Aggiornato al 12/11/2025

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Bill Gates rivede la sua visione sul cambiamento climatico: e l’Europa fa i conti con Ursula

di Achille De Tommaso

 

Un inatteso cambio di tono da parte di Bill Gates ha sorpreso osservatori e attivisti ambientali di tutto il mondo. In un recente post pubblicato sul suo blog, il fondatore di Microsoft ha dichiarato che la visione “apocalittica” di un futuro di collasso ambientale e sociale dovuto al cambiamento climatico è “sbagliata”. Pur sottolineando che il cambiamento climatico avrà “conseguenze significative” e che “i più poveri saranno i più colpiti”, ha voluto ridimensionare le previsioni più estreme: “Non porterà alla scomparsa dell’umanità”, scrive. “Le persone potranno continuare a vivere e prosperare nella maggior parte del mondo”

La novità sta nell’approccio: non c’è emergenza catastrofista, bensì un richiamo pragmatico a rivedere priorità e strategie.

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Nei suoi interventi precedenti, in particolare nel libro “How to Avoid a Climate Disaster” (2021), Gates descriveva la crisi climatica come una delle più gravi minacce all’umanità, una sfida che richiedeva di “azzerare” le emissioni di gas serra entro il 2050 e investire massicciamente in energia pulita e tecnologie di cattura del carbonio. In quel volume affermava che “senza una rapida riduzione delle emissioni, potremmo affrontare milioni di morti ogni anno a causa del caldo estremo, della desertificazione e del collasso agricolo”.

Oggi il suo messaggio sembra improntato a una visione meno allarmista. Gates segnala, anzi, che “i problemi più gravi del mondo restano la povertà e le malattie, mentre i progressi nella salute e nell’istruzione sono minacciati da un eccesso di pessimismo climatico”.  Conversione a 180 gradi.

Perché questo cambio di prospettiva?

Diversi commentatori sul web hanno provato a spiegare le ragioni del mutamento di rotta di Gates:

  • Alcune fonti indicano che Gates considera che la narrativa catastrofica sia diventata controproducente: l’“ottica apocalittica” spinge la comunità climatica a concentrarsi troppo su obiettivi di riduzione delle emissioni, a scapito di interventi concreti che migliorino la vita delle persone più vulnerabili.
  • Un altro motivo è che Gates vede progressi tecnologici maggiori del previsto.
  • Inoltre, è emerso che Gates intende dare maggiore peso all’adattamento e alla riduzione della sofferenza umana piuttosto che solo alla lotta ai cambiamenti climatici.
  • Alcuni osservatori suggeriscono che questo cambiamento rifletta una maggiore attenzione ai costi-benefici, alla misura dell’impatto reale sugli esseri umani, e un segnale verso un equilibrio fra sviluppo, ambiente, e distruzione dell’economia. E verità scientifiche.

Implicazioni e criticità

La svolta di Gates, che alcuni descrivono come di “realismo tecnologico”, riaccende il dibattito globale: il pericolo maggiore è davvero il clima o l’incapacità dell’umanità di bilanciare sviluppo, giustizia sociale e innovazione?  

Qualunque sia la risposta, il messaggio di Gates segna un passaggio importante: la fine dell’ambientalismo catastrofista con l’inizio di una fase più matura in cui scienza, politica e tecnologia dovranno imparare fin da oggi a distinguere tra allarme e realtà. Sta di fatto che le teorie sulla causa non-antropica del riscaldamento climatico, si stanno facendo strada.

Argomenti principali delle teorie “non antropiche”

  1. Variabilità solare e forzanti naturali

Alcune ricerche sottolineano che le variazioni nell’attività del Sole, irradiazione totale, campo magnetico, macchie solari, flusso di raggi cosmici, hanno avuto in passato un ruolo significativo nei cambiamenti climatici. Ad esempio, lo studio “Solar forcing of global climate change since the mid-17th century” conclude che la radiazione solare ha influenzato in misura notevole le temperature globali storiche.

Dallo stesso filone, la teoria del fisico Henrik Svensmark propone che la modulazione dei raggi cosmici solari influenzi la copertura nuvolosa e quindi l’albedo terrestre; suggerendo un meccanismo tramite cui il Sole non solo riscalda direttamente, ma modula il clima.

  1. Inerzia del sistema terrestre e accumulo naturale

L’argomento sostiene che la Terra possiede grandi serbatoi naturali (oceani, ghiacci, biosfera) che rispondono lentamente alle forzanti esterne. In questa visione, non è tanto il flusso recente di CO antropica a guidare l’aumento, bensì l’interazione con cicli naturali e la memoria termica del sistema.

  1. Limiti nell’attribuzione dell’effetto antropico

Alcuni studi mettono in dubbio la sensibilità del clima alla CO antropica o ne riducono il peso. Ad esempio, analisi empiriche affermano che la variazione della radiazione solare tra metà XX secolo e oggi sarebbe troppo piccola per spiegare tutto il riscaldamento, e che il raffronto tra variabili naturali non è ancora completo. I fautori della teoria non antropica sottolineano che la complessità delle retroazioni naturali (nuvole, albedo, correnti oceaniche) è sottovalutata nei modelli climatici correnti.

Von der Leyen, il Green Deal e la non-trasparenza

Ursula von der Leyen è salita alla Presidenza della European Commission con l’immagine di un’Europa che avrebbe conquistato la neutralità climatica entro il 2050, ponendo il Green Deal come bandiera di una nuova era. Ma alla retorica si è presto affiancata una serie di scelte che sollevano domande precise: come compatibile sia tutto ciò con un modello di governance che appaia davvero trasparente. Inoltre, molti osservatori, specialmente i media tedeschi, inquadrano le sue attuali difficoltà non come un episodio isolato, ma come la continuazione di uno schema ricorrente di mancanza di trasparenza. La sua gestione attuale richiama infatti lo stile e le polemiche che la caratterizzavano quando era Ministro della Difesa in Germania, un periodo segnato da scandali legati a costosi e opachi contratti con società di consulenza private.

Uno dei filoni più significativi di critica riguarda oggi la sua “ossessione” ufficiale per le auto elettriche. Von der Leyen ha affermato più volte che «the future is electric». Eppure, l’apparente corsa alle EV è accompagnata da dialoghi a porte chiuse con i grandi costruttori automobilistici e da sospetti che il regolatore stia concedendo flessibilità senza piena consultazione pubblica. E’ vero che, in risposta all’aumento massiccio delle importazioni di veicoli elettrici dalla Cina, l’UE ha adottato tariffe fino al 38-45 % a partire dal 2024-25; ma questi interventi arrivano dopo anni in cui le case cinesi, sostenute da consistenti sussidi statali, hanno penetrato il mercato europeo con prezzi stracciati, mettendo in ginocchio produttori e fornitori europei. AP News+1

Parallelamente, il Green Deal è stato messo in discussione da analisi che segnalano un fenomeno crescente di greenwashing. Un articolo della European Journal of Risk Regulation parla di “Green Deal compounding deregulation omnibus-law or a genuine paradigm shift” e suggerisce che la grande massa di strumenti legislativi approvati rischi di servire interessi industriali consolidati più che mobilitare una vera transizione. Cambridge University Press & Assessment

Nel frattempo, sulla trasparenza delle decisioni ambientali della Commissione guidata da von der Leyen, è emersa una critica netta: come osserva il think-tank European Council on Foreign Relations, «for the EU to remain a global leader on climate action, Ursula von der Leyen needs to commit to transparency in green policymaking». European Council on Foreign Relations Si tratta di un punto centrale: quando le decisioni riguardano investimenti pubblici, standard industriali e grandi contratti tecnologici, la mancanza di apertura al dibattito e al controllo pubblico erode la legittimità delle politiche verdi.

La leadership von der Leyen incarna quindi questa contraddizione: promuove con forza la “mobilità sostenibile”, ma lo fa attraverso un approccio che sembra adempiere più a ideologie commerciali geopolitiche, piuttosto che a un progetto industriale europeo. Le trattative con i grandi produttori cinesi restano in gran parte riservate, i criteri di concessione delle deroghe e degli incentivi poco trasparenti, il futuro dei lavoratori europei dell’automobile relegato a un ruolo marginale.

Una strategia che sta distruggendo l’industria dell’auto europea con un’erosione progressiva: perdita di competitività, delocalizzazione, riduzione degli investimenti e trasformazione dell’auto in un prodotto importato.

Le operazioni maggiormente opache del dossier EV della UE
  1. Tariffe tardive e procedura poco trasparente: la decisione della Commissione di imporre da ottobre 2024 tariffe fino al 45,3 % sui veicoli elettrici cinesi è avvenuta dopo che molti produttori cinesi avevano consolidato quote di mercato significative, offrendo poco tempo per una reale reazione europea. euronews+1
  2. Trattative segrete con la Cina: l’UE ha discusso con la Cina l’introduzione di “prezzi minimi” per le EV esportate, ma la proposta è stata gestita con scarso coinvolgimento pubblico e nessuna trasparenza sugli accordi preliminari. Reuters+1
  3. Deroga dell’industria europea dimenticata: mentre l’UE promuove l’elettrificazione come missione politica, gli strumenti concreti per tutelare i produttori europei (incentivi, riconversione, produzione locale) restano vaghi o assenti, lasciando i lavoratori e le fabbriche al margine.
  4. Soluzione industriale palliativa: l’adesione al modello “solo auto elettriche” ha trasformato l’industria simbolo del Made in Europe in un assemblatore di batterie e componenti importati, perdendo la catena completa di valore.
  5. Conflitto tra visione verde e interessi geopolitici: la retorica della sostenibilità copre una scelta strategica: l’Europa accetta le invasioni industriali cinesi in cambio di accesso a tecnologie e investimenti, senza che il pubblico sia adeguatamente informato sul bilancio rischio-beneficio.

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RIFERIMENTI RELATIVI ALLA NATURA NON-ANTROPICA DEL RISCALDAMENTO CLIMATICO

Dati di supporto e interpretazioni

  • La variabilità della radiazione solare totale (TSI) è misurata da satelliti a partire dal 1978 e mostra modeste variazioni — dell’ordine di ±0,1 % nel ciclo solare di 11 anni.
  • Alcuni ricercatori stimano che fino al ~11 % del riscaldamento tra il 1889 e il 2006 potrebbe essere spiegato dal Sole, ma solo ~1,6 % dal 1955 al 2005.
  • Un lavoro del 2024 (“Contributions of greenhouse gases and solar activity … CMIP6 model simulations”) indica che, nelle simulazioni con bassa sensibilità al raddoppio della CO, è possibile che la responsabilità antropica sia inferiore rispetto a quanto comunemente stimato.

Secondo questa prospettiva, è plausibile che il riscaldamento globale sia una combinazione di forzanti naturali e antropiche, ma con peso maggiore riservato alle prime.

Le implicazioni sono che:

  • Le politiche climatiche dovrebbero prestare maggiore attenzione all’adattamento ai cambiamenti naturali e alle variabili non umane (es. attività solare, variazioni oceaniche).
  • Il ruolo dell’uomo non viene negato, ma ridimensionato rispetto a quanto spesso sostenuto: la CO antropica è un contributore, non necessariamente il motore dominante.
  • Le incertezze su processi naturali — come la modulazione dei raggi cosmici, la dinamica dell’albedo o l’inerzia degli oceani — restano ampie e giustificano un approccio più flessibile.

Studi principali

  1. A cosmic ray‑climate link and cloud observations (Laken, Pallè et al., 2012)

Questo lavoro analizza la possibile connessione tra raggi cosmici, copertura nuvolosa e clima terrestre, e conclude che «non esistono evidenze robuste di un legame diffuso tra flusso di raggi cosmici e nuvole».

Pur non affermando che il riscaldamento sia causato dal Sole, la ricerca esplora un meccanismo alternativo di forzante naturale.

  1. Study of the influence of solar variability on a regional (Indian) climate: 1901‑2007 (Aslam & Badruddin, 2014)

Questa analisi usa dati termici indiani e conclude che la variabilità solare «potrebbe ancora contribuire al cambiamento climatico in corso».

Limitata a una scala regionale, fornisce comunque evidenza che solari e magnetici convenzionalmente “trascurati” possano avere un peso.

  1. UV solar irradiance in observations and the NRLSSI and SATIRE‑S models (Yeo et al., 2015)

Studio delle misurazioni e modelli dell’irradianza ultravioletta solare, che esplora come le variazioni su lunghezze d’onda UV possano influenzare la stratosfera/clima.

Si pone dunque nella categoria dei fattori solari indiretti, che possono modulare il clima in modo più sottile.

  1. Nir Shaviv – vari lavori:

Shaviv sostiene che la sensibilità climatica alla CO potrebbe essere più bassa di quanto stimato dalle stime “ufficiali”, e che la variabilità solare e cosmica abbia avuto un ruolo di rilievo nel XX secolo.

Pur non rappresentando uno studio unico ma un corpus di lavori, è una voce spesso citata fra quelle critiche verso l’attribuzione esclusiva antropica.

 

Inserito il:03/11/2025 15:54:57
Ultimo aggiornamento:03/11/2025 18:46:26
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