la collettività e più possibilità di esprimere le proprie passioni

Il progresso è inarrestabile. Le tecnologie digitali permetteranno maggiore competitività e produttività, liberando risorse che potranno realizzare lavori di livello superiore.

Se un robot sarà in grado di fare il lavoro di 50 uomini ordinari, nessuna macchina potrà fare il lavoro di una persona straordinaria. Secondo una ricerca dell’Università di Berkeley nel 2030 ci saranno più posti di lavoro che persone con le competenze necessarie per svolgerli.

Cerchiamo di non perdere il treno.

 

Il magazine www.dirigentindustria.it offre una serie di articoli sul futuro del lavoro nell’era digitale:

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Inserito il:09/07/2017 19:18:10
Ultimo aggiornamento:09/07/2017 19:34:08
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