Aggiornato al 20/04/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

University of New South Wales (UNSW) in Australia - "Micro-submarine" among red blood cells

 

Un Viaggio Allucinante

di Antonio Bigazzi

 

Che una semplice pilloletta, presa per via orale, possa efficacemente trattare o persino curare una malattia è un mezzo miracolo. E dico miracolo considerando la miriade di ostacoli che un farmaco deve superare ed i veri e propri cecchini a cui lo stesso deve sottrarsi prima di arrivare a destinazione.

Seguirò qui il viaggio di una pilloletta dall’ingestione all’effetto, ovvero dalla bocca al cuore, diciamo. La vedremo sciaguattata da procelle gastriche, la seguiremo attraversando barriere, navigando vasi sanguigni, ecc. Un'impresa davvero epica, ve lo anticipo. Altro che Ulisse!

Il nostro eroe è un farmaco, quindi ha un nome bizzarro da scioglilingua che bellamente ignoreremo. Lo battezzeremo Odisseo, per comodità e affinità.

Appena ingerito, in ​bocca, viene immediatamente attaccato dalla saliva che cerca di scioglierlo nonché dalla ptialina, un enzima di quelli solerti, che vuole cominciare la digestione A.S.A.P. specie dei carboidrati.

A malapena scampato, Odisseo vien giù dall'esofago per entrare in un vero e proprio calderone infernale: lo ​stomaco. Ribollente di acido cloridrico (è quello che ci dà il reflusso acido quando fa le visitine in alto), non è un posticino raccomandabile: pH circa 2, tanto per gradire. E voi pensavate fosse vostra suocera ad essere acida!

Morirebbero qui tutti quei farmaci acido-labili come l'insulina, gli anestetici e perfino le prime penicilline. Lo stomaco deve essere un amico segreto degli aghi, poiché li rende spesso necessari.

Il nostro eroe resiste (è stato progettato così) e riesce a passare nell’​intestino attraverso il piloro. Qui si potrebbe sperare che il nostro possa infine navigare in acque migliori. Niente di più falso. Legioni di solerti enzimi digestivi lo attaccano e fanno a gara a mordergli le calcagna.

Non solo Odisseo deve sottrarsi, ma gli si presenta una nuova sfida: uscire! Uscire dai meandri in cui si è ficcato, per arrivare a prendere i servizi pubblici, ovvero il sangue ed il suo sistema distributivo. Non una ma ben due membrane tentano di sbarrargli la strada.

Per attraversare, il nostro deve essere abbastanza "grasso" - in biochimica si direbbe ​idrofobico​ - per così uscire dalle panie, dai meandri oscuri e non proprio redolenti in cui si è ficcato. Ma deve anche essere “non troppo grasso”, un po' polare - ​idrofilico​ - per non smarrirsi e venire assorbito dai globuli grassi, veri e propri PacMan sempre sempre pronti al pezzo.

Una volta superate le due membrane, il percorso si fa un po' più facile. E’ spesso possibile intrufolarsi tra le cellule, invece che transitarvi dentro. Ben presto il nostro si è imbarcato nell’agognato fiume: il ​vaso sanguigno.

Appena tirato un respiro di sollievo arriva il peggio: lo spacca tutti, noto negli ambienti anche come ​fegato. Egli è il grande inquisitore e metabolizza tutto quel che può, ovvero modifica le varie molecole che gli capitano a tiro per renderle ben solubili in acqua.

Ci penseranno i suoi scherani, i ​reni, più tardi ad eliminare gli inquisiti mandandoli, in ultima analisi, a finire in quella stanza che in ogni casa si può sempre chiudere a chiave.

Ma Odisseo ha nella sua manica tutta una serie di trucchi per passare sostanzialmente vivo dal massacro del fegato. Arriva anche a farsi mangiucchiare degli arti pur di passare. Paga pegno. Un fiorino!

E qui, sopravvissuto a Scilla e Cariddi, il nostro avventuriero si sente un po’ smarrito. Non ha infatti un indirizzo stampato addosso: va dove lo porta il sangue, cioè dappertutto.

Supponiamo che il nostro sia designato (e disegnato) a stimolare un recettore - si pensi ad un'antenna sulla superficie di una cellula - un recettore ​adrenergico​, ovvero sensibile all'adrenalina (che ora chissà perché vogliono chiamare epinefrina). Vogliamo trattare una patologia cardiaca, ricordate?, non vogliamo certamente svegliare il fegato od i reni che di questi recettori ne hanno a ufo – chissà come reagirebbero. Idealmente vorremmo che solo il cuore si accorgesse di noi. Che ci ignorino pure nel resto del corpo.

Per fortuna qui il nostro corpo, per una volta, ci aiuta un tantino.

I recettori adrenergici delle cellule cardiache sono un tantinello differenti da quelli delle cellule del fegato. E’ questo che permette al chimico che ha sintetizzato il farmaco di aumentarne la specificità, di mirarlo.

Le cellule cardiache quindi reagiscono mentre le altre poco o nulla - nel nostro corpo 0% e 100% non esistono - si tratta di essere sopra o sotto una certa soglia.

Un ultimo problema. Odisseo deve arrivare alla meta in una concentrazione sufficiente da essere efficace, ma al tempo stesso non troppo alta da essere tossico. Gli esami non finiscono mai.

Odisseo ce l'ha fatta. La ​cellula cardiacalo riceve, manda un messaggio al suo interno e fa... quello che volevamo facesse. Applausi di cuore.

Un mezzo miracolo, fors'anche uno intero. Si parla spesso male della chimica e dei chimici, responsabili fors’anche di disastri ecologici, ma quando si tratta di quei chimici che creano farmaci, tanto di cappello. Disegnare un farmaco efficace è un’impresa straordinaria. Infatti costa anche un occhio della testa. Si parla di cifre intorno ai 5 miliardi a botta.

PS: non sono né dottore né biochimico (magari!) - per tutte le semplificazioni ed errori chiedo venia in anticipo.


 

Inserito il:04/04/2020 12:24:51
Ultimo aggiornamento:06/04/2020 00:45:31
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