Aggiornato al 28/04/2024

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Voltaire

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Metodi di selezione e incompetenza manageriale

di Vincenzo Rampolla

 

Al termine dell’incontro del 7 marzo, prima occasione di un dibattito Zoom a tema libero, sono stati riconfermati temi di forte interesse, con interventi proficui e di livello. Quello sull’inadeguata preparazione della classe manageriale italiana mi ha portato a confrontare commenti, critiche e suggerimenti di professionisti del settore, sia nell’area privata che in quella della PA. L’articolo traccia sinteticamente una fotografia di carenza culturale e operativa destinata a ulteriore analisi, in chiave futura e di progresso verso uno modello decisamente innovativo e di alto profilo.

***

Assumere persone intelligenti e dare loro degli ordini non ha alcun senso.

Noi assumiamo persone intelligenti affinché siano loro a dirci cosa fare.

(Steve Jobs).

L’Italia, tra i tanti primati che detiene, tra i primi Paesi industrializzati in Europa è anche in testa, per l’incompetenza dei propri manager, pubblici e privati.

Il settore pubblico - Se pensiamo alla politica, gli italiani hanno perfettamente acquisito l’ormai consolidata e cronica incapacità dei rappresentanti eletti di saper fare e di perseguire gli interessi degli elettori. Nepotismo e clientelismo sono diventati un meccanismo consolidato per veloci e rassicuranti carriere personali all’insegna di denaro e potere. Ancora oggi, secondo Transparency International Italia (Associazione contro la corruzione), il Paese è al 41° posto su i 180 più corrotti del mondo e al 17° nell’UE su 27 Paesi, nel ranking CPI (Indice della Corruzione): piani pandemici inesistenti e fraudolentemente millantati per esistenti; mancanza di un piano di investimenti sull’emergenza alluvionale; evasione IVA e fiscale; denaro a pioggia con bonus per tentare di riorganizzare la sanità pubblica, le patenti, le facciate dei palazzi e altro ancora, da riempire volumi.

Chi sarà mai il responsabile, il regista, l’artefice? Al singolare o al plurale?

I dirigenti che dovrebbero organizzare al meglio le risorse dei vari apparati pubblici presenti sull’intero territorio nazionale, passano per esperti. Nepotismo e clientelismo la fanno da padroni. Le competenze manageriali raramente vengono menzionate. Ciò che conta è l’appartenenza alle varie lobbies politiche, aziendali, sindacali, clericali, mafiose che pullulano nel Paese mentre i concorsi per assunzione di nuovo personale vanno deserti: stipendi da fame. I dirigenti non si occupano di gestire al meglio le risorse di cui dispongono per perseguire obiettivi aziendali, ma perseguono obiettivi personali, di carriera, e lo fanno prestando il fianco ai loro protettori.

Domanda: Perché in Emilia-Romagna i servizi pubblici funzionano? Risposta immediata e molto semplice: perché hanno, nelle loro organizzazioni, una fascia operativa che funziona egregiamente. Altra domanda: Perché la pulizia e manutenzione dei corsi d’acqua viene fatta a valle e non a monte? Risposta perentoria: perché i Verdi ne hanno decretato il divieto. Dunque impossibile. Nell’amministrazione ordinaria si potrebbe fare a meno del livello dirigenziale. È nella amministrazione straordinaria che spuntano magagne, insospettabili truffe e concussioni.

Un esempio, uno solo: l’improvvisata gestione iniziale dell’emergenza pandemica, è stata raddrizzata silurando il commissario, in odore di gratifica estemporanea, e rimpiazzandolo con un ex generale. Maestro di ordine, metodo e disciplina. Com’è successo? Grazie ai cortei di camion militari pieni di bare verso il cimitero di Bergamo, punto critico del focolaio.

Il settore privato – Dagli enti pubblici entriamo nel planisfero del lavoro e dei sindacati connessi e il quadro non cambia. I principali osservatori del mercato del lavoro - associazioni, istat, isfol e agenzie private - confermano che i dirigenti delle imprese private non hanno competenze manageriali, mancano di leadership, di capacità organizzative e sono talvolta nulli in esperienze economiche e finanziarie. Ciò si traduce in una perdita di produttività del personale operativo di ogni livello, stimata in circa €500 Mld/anno e in un forte turnover di dipendenti del 75%, a causa di ambienti di lavoro pesanti e malsani. Lo dice diplomaticamente il Presidente di Choralia, società internazionale per lo sviluppo delle risorse umane e della formazione manageriale: I manager italiani lavorano intensamente, spesso anche più ore che altrove, ma non sempre è chiaro a tutti il loro obiettivo: mancano di una visione strategica di medio-lungo periodo. Ma che…. pianificano a fare?

Domanda. Perché tanti incompetenti diventano leader? Risposta. Secondo il docente di Business Psychology all’University College di Londra e alla Columbia University, autore del libro Perché tanti uomini incompetenti diventano Leader? A causa di processi di selezione inadeguati, impropri e di parte: Quando gli uomini vengono selezionati per occupare posizione di vertice, gli aspetti che consentirebbero facilmente di predire il loro fallimento, sono di solito confusi per indici di potenzialità o di talento per la leadership e perciò esaltati. Caratteristiche come l’eccessiva fiducia in sé stessi e il narcisismo andrebbero interpretati come segnali di pericolo e spingono a dire invece: Ah, un vero trascinatore! Ha la stoffa del leader. I nostri sistemi di selezione esaltano le caratteristiche del maschio alfa e cioè il protagonismo rispetto all’umiltà, l’estroversione rispetto alla sobrietà, la voce grossa rispetto all’understatement, l’azzardo rispetto alla saggezza. Il problema? Queste caratteristiche, se sono utili a imporsi come leader, sono del tutto inadatte per guidare un Paese, un’impresa o una comunità di persone. Autorevolezza disintegrata dall’autorità.

Se si pensa al sistema di selezione dei politici, che avviene nei seggi con il consenso popolare, il meccanismo non fa una piega. È un metodo, sì, ma inadeguato, raccolto da un numero significativo di elettori che non possiede gli strumenti necessari per comprendere la differenza tra competenza e incompetenza, affidabilità e inaffidabilità, tra vero e falso, sincerità e adulazione. Come spiegare la permanenza di Big odierni alla Presidenza di Paesi a regime autoritario, democratico e teocratico?

I metodi di selezione. Due parole chiave da interpretare: fierezza e carisma. Due termini che sicuramente possono essere presi nella loro accezione positiva. Se non altro, il modello economico e sociale duramente costruito dal dopoguerra ad oggi, si basa su di loro. E non tutti concordano, se c’è chi crede che sia stato costruito un falso mito, per obiettivi ad personam, non per avere veri leader:

1- la fierezza, eccessiva sicurezza di sé, è un attributo che troppo spesso i selezionatori associano alla competenza e alla leadership. Tra i due attributi (sicurezza di sé e competenza) non vi è alcuna correlazione. Al contrario, studi sull’argomento hanno empiricamente provato che esiste una sovrapposizione inferiore al 10 % tra quanto le persone pensano di essere intelligenti (sicurezza in sé) e i punteggi reali dei test di intelligenza (competenza). Per quel che contano tali studi…

2- il carisma è un altro falso attributo che non esprime necessariamente una leadership di valore. Le evidenze empiriche suggeriscono tutt’altro: I leader più efficaci, in politica come nel mondo imprenditoriale, non sono i più carismatici. Sono dotati di determinazione, parsimonia e umiltà, rispettano l’altro, pronti ad ammettere i propri errori.

È chiaro che il problema di fondo dei cacciatori di teste sta nel preferire l’ostentazione di sicurezza di sé, malamente percepita come possesso di competenze, a semplicità, modestia e rispetto, virtù interpretate spesso come indici di insicurezza: chi è gentile e educato passa di frequente per debole e imbranato.  La persona umile, seppur competente, viene vista come cauta e insicura agli occhi dei selezionatori, quindi scartata. È un problema di cultura, che ovviamente influenza anche i modelli e i metodi venduti come scientifici. B. Russell ricorda: Il problema dell’umanità è che gli stupidi strasudano sicurezza, mentre gli intelligenti affogano nei dubbi.

Conclusioni. In estrema sintesi. C’è un’enorme differenza tra i tratti della personalità e i comportamenti che occorrono per essere scelti come leader (sicurezza di sé, narcisismo, carisma) e i tratti e le competenze che occorrono per essere capaci di dirigere (competenza e integrità). Ne deriva che se vogliamo far emergere dei buoni leader, cioè dei leader esperti, emotivamente stabili, consapevoli dei propri limiti e dotati di una buona dose di umiltà e empatia, dobbiamo profondamente ripensare gli attuali criteri di selezione, poiché sono proprio quest’ultimi, per come sono oggi strutturati, a escludere, in modo del tutto distorto, tutti coloro - le donne in particolare - che invece avrebbero le caratteristiche adatte per essere veri leader.

Un cambiamento di questa portata può funzionare in Italia? Chissà. È un problema culturale, tocca pesantemente il modo di pensare degli italiani. O per lo meno dei professionisti che si occupano di selezione del personale. Si dà il caso che questi siano gli stessi manager che ieri occupavano posizioni dirigenziali in società private e ora pubbliche… e viceversa. Circolo vizioso, da restare invischiati fino al collo. I leader intanto, una volta al potere, più sono mediocri e incompetenti, più tendono a circondarsi di persone incapaci e devote. Perché mai? Hanno il vizietto di inquinare l’ambiente, con la mediocrità, l’arroganza e l’ignoranza, condannate ad autogenerarsi emulando virus e batteri.

(consultazione:  treccani, economix 2020 - andrea lodi; transparency international italia; daily telegraph; le monde; corsera; libero; il giornale; la stampa; avvenire; polimilano; choralia international) 

 

Inserito il:11/03/2024 09:44:51
Ultimo aggiornamento:11/03/2024 10:04:23
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