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Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Helena Tiainen (from Berkeley, CA - United States) - Onward Upward (2017)

 

Il trionfo ansioso del capitalismo

di Bruno Lamborghini

 

Il 12 ottobre 2021 ho scritto per Nel Futuro un articolo intitolato “Le alterne fasi del capitalismo”, in cui commentavo il libro“Liberalismo inclusivo” di Salvati e Dilmore che analizzava le diverse fasi del capitalismo per cercare di definire una nuova possibile fase di liberalismo-capitalismo, sotto la spinta delle due grandi crisi, quella finanziaria e quella pandemica, verso nuove forme di capitalismo sociale, più inclusivo.

Ora è uscito un saggio di Donald Sassoon, noto storico britannico, con il titolo “Il trionfo ansioso. Storia globale del capitalismo 1860-1914” (editore Garzanti) che analizza la prima grande ondata del capitalismo moderno tra il 1860 ed il primo decennio del ‘900, iniziata in Gran Bretagna, e poi in Francia, Germania e Italia, e sopratutto negli Stati Uniti, ma anche nella Russia zarista ed in Giappone con la rivoluzione Meiji.

In quegli anni si manifestò uno straordinario interesse verso il progresso tecnologico (basato in particolare sulla diffusione dell’elettricità) che portò ad un grande sviluppo industriale ed anche alla scoperta di nuove forme culturali e del vivere sociale (si parla della “belle epoque”). Nella seconda parte dell’800 si diffonde anche il pensiero anticapitalista di Marx sulla base del quale nasce nel 1917 la rivoluzione sovietica che si propone di creare un modello politico-economico opposto al capitalismo imperante, modello che poi nei fatti si rivelò del tutto perdente. Ma poi le due grandi guerre mondiali che hanno dominato l’Europa nella prima metà del ‘900, assieme al nazismo ed al fascismo, interruppero il ciclo di crescita o ne modificarono radicalmente i caratteri.

Al termine del secondo conflitto prende avvio in Occidente una seconda grande fase del capitalismo moderno, che ha promosso il maggiore progresso economico-sociale mai realizzato nella storia umana. Questo modello capitalistico si è andato estendendo dall’Occidente all’Oriente, dai sistemi di governo a base democratica ai paesi a guida autocratica, sino a governi guidati dall’ideologia comunista come in Cina (peraltro un comunismo ben lontano dai modelli sovietici), divenendo così di fatto il riferimento economico di base in tutto il mondo.

Questo processo è avvenuto alternando periodi di grande crescita a fasi di pesanti crisi, da periodi di una crescente e più equa distribuzione dei redditi e delle ricchezze a condizioni di gravi diseguaglianze sociali e conflitti sociali. Ci si è anche domandato spesso se il modello capitalistico di base non possa trasformarsi o lasciare il passo ad altri modelli economici, come sostengono Salvati e Dilmore. In realtà, il modello capitalistico si basa fisiologicamente sull’azione degli imprenditori e l’essere imprenditori appare connaturato strettamente con la natura dell’uomo, in forme diverse in tutta la storia, anche se le forme del capitalismo moderno si definiscono chiaramente solo dalla seconda metà dell’800 secondo Sassoon.    

Lo storico Sassoon peraltro definisce “ansioso” il capitalismo, nonostante appaia trionfante e destinato a durare. Perché il capitalismo è strettamente collegato all’ansia ed all’incertezza imprenditoriale o all’incertezza del lavoro, di fronte ai cambiamenti tecnologici, all’imprevedibilità dei mercati e della concorrenza; un’ansia che cresce con l’estendersi della globalizzazione dei mercati e delle supply chain a livello mondiale.

Secondo Sassoon, il capitalismo non esiste senza crisi, incertezze ed ansie che anzi servono a rigenerarlo e rinnovarlo continuamente. Ma Sassoon dice anche che il capitalismo non può esistere ed essere benefico senza uno Stato forte, così come viceversa uno Stato forte ha bisogno del capitalismo, ma non uno Stato imprenditore, invece uno Stato regolatore che risponde ai bisogni sociali e corregge le diseguaglianze e le iniquità, le rendite di monopolio, favorendo l’inclusione sociale.

Oggi stiamo vivendo gravi pandemie e crisi climatiche a livello mondiale che impongono nuovi comportamenti da parte sia delle imprese che degli Stati. La domanda che si pone Sassoon è se questa situazione che perdurerà per anni potrà essere motivo di crisi o dì cambiamenti del modello capitalista.

Lo sviluppo del capitalismo ha generato una straordinaria crescita spesso fuori controllo dei consumi (e degli sprechi) che va oltre il concetto tradizionale di mercato e che è alla base dell’anomala crescita delle emissioni di CO2 e delle crisi climatiche.  In tal senso, se non si modifica il pilastro dei consumi, dice Sasson che “la rivoluzione verde potrebbe essere il primo duro colpo per il capitalismo”, perché si dovrà ridurre assieme ai consumi anche la produttività. Sarà poi complicatissimo coordinare l’azione ecologica di centinaia di paesi. Ma la tecnologia può aiutare, “anche superando alcuni tabù, come il ricorso all’energia nucleare”.

Questo punto ripropone la domanda che facevo nel precedente articolo: quale modello seguirà l’economia globale nel corso degli anni ’20? Un modello fortemente liberista/capitalista, con in più dosi di sovranismo nazionalista, oppure un approccio meno supply side e più demand side, di riequilibro sociale, di trasformazione e gestione dei mercati e risposte alle crisi climatiche, in cui Stati ed imprese si integrano verso comuni obiettivi in un contesto di complessità multifattoriale crescente?

Di fronte a questa grande sfida si pone l’urgenza di un maggiore impegno responsabile e consapevole partecipazione di tutti, in primis delle politiche dei governi, in costante dialogo tra loro, ma sopratutto da parte di persone, imprese, istituzioni, organizzazioni, nell’ambito di un grande processo di crescita culturale attraverso formazione e apprendimento permanente di conoscenza e consapevolezza dei problemi e delle soluzioni, anche con il supporto fondamentale delle tecnologie digitali, dell’economia dei dati e dell’intelligenza artificiale per la condivisione degli obiettivi e dei  programmi da sviluppare assieme.

L’evoluzione del modello capitalistico si presenta già oggi attraverso le tante nuove forme di imprese partecipate ed innovative (soprattutto gestite da giovani), in cui al centro sono le persone e le competenze professionali di ciascuno, assieme all’utilizzo intelligente delle tecnologie ed in cui il nuovo lavoro e le nuove organizzazioni d’impresa si creano, si innovano  e si  autodeterminano  sulla base delle capacità ed esigenze professionali  e degli obiettivi di vita di ciascuno, attuandosi attraverso nuove modalità di lavoro e di strutture organizzative ibride, nomadi, mobili e nei continui scambi transnazionali, salvaguardando e potenziando il vero spirito imprenditoriale.

 

        

Inserito il:22/01/2022 10:59:07
Ultimo aggiornamento:22/01/2022 11:55:53
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