Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore, 1485 ca – Venezia, 1576) – Caino e Abele - 1542
I momenti dell’odio
di Gianni Di Quattro
Il mondo è stato attraversato sempre dall’odio, perché l’odio è un sentimento primario, nel senso che è l’origine di tante forme diversificate in cui poi si manifesta, è forte e l’uomo lo sente sempre quando vuole abbattere un avversario, un concorrente o quando ha paura di soccombere o semplicemente quando deve giustificare una incapacità, una immoralità, un atto riprovevole che dice di commettere per difendersi.
Ci sono tuttavia momenti nella storia della umanità in cui l’odio diventa ancora più forte, viene condiviso da interi popoli o da religioni e dà poi origine a fenomeni che si chiamano razzismo. Quest’ ultimo sentimento dunque non è altro che una forma violenta di odio, inconsapevole e irrazionale, condivisa. Il razzismo sia collettivo che individuale è anche una forma di sofferenza umana, una scelta che ostacolerà sempre sentimenti di amore e di partecipazione e che condiziona qualsiasi uso logico delle proprie capacità intellettuali.
Il razzismo si può presentare in forma violenta e la storia è continuamente pervasa da simili eventi in cui alcuni popoli o parte di questi vogliono distruggere, sterminare altri popoli o parte di essi. Ma si può anche presentare in una forma meno violenta pur se con una carica non meno intensa. In questo ultimo caso la durata del fenomeno è lunga e può comprendere momenti di violenza alternati ad altri di indifferenza e mai quasi certamente di comprensione o di solidarietà.
Non ci sono ceti sociali predestinati allo sviluppo di forme di razzismo perchè questa forma di odio attraversa tutta la società e tutte le culture. È così da sempre a partire dalle società primitive ed è riscontrabile anche nelle odierne comunità sociali che si definiscono evolute rispetto al passato.
Nei momenti in cui l’odio diventa più forte, i suoi effetti stravolgono gli animi, serpeggiano ovunque, pervadono la mente di intere maggioranze e connotano molte manifestazioni umane come può essere qualsiasi competizione professionale, soprattutto nella politica, nello sport, nella cultura. Naturalmente il razzismo è l’aspetto più brutto dell’odio, la faccia più volgare perché vuol dire odiare e combattere persone solo perché fanno parte di una etnia o professano una religione o credono in qualche cosa.
Nel momento attuale, in cui scompaiono uno dopo l’altro tutti i tentativi politici che cercavano di propagandare giustizia e libertà, in cui molti governanti, soprattutto quelli dei paesi più potenti e che condizionano da tempo tutto il pianeta, stanno cercando di distruggere il passato fatto anche di tentativi di accordi e di avvicinamento tra popoli diversi, è naturale ed automatica la maggiore diffusione di egoismo e di odio sociale che si percepisce e si manifesta contro tutto e contro tutti. Basta pensarla in modo diverso per essere oggetto di odio e se poi tanti la pensano in modo diverso ecco che nasce il razzismo.
In pratica l’umanità periodicamente vive momenti in cui le manifestazioni delle sue capacità intellettive si abbassano di molto lasciando spazio alla violenza e all’odio. E questo momento è uno di quelli purtroppo. Si può certamente risalire come è avvenuto altre volte, bisogna solo avere pazienza perché questi percorsi sono lunghi e tortuosi, soprattutto quando, come ora, i poteri che seminano odio e favoriscono in modo cosciente o incosciente la violenza, sono i padroni della tecnologia. La tecnologia che condiziona sempre più la vita di tutti e il sistema globale di relazioni e di sopravvivenza.
È comunque probabile, come sostengono certe riflessioni di storici ed osservatori sociali, che il momento attuale sia più drammatico rispetto alle altre volte, perché rappresenta la fine della civiltà occidentale e dei modelli che hanno condizionato e guidato la vita degli uomini negli ultimi due secoli circa nel bene o nel male, pur con le guerre e i sacrifici di tanti. Quella civiltà che ha consentito un miglioramento del livello di vita, il suo allungamento e una migliore qualità della stessa vita di una parte della popolazione mondiale a scapito di un’altra, la occidentale appunto quella privilegiata.
Se di questo si tratta il percorso di recupero potrebbe essere ancora più lungo e faticoso, perché non si tratterebbe solo di un puro recupero, ma anche e soprattutto di studiare e mettere a punto e provare nuovi modelli che possano scavalcare i fallimenti passati e immaginare una prospettiva nuova, più giusta e meno carica di odio.
Forse tuttavia è una utopia e il mondo continuerà a riciclare sempre, come diceva un noto napoletano che aveva capito che l’uomo non riesce ad uscire dalla sua natura primitiva anche quando sembra che lo stia per fare e il suo destino è quello di ripetersi.