Nel 2015 abbiamo “comunicato”?
E’ facile riflettere? Non è facile riflettere su se stessi, figurarsi se si prova a farlo su tutti gli accadimenti del e nel mondo. Ma ci proviamo. E poi i risultati, che potrebbero essere anche solo quelli di elucubrazioni sterili e di inutili fantasie…si vedranno…
Una riflessione che mi viene in mente, spontanea, una specie di “fulminazione” più che una riflessione, è la “comunicazione”, o meglio, il modo di comunicare, che non sono certamente mutati nel 2015 ma che, a mio avviso, iniziando già a subire un mutamento negli anni precedenti, hanno forse raggiunto il loro apice nell’anno appena trascorso.
Si è passati, attraverso i secoli, da una cultura da condividere tramite la parola parlata che veniva tramandata (ed inevitabilmente in parte persa e/o distorta), ad una cultura scritta, che permaneva certo, e consentiva uno scambio ma forse un non completo e costruttivo confronto. O, se confronto c’era, troppo dilatato e dilazionato nel tempo. Comunicare è condividere. Cosa si condivide oggi in un mondo in cui la comunicazione è diventata sempre più virtuale? La realtà, la fantasia? Entrambe, mescolate insieme? Internet ci ha fornito un mondo di insperate possibilità di divulgazione della cultura, ma anche un mondo di trappole.
La prima, banale, l’accesso alla cultura. I ragazzi, oggi, fanno sempre più fatica ad aprire un libro, a “cercare” una notizia, a fare proprio un concetto, ad “annusare” tra le pagine di un libro, la vita. In Internet trovano, per lo più, tutto già pronto e precostituito. Purtroppo, se non guidati da mani adulte, trovano anche ciò che non dovrebbero trovare perché poco comprensibile o falsabile dalle loro giovani menti. Diventando preda di chi, senza scrupoli e patologicamente, fa della loro ingenuità il proprio desiderio.
Con un volo pindarico, ma neppure tanto, cosa è accaduto nel mondo adulto? Anche qui un radicale cambiamento nel modo di comunicare, ma soprattutto di “essere”. Si è passati da relazioni stabili, certe, forse per certi aspetti, fin troppo “fisse” e dense di noia, a relazioni fin troppo, all’opposto “fluide” come voleva Z. Bauman, inconsistenti, mutevoli. Relazioni spesso fondate sul “nulla”, sulla sola presenza di un pc, uno schermo su cui riflettere l’immagine che reputiamo migliore, di noi stessi e non cercare il confronto con l’altro. A meno che l’altro non sia come lo vogliamo noi. Ma questo non è confronto, è “riflessione” sterile. L’altro viene così forgiato secondo i nostri bisogni, che poco hanno a che vedere con la realtà. L’importante è che siano soddisfatti. E con urgenza. Non si aspetta. Saltano i tempi necessari per una conoscenza: prendere un aereo, un treno, un mezzo che ci porti dall’altra parte del mondo, se necessario. La comunicazione e la relazione (falsate) sono lì, dietro l’angolo, perché sprecare tempo, fatica?
Anche nel mondo adulto, dunque, tutto e subito. Non importa che sia vero, importa che riempia il nostro vuoto interiore. Perché rischiare una delusione? Un incontro che potrebbe non soddisfarci? Meglio vivere di illusioni che di delusioni. Illusioni che non saranno mai deluse se non avviene il confronto con la realtà. Certo, a volte, la realtà potrebbe risultare meglio della fantasia, ma ciò comporta un rischio e non lo si vuole correre.
Il mio augurio (assolutamente utopico, ma da inguaribile romantica e fiduciosa nelle possibilità future, non poteva che essere tale), è che si torni a “faticare” per costruirsi relazioni vere, che si torni a soffrire per sentimenti veri e non per un click che chiude una relazione forse mai esistita e certamente mai iniziata, se non nella mente (ed in modo ancora più distorto), di chi, disperatamente, a qualsiasi costo, la voleva.