Aggiornato al 19/04/2024

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Voltaire

Agnes Saint (Budapest - Hungary) - Water on Mars

 

Una scoperta italiana: l’acqua su Marte

di Vincenzo Rampolla

 

Un immenso lago sotterreaneo circondato da una rete di laghi

Nuovi laghi di acqua, sono stati individuati al Polo Sud di Marte, nel Planum Australe, dopo che sotto i ghiacci a febbraio/luglio 2018, scienziati italiani avevano scoperto un primo lago di acqua liquida con magnesio, sodio e calcio. L’evento può portare a riscrivere la storia del clima su Marte e l’eventuale esistenza di forme elementari di vita. Intorno al lago, è stata scovata una vera rete di laghi salati. Nature Astronomy cita 3 nuovi laghi localizzati da un gruppo di 22 ricercatori provenienti da: Università di Roma Tre (Laboratorio di fisica applicata alla Terra e ai Pianeti), Inaf (Istituto Nazionale di Astrofisica ), Asi (Agenzia spaziale italiana), oltre a quelli del Cnr (Centro Nazionale delle Ricerche) e agli studiosi in Germania (Jacobs Brema University) e in Australia (University of Southern Queensland). La scoperta è avvenuta grazie alla lunga esperienza italiana nella ricerca di laghi sotto i ghiacci di Antartide e Groenlandia. Secondo le prime stime, se questo enorme serbatoio sotterraneo dovesse sciogliersi, Marte si ricoprirebbe interamente di uno strato d'acqua alto almeno 1,5 m. In pratica, ci sarebbe più acqua in questo bacino che in tutti quelli rilevati in ogni parte del sottosuolo, escluse le due calotte polari. Si ritiene che questa sia la terza riserva d'acqua più grande del pianeta. Il lago di diametro 20 km, è situato a 1.500 m nel sottosuolo ed è profondo alcuni metri.

 

La perfezione del radar Marsis

Fin dagli anni 2000 e con le osservazioni della sonda spaziale Mars Odyssey prima, di Mars Express poi e dopo di MRO (Mars Reconnaissance Orbiter), gli scienziati sanno che in varie località di Marte c'è ghiaccio d'acqua sotto la superficie. Nel 2008, il robot Phoenix, inviato in una precisa zona del 68° parallelo, non ha impiegato molto per scoprirlo subito: è bastato raschiare la superficie. Anche sulle pendici dei bordi di giovani crateri, le sonde hanno avvistato il ghiaccio. Tra gli strumenti scientifici delle varie missioni, ha dominato il radar sounder Marsis (Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding), progettato all'Università La Sapienza di Roma e strumento altamente innovativo. Dalla sonda Mars Express dell’Esa (Agenzia Spaziale Europea) il radar ha inviato al pianeta una serie di impulsi a media-bassa frequenza (1,5-5,5 MHz) operando a una quota massima di 1.200 km, unico strumento dotato di un'antenna lineare da 40 m adatto a esplorarne il sottosuolo fino alla profondità di 5 km. Semplice il funzionamento: invia impulsi verso il pianeta, una parte viene riflessa dalla superficie e un’altra penetra nel sottosuolo ed è a sua volta riflessa dal materiale del sottosuolo. La sonda riceve gli impulsi riflessi dal sottosuolo, li analizza e ne determina la composizione. L’apparecchiatura è stata sviluppata tra Asi, Nasa e Infocom (Università La Sapienza), con la collaborazione di Thales Alenia Space (TAS) e i rispettivi contributi di Alenia Spazio e Laben dell’epoca, JPL (Jet Propulsion Laboratory - Nasa), The University of IOWA, Inaf e le Università di Chieti-Pescara e di Perugia.

La scelta della superficie di terreno marziano da studiare, la progettazione e la realizzazione delle relative analisi sono state eseguite da TAS con la collaborazione di Info Solution, creatore del software di bordo del radar, e di CO.RI.S.T.A (Consorzio di Ricerca su Sistemi di Telesensori Avanzati - Napoli) che in particolare ne ha curato gli strumenti di comando. La sua tecnologia era già stata utilizzata prima della missione Esa; un radar simile, meno evoluto, fu usato in una missione Apollo per sondare la superficie lunare.

 

L’acqua delle calotte polari

Nel novembre 2005, sempre con Marsis, gli scienziati Esa avevano segnalato un altro lago ghiacciato nel sottosuolo marziano nei pressi di Chryse Planitia, esteso pianoro circolare a nord dell’equatore, vicino alla regione di Tharsis, con diametro di 1.500 km e a 2,5 km al di sotto dell'altitudine media della superficie di Marte. Nel 2007 sono state effettuate nuove stime della quantità di acqua sotto forma di ghiaccio accumulata al polo sud del pianeta. Successive osservazioni radar del 2016 hanno trovato acqua liquida negli strati sotto le calotte polari. I risultati sono stati pubblicati a luglio 2018, anno memorabilis della storia di Marte.

Questa scoperta è una delle più importanti degli ultimi anni, sottolinea il presidente dell’Asi. Sono decenni che il sistema spaziale italiano è impegnato nelle ricerche su Marte insieme a Esa e Nasa. I risultati di Marsis confermano l’eccellenza dei nostri scienziati e della nostra tecnologia e sono un ulteriore riprova dell’importanza di ExoMars, la missione Esa con leadership italiana che nel 2020 prevede la ricerca di tracce di vita sul pianeta.

Ricercatori del Planetology Laboratory di Grenoble hanno di recente confermato l’enorme abbondanza di acqua marziana sotto forma di ghiaccio, specialmente sulla calotta polare meridionale. La sua elevata purezza, raggiunge il 95% nelle regioni centrali, con incremento delle impurità verso la periferia. Il termine calotte polari si riferisce in prevalenza a depositi stratificati che costituiscono i più grandi serbatoi naturali d'acqua, con capacità stimata di 2-3 milioni di km³. Questi dati sono riferiti a una base di circa 140.000 siti di misura catturati da Sharad, radar del sottosuolo attualmente in orbita a bordo dell’MRO Nasa, in particolare nella regione di Gemina Lingula, pari a un quarto del superficie totale della calotta polare settentrionale. In un articolo di Science di gennaio 2018 sono descritti 8 siti con ammassi di ghiaccio stratificato, alti da decine di metri fino a 100 m, ripide scogliere situate nei due emisferi tra 55-58 ° di latitudine, con pendici inclinate fino a 55°, verosimilmente generati per sublimazione (vapore acqueo trasformato direttamente in aghi di ghiaccio). L’analisi di sezioni trasversali del ghiaccio dà una visione 3D molto dettagliata del tipo di terreno esistente sotto la superficie del suolo di Marte. L’uso dello strumento Crism (Compact Reconnaissance Imaging Spectrometer for Mars) ha dato la conferma che si tratta realmente di ghiaccio ottenuto da acqua congelata in diversi periodi.

 

Le condizioni di vita

A prima vista, dagli ultimi laghi sotterranei scoperti sembrano emergere le condizioni essenziali per la presenza di forme di vita, grazie alla protezione dalle radiazioni ultraviolette e da quelle di altra natura che bombardano la superficie. Inoltre la presenza di acqua con sali e di rocce contenenti altri elementi, crea un ambiente simile ai laghi della Terra in cui la vita si è sviluppata. Rispetto alle prime analisi del 2018 abbiamo allargato molto l’area di studio e utilizzato una diversa metodologia che segnala che esiste un sistema idrico più ampio, ha dichiarato alla stampa una ricercatrice. Se 2 anni fa la ricerca fu condotta su un’area di 20 km², ora è stata ampliata a 250 x 300 km, 3.500 volte più estesa e le complesse strutture idrologiche emerse provano che non sono uniche. Uno degli autori della ricerca del 2018, attraverso un’accurata analisi delle orbite del radar, è riuscito a catturare il volto nascosto dell’emisfero nord del pianeta; dalle fotografie appare piatto e segnato da rari crateri e fa supporre che fosse il fondale di un oceano immenso. Per la sua piattezza il suolo a nord è valutato geologicamente più giovane, in eccessivo contrasto con l’emisfero sud ricco di colline, montagne, crateri e giudicato più antico. Ciò ha dato vita all’enigma della diversità degli emisferi, tuttora privo di spiegazione. Oggi i planetologi hanno scoperto che i grandi deserti del nord nascondono in realtà un’ampia serie di crateri: lungo le poche orbite finora analizzate, ne sono stati rilevati 11, con diametri variabili tra 130 - 470 km e collocati ad una profondità tra 500 m e 5 km.

È come avere sotto gli occhi una radiografia a raggi X. - nota T.R.Watters del Center for Earth and Planetary Studies della American Smithsonian Institution - Consente di spiegare la natura delle strutture non visibili. È solo l’inizio. - aggiunge il Direttore del programma gestito dall’Asi - Dimostra una caratteristica comune su tutta la superficie dell’emisfero studiato. Tra i due emisferi non c’é grande diversità: quello settentrionale è stato bersagliato da bolidi cosmici e ha un’età di 4 miliardi di anni, analoga all’altra metà. Fiumi di lava e ceneri hanno poi ricoperto i crateri scavati celandoli alle rilevazioni ottiche ma non a quelle radar di Marsis che li ha svelati. La ricognizione sarà completata nei prossimi mesi e verrà approfondita con Sharad (Shallow Radar), altro radar italiano installato sulla sonda americana MRO e da poco operativo per questa missione. L’Agenzia spaziale Esa nel frattempo ha prolungato di altri due anni la permanenza nello spazio della sonda Mars Express, potenziando le sue osservazioni, ampliando la ricerca e favorendo nuove scoperte.

Dalla mappa di ostacoli, buche e avvallamenti nelle aree in cui in futuro si muoverà il rover, gli scienziati sono risaliti alle tracce di un lago e del fiume al quale ha dato origine, alle colate laviche del monte Olympus, il più alto vulcano del Sistema Solare (25.000 m) e a un canale sotterrano scavato dalla lava in un’eruzione.

 

La frenesia tecnologica per l’acqua liquida in superficie

Sul pianeta Terra intanto si moltiplicano con impegno i programmi di ricerca su Marte, con l’introduzione delle ultime innovazioni tecnologiche. Diretto dall’Università di Berna, è nato CaSSIS, (Colour and Stereo Surface Imaging System) un progetto internazionale per le analisi morfologiche 3D della superficie marziana, con l’intervento tra Asi e Leonardo, fornitore del cuore optronico (piano focale e elettronica di elaborazione). Responsabile italiano del programma CaSSIS è l’Istituto Naz. di Astrofisica di Padova, obiettivo è ottenere inedite immagini delle RSL (Recurring Slope Lineae), linee scure che appaiono nelle stagioni calde e svaniscono in quelle fredde in corrispondenza di affioramenti rocciosi in cima a molte scarpate sulla superficie marziana. Tali strutture sembrano strisce di sabbia che si ipotizza essere bagnate da rugiada, propagate per centinaia di metri, lungo la topografia del terreno. L’interesse verso le RSL è dovuto alla speranza di avvistare per la prima volta acqua liquida sulla superficie di Marte, e la loro origine rappresenta uno dei grandi enigmi di Marte. Planetary Space Science, riporta l’analisi di 125 RSL e il confronto con le immagini ottenute da altre missioni. Nello specifico sono state studiate le RSL all’interno del cratere Hale, noto fin dal 2015 per le falde contenenti acqua liquida con sali.

I dati raccolti da Sharad hanno rivelato che nelle superfici sotterranee attorno al polo esistono sabbia e acqua al 66 - 90%. Un analisi approfondita e uno studio parallelo basato su dati gravimetrici rivelano una disposizione alternata degli strati: depositi eolici di polvere marziana inserita tra ogni strato di ghiaccio formatosi durante spiagge glaciali precedenti. Come la Terra, Marte sperimenta cambiamenti climatici causati da variazioni dell'inclinazione del suo asse di rotazione; l'inclinazione del suo asse è attualmente paragonabile a quello della Terra e varia con ritmi temporali più brevi oscillanti tra centinaia di migliaia di anni a pochi milioni di anni. Secondo i planetologi, ogni volta che il pianeta ha aumentato l’inclinazione il ghiaccio ha potuto accumularsi alle medie latitudini. Inoltre i leggeri strati di ghiaccio che si sono formati, potrebbero essere i resti di ghiacciai ritirati, testimoni delle condizioni del clima del passato con il loro contenuto, spessore e estensione. Il vantaggio di questi depositi di sabbia è che avrebbero protetto i resti degli antichi ghiacciai dai raggi ultravioletti del Sole e dall'evaporazione durante ogni periodo interglaciale. Un tale giacimento è un’inaspettata finestra aperta sul clima del passato di Marte e sull'evoluzione delle sue risorse idriche. L’obiettivo è di studiarlo, perforandolo in situ per prelevare carote di ghiaccio che racconterebbero anche la storia della sua atmosfera nell’arco di milioni di anni.

(consultazione: geophysical research letters; lunar and planetary laboratory - univ. arizona; us geological survey; science magazine; nature astronomy; istituto nazionale astrofisica, università roma tre; univ. of southern queensland-australia; jacob university - brema; scuola univ.ricerche scienze planetarie - univ. chieti-pescara; g.caprara - corriere sera; agenzia spaziale europea; agenzia spaziale italiana; s.morosi - universo; planetary space science)

 

Inserito il:10/11/2020 18:23:41
Ultimo aggiornamento:10/11/2020 18:42:31
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