Anonimo (anno 1951) - Hospital room - Tempera
Conoscere, Comunicare, Ottimizzare, Governare
di Giuseppe Talarico
Il mondo ospedaliero è una realtà estremamente complessa. La gestione economica di una azienda ospedale lo è ancora di più, e se ne sono resi conto uomini di azione (vertici aziendali) e uomini di pensiero (studiosi dell’argomento) che negli ultimi 15-20 anni hanno gestito/studiato il problema direttamente.
Dal di dentro di un ospedale molto malcontento si è ingenerato, un po’ tra tutti gli operatori sanitari.
I nuovi assetti ospedalieri, che si sono creati con la aziendalizzazione di queste strutture, hanno riscritto la vita lavorativa di ogni singolo operatore sanitario ospedaliero. Nulla è più come prima.
Non lo è neanche per i pazienti.
L’ottimizzazione dei costi, dei flussi e le trasformazioni, a tutti i livelli, hanno portato a profondi cambiamenti anche relazionali.
Fino a qualche tempo fa esisteva la fidelizzazione del paziente con l’ospedale o l’ambulatorio, ma le liste di attesa inesorabilmente lunghe e la creazione all’uopo del CUP (centro unico di prenotazione regionale) hanno favorito la migrazione variabile dei pazienti verso la struttura erogatrice della prestazione sanitaria attesa nel tempo più consono al paziente e/o al caso clinico.
Ciò, nell’ambito di una professione (quella medica) che non si basa su certezze ma su probabilità, ha determinato una oggettiva confusione nei pazienti che si sentono erogare differenti pareri e strategie da differenti medici, di differenti strutture.
Per i medici è nata la difficoltà ad inquadrare un paziente che casualmente capita nel suo ambulatorio pubblico quel giorno e non necessariamente lo farà al prossimo controllo.
Per l’ospedale si è configurato l’evidente problema della necessità istituzionale di erogare la prestazione che, pur raggiungendo l’obiettivo formale assistenziale previsto, non sempre, a causa delle ristrettezze economiche, raggiunge il qualificante obiettivo clinico di cura.
Che quindi il percorso assistenziale sanitario debba raggiungere migliori livelli di organicità se ne sono resi conto anche gli ambienti politici tanto che la Regione Lombardia ha recentemente emanato una deliberazione avente per oggetto “Governo della domanda: avvio della presa in carico di pazienti cronici e fragili. Determinazioni in attuazione dell'art. 9 della legge n. 23/2015”. Limitata alla gestione dei soli pazienti cronici, con specifiche patologie e con diversi gradi di fragilità; tuttavia avente in sé, almeno in parte e nelle aspettative, l’antico concetto a fondamento della medicina di tutti i tempi: il paziente ha bisogno di un percorso assistenziale in cui si senta conosciuto, seguito, protetto, nel quale sviluppare fiducia, rispetto, considerazione, ottimismo.
Un appunto molto dolente che viene mosso al sistema gestionale aziendale ospedaliero, da molti anni ormai, è quello della mancanza di adeguata comunicazione.
La comunicazione è al centro di ogni attività umana di gruppo, dovrebbe esserlo ancora di più quando i partecipanti al gruppo sono persone di diversa estrazione, professionalità, con diversi obiettivi, con diversa fragilità.
Gli operatori sanitari dovrebbero essere messi a parte non solo delle decisioni prese dai vertici aziendali, ma anche e soprattutto delle motivazioni sottese per poter capire, compenetrarsi, agire in sinergia, se non in armonia, per il raggiungimento degli obiettivi aziendali, tutti, invariabilmente legati alla qualità assistenziale, all’ottimizzazione dei flussi di lavoro, al contenimento della spesa.
Così i pazienti dovrebbero essere meglio informati circa il funzionamento, anche relativamente ai meccanismi più banali e semplici che fanno muovere il sistema sanitario locale. Se, per esempio, un paziente capisce quali sono le articolate e complesse conseguenze della mancata sua afferenza alla visita medica prenotata, si renderà conto che una sua semplice telefonata di comunicazione potrebbe evitare numerosi e complessi atti operativi, oltre ovviamente a lasciare il posto a qualcun altro ugualmente bisognevole della prestazione da lui non goduta. Se ad un paziente viene spiegato quanto complessa è la gestione dei pasti in un ospedale forse non si irriterà se gli capita di ricevere, oggi, la tazza di te tiepida o i rigatoni non perfettamente al dente.
Gli studiosi, dal canto loro, per raggiungere la verità della conoscenza, dovrebbero seguire sul campo, attraversandolo con le loro gambe, l’oggetto del loro studio o gli effetti delle loro considerazioni teoriche, sfuggendo la pigrizia o la presunzione che li fa arrivare al campo sulla lettiga del comandante a cui solo si rivolgono per avere notizie sulla vita del campo stesso. Dovrebbero comunicare il loro pensiero e ricevere comunicazione del pensiero degli altri, di coloro che quel pensiero se lo costruiscono “strada facendo”. Per raggiungere una versione della verità, bisogna confrontarne molte. La verità è un fantasma, che va inseguito senza sosta – fu detto.
Tutti, insomma, dovrebbero essere messi in grado di capire ciò che riguarda tutti e ciascuno dovrebbe essere messo in grado di capire ciò che lo riguarda. Questo elementare assunto umano ha a che fare con il rispetto e con la partecipazione; qualcuno potrebbe anche dire con la democrazia.
Dubito si possa raggiungere un obiettivo comune, autentico, ancorché economico, senza condividerne in qualche misura i valori, il linguaggio, il dramma anche, se necessario. Il resto è solo una poltrona di una platea più o meno distante dalla vita che si osserva.
La comunicazione è la filigrana di ogni attività umana di gruppo. Se non si comunica si spreca, se non si comunica si sciupa, se non si comunica non si cresce.
Il governo economico degli uomini inizia là dove la quotidianità diventa esistenza.