Immagine realizzata con strumenti di Intelligenza Artificiale
Siamo infobesi
di Achille De Tommaso
Non è un male nuovo. Anche gli antichi, anche gli Ateniesi del V secolo a.C., confondevano la moltitudine delle informazioni con il possesso della verità. Già Socrate, con la sua proverbiale ironia, lo aveva compreso: si può sapere tutto e non capire nulla. Si può parlare per ore, citare poeti, leggi, numeri e nomi… e restare profondamente ignoranti.
Oggi però, a differenza di allora, l’illusione si è fatta sistema. La tecnologia ci ha reso onniscienti, o meglio: infobesi (*). Abbiamo trasformato il diritto a sapere in un obbligo a essere sempre aggiornati. Ma siamo sicuri che sia conoscenza quella che assorbiamo ogni giorno?
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Socrate distingueva tra opinione e sapere, tra ciò che si ripete e ciò che si interiorizza. Noi, invece, commettiamo un errore ancora più grave: scambiamo l’informazione per conoscenza, e la conoscenza per pensiero. Tre livelli distinti, che oggi vengono appiattiti in un’unica parola abusata: “contenuti”.
Informazione: l’illusione del sapere
L’informazione è il grado zero del sapere. È il dato, il fatto grezzo, privo di contesto e di interpretazione. È il tweet, il titolo, l’immagine virale. Come i sofisti greci, anche noi accumuliamo nozioni per apparire sapienti. Ma sapere che Atene è stata distrutta nel 480 a.C. non equivale a comprenderne le cause storiche, culturali e simboliche.
Oggi viviamo nel paradosso di chi ha accesso a tutto ma non assimila nulla. Ogni notizia dura il tempo di un refresh. Ogni lettura si misura in secondi. E la mente si abitua a restare in superficie.
Conoscenza: il lavoro silenzioso della mente
La conoscenza nasce quando l’informazione viene selezionata, organizzata, strutturata. È l’arte di connettere, di discernere, di trasformare dati in visione d’insieme. Non è automatica, né neutra. Richiede metodo, confronto, lentezza.
Platone sapeva bene che la conoscenza non è una somma di dati. E che solo attraverso il dialogo, la confutazione, l’esperienza si costruisce un sapere solido.
Oggi invece ci accontentiamo di citare. Di postare e condividere link. Di incasellare le nostre opinioni sotto etichette ideologiche. Ma senza una vera interiorizzazione, non c’è conoscenza: c’è solo accumulo di dati.
Pensiero: l’atto sovversivo
Il pensiero è ciò che va oltre. È l’attività creativa per eccellenza. Non si limita a rielaborare il noto, ma lo trascende. Il pensiero mette in dubbio, cerca l’origine, interroga l’evidenza. È scomodo, perché rallenta. È pericoloso, perché libera.
Nel “Fedro”, Platone temeva che la scrittura potesse illudere gli uomini di sapere senza capire. Aveva torto sul mezzo, ma ragione sul principio: ogni civiltà tecnologica rischia di confondere il supporto con il contenuto, la memoria con l’intelligenza.
Oggi, travolti da notifiche e algoritmi, corriamo il rischio di abdicare al pensiero. Ci basta “sapere che qualcosa è successo”, senza chiederci perché, come, a chi serve.
Una civiltà veloce, ma molto cieca
Confondere informazione, conoscenza e pensiero non è solo un errore epistemologico. È una tragedia culturale. Perché ci impedisce di vedere in profondità, di scegliere consapevolmente, di costruire futuro. Ci rende reattivi, non riflessivi. Saturi, ma vuoti.
L’Atene di oggi è digitale. Ma il rischio è lo stesso: sapere tutto, senza capire niente. E se non recuperiamo l’arte socratica del pensare, finiremo per credere che Google sia più saggio di Apollo.
Siamo informati, ma non sapienti. Connessi, ma non coscienti. E la peggiore ignoranza è proprio questa: quella che non sa di essere tale.
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(*) Il termine "infobeso" è un neologismo, una parola composta, usata in forma colloquiale e critica per descrivere la condizione contemporanea in cui un individuo è sovraccarico di informazioni, spesso senza possedere gli strumenti cognitivi per selezionarle, comprenderle o utilizzarle in modo critico.
Definizione sintetica:
Infobeso (dal latino informazione + obesità):
Persona sovraccarica di contenuti, dati e notizie, ma povera di comprensione, discernimento e conoscenza strutturata.
Caratteristiche dell’“infobeso”:
- Scorre compulsivamente notizie e contenuti, spesso da fonti non verificate.
- Accumula nozioni frammentarie senza capacità di sintesi o gerarchia.
- Soffre di ansia informativa (information anxiety) e fatica a distinguere ciò che è rilevante.
- Confonde opinioni, slogan o meme con conoscenza.
- È vulnerabile alla disinformazione, anche quando si ritiene "ben informato".