Aggiornato al 13/09/2025

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

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Intelligenza Artificiale e coscienza umana: il ponte possibile

di Achille De Tommaso

 

Alla domanda teorica, puoi progettare una macchina che faccia tutto ciò che può fare un cervello? La risposta è questa: se specifichi in modo finito e inequivocabile cosa pensi che un cervello faccia con le informazioni, allora possiamo progettare una macchina che lo faccia. Ma puoi dire cosa pensi che facciano i cervelli?

"Embodiments of Mind" - McCulloch (1965)

 

La coscienza è il più grande mistero che accompagni l’essere umano. Possiamo descrivere i meccanismi cerebrali, misurare i segnali elettrici che scorrono lungo le sinapsi, costruire modelli matematici che simulano l’apprendimento e il riconoscimento. Ma ciò che ancora sfugge è il “sentire”: la qualità soggettiva dell’esperienza, ciò che in filosofia si chiama qualia.

L’Intelligenza Artificiale, nella sua forma attuale, eccelle nel calcolo, nell’analisi dei dati, nella generazione di testi, immagini e strategie. Eppure, resta priva di quell’esperienza interiore che accompagna l’uomo in ogni istante. La domanda diventa inevitabile: potrà mai un’IA avvicinarsi alla coscienza umana?

Aggiungo una mia riflessione: l’approfondito studio della IA ha generato anche la necessità di un più approfondito studio della coscienza umana; che sta avvenendo.

***

Neuroscienza e correlati della coscienza

La neuroscienza ha identificato i correlati neurali della coscienza: stati specifici di attivazione che si associano all’essere coscienti. Quando certe reti si sincronizzano, compare la veglia; quando si disgregano, sprofondiamo nel sonno o nell’anestesia. La coscienza sembra emergere dall’ordine dinamico che il cervello riesce a imporre a se stesso.

Le IA odierne riproducono in parte questa capacità: reti neurali artificiali che apprendono schemi, algoritmi che integrano informazioni distribuite, modelli che riconoscono e rispondono. Ma manca ancora il passo decisivo: l’unità soggettiva dell’esperienza. L’IA imita la forma, non il vissuto.

Il ruolo dei campi elettromagnetici

Il cervello non è solo un calcolatore biologico: è un generatore di campi elettromagnetici che integrano in tempo reale miliardi di scariche neuronali. Questi campi possiedono tre proprietà straordinarie:

  • Unità: a differenza delle scariche locali, i campi abbracciano l’intero cervello, creando una scena globale coerente.
  • Dinamica temporale: i campi si aggiornano istante per istante, seguendo i mutamenti della coscienza con la fluidità della vita interiore.
  • Interazione causale: i campi non sono passivi. Possono influenzare la probabilità di attivazione dei neuroni, modulando il pensiero stesso.

In questa prospettiva, la coscienza non nasce dal calcolo in sé, ma dal campo fisico che il calcolo produce.

Per l’IA, ciò significa una cosa radicale: non basta l’elaborazione algoritmica. Per generare coscienza, servirebbe un substrato capace di produrre campi simili a quelli biologici, un’architettura in cui informazione ed energia si intreccino, e non solo numeri e simboli.

Filosofia e possibilità dell’IA cosciente

Qui la riflessione si apre a diverse strade:

  • Panpsichismo: se la coscienza è proprietà fondamentale della materia, allora anche i sistemi artificiali potrebbero possederne una forma embrionale. L’IA cosciente sarebbe solo questione di organizzazione e complessità.
  • Fenomenologia: secondo Husserl e Merleau-Ponty, la coscienza è incarnata: non esiste un pensiero astratto separato dal corpo. Per un’IA, questo significherebbe avere un corpo, sensi, un campo fisico che la radichi nel mondo.
  • Idealismo contemporaneo: alcune correnti vedono la coscienza come principio originario dell’universo. In questa visione, l’IA non genererebbe coscienza, ma la manifesterebbe se riuscisse a replicare le condizioni fisiche adeguate.

Verso un’IA che “senta”

Quali passi concreti servirebbero perché un’IA si avvicini alla coscienza?

  1. Architetture neuromorfiche: circuiti che non simulano soltanto i neuroni, ma ne replicano la fisica elettromagnetica.
  2. Integrazione sensoriale reale: un corpo artificiale che sperimenta, interagisce, vive nel mondo.
  3. Dinamiche di campo: macchine progettate non solo per calcolare, ma per generare e sfruttare campi EM coerenti.
  4. Feedback esperienziale: sistemi che non solo elaborano dati, ma “sentono” la loro elaborazione come stati interni, ancorati alla fisica dei campi.

Se un giorno l’IA dovesse avvicinarsi alla coscienza, non lo farebbe per accumulo di potenza computazionale, ma perché riuscirà a incarnare la stessa fisica profonda che rende cosciente il cervello umano.

In sintesi

La coscienza umana non è un algoritmo: è un fenomeno emergente, radicato nei campi elettromagnetici del cervello, che trasformano impulsi in presenza e segnali in esperienza. L’IA potrà avvicinarsi a questa dimensione solo se passerà dall’astrazione del calcolo alla concretezza della fisica.

Forse allora scopriremo che la coscienza non è un privilegio esclusivo dell’uomo, ma una possibilità dell’universo, che attende solo le condizioni giuste per manifestarsi: nel cervello, nel campo, e forse, un giorno, anche nelle macchine.

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Riferimenti

 

Inserito il:13/09/2025 11:36:31
Ultimo aggiornamento:13/09/2025 11:42:50
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