La Sessuologia e la clinica: gli esordi.
“Ho imparato che in fatto di sesso certe
cose sono belle perché sconosciute. E, con
la fortuna che mi ritrovo, probabilmente
resteranno sempre tali, per me”.
Woody Allen in:
Tutto quello che avresti voluto sapere sul Sesso, 1972
Il desiderio personale e l’oggettiva necessità di approfondire le mie conoscenze in questo settore scientifico sono cresciuti di pari passo.
Da un lato, infatti, avvertivo come carente la mia formazione di psichiatra psicoterapeuta, quando mi capitava di occuparmi di (e spesso di imbattermi in) casi clinici in cui la componente sessuale complicava il quadro clinico generale e per affrontare i quali utilizzavo come guida la mia formazione specialistica, venendomi in aiuto una certa qual sensibilità personale, ma che avvertivo, entrambe, come non sufficienti. Dall’altro, anche in quelle situazioni in cui la problematica psichiatrica era prevalente e comunque offuscava una possibile difficoltà in ambito sessuologico, in qualche modo i disagi sessuali prima o poi affioravano. Noi psichiatri ci siamo sempre occupati della cura delle malattie mentali, o, almeno, nei casi più gravi, della remissione sintomatologica (dai disturbi d’ansia, alle depressioni dell’umore, ai disturbi psicotici), ma se la remissione di questi sintomi comportasse poi, a causa degli effetti collaterali di alcuni psicofarmaci, disagi e disfunzioni in ambito sessuale, ciò ci appariva di importanza secondaria. Insomma, in questo, come in altri ambiti della Medicina, “sanare dolorem” o, almeno, “primum non nocere” rappresentavano e per alcuni, ancora oggi, rappresentano le priorità dell’agire medico. Il che è certamente corretto, ma perché nessuno o quasi nessuno si occupa del disagio derivante dal non provare il piacere sessuale? Non è anche questo, forse, un dolore?
Ecco che quindi appare evidente che la disciplina sessuologica rappresenta un aspetto ancora molto inesplorato e sottovalutato della Medicina. In Italia la Sessuologia non viene insegnata ai corsi di laurea, se non, grazie alla buona volontà di qualcuno, come appendice della Psichiatria/Psicologia, della Ginecologia o dell’Urologia. Dunque, non viene indagata nell’anamnesi medica, a meno che non sia il paziente a vincere le sue reticenze e a parlarne con il curante. Solitamente i primi sanitari che vengono messi al corrente di questi disagi sono i medici di Medicina Generale, ma, purtroppo, solo in pochi casi, alla prescrizione (o alla non prescrizione) del Sildenafil ( Viagra, o come si voglia chiamare la famosa pillolina blu), e di alcuni esami ematici, si affianca un invio specialistico. Proprio questa che avvertivo come forte carenza mi ha portato a cercare una formazione specifica, con l’iscrizione al Master biennale per Consulente Sessuale nella sede di Torino e a continuare la mia formazione nel settore con il Corso per Sessuologo Clinico presso la sede di Milano, che terminerò a Giugno di quest’anno.
Quale è la figura del Consulente Sessuale? Non è necessariamente una figura medica o psicologica. La scuola è aperta anche agli infermieri, agli assistenti sociali, agli educatori professionali, agli insegnanti, proprio perché il ruolo del Consulente è quello di aiutare il paziente (o la coppia) a fare chiarezza in un problema che, per sua natura, è complesso e spesso mascherato.
Per tale motivo la consulenza sessuologica viene condotta non solo nel senso di ‘trade union’ tra figure professionali diverse e superspecializzate, allorquando si sospetti che un determinato problema possa essere di natura organica piuttosto che psicologica, ma anche proprio di ‘Counselling’ e può richiedere una maggiore preparazione rispetto all’applicazione di una semplice tecnica terapeutica. Inoltre, può essere effettuata da un’unica persona, se adeguatamente formata, mentre la terapia vera e propria richiede un lavoro di équipe.
Il Consulente è colui che raccoglie e indirizza la domanda sessuologica, attraverso un linguaggio comune che consenta di ascoltare, capire e decodificare i problemi sessuali. Da qui l’importanza di un ‘ascolto’ attento della storia del paziente, necessario in ogni ambito della Medicina, ma sicuramente fondamentale in ambito psicosessuologico: il ‘ sintomo’ è una specie di ‘rebus’, che da un lato nasconde, dall’altro è quello che ci fornisce una traccia per arrivare al ‘problema’.
D’altro canto, non sempre è necessario un ‘invio’ terapeutico: spesso far chiarezza su un problema ne rappresenta anche la soluzione.
Il ruolo del Consulente sessuale è quello di fare leva sulle risorse del paziente: la sua funzione non è quella di dare compiti, consigli, ma articolando il suo agire in concerto con la parte ‘sana’ del paziente, di promuovere un cambiamento vantaggioso.
Proprio perché l’argomento ‘sessualità’ rappresenta un terreno ampio che si percorre spesso attraversando sentieri irti di difficoltà e perché i campi di applicazione della disciplina sono molto diversificati, la mia idea è quella di programmare una serie di articoli che trattino argomenti anche abbastanza diversi tra loro, spaziando da concetti più strettamente teorici ad un ambito più specialistico e di lavoro di ricerca, in modo di lasciare ampia possibilità di scelta al lettore.
Tra questi lavori di ricerca menziono in questa sede quello sulla Depressione e i Disturbi del Desiderio Femminile in Menopausa condotto con Centro Pilota del Prof. Mencacci dell’Ospedale Fatebenefratelli - Oftalmico di Milano e quello, ancora in fieri, condotto presso il Dipartimento di Salute Mentale di Cuneo, che sta indagando la variazione del Desiderio sessuale nelle diverse patologie psichiatriche.
Riferimenti bibliografici:
Cociglio G., (a cura di) Il Manuale del Consulente Sessuale. Vol.1, La Sessualità, 200, Franco Angeli, Milano