Aggiornato al 06/11/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Immagine realizzata con strumenti di Intelligenza Artificiale

 

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Da consumarsi preferibilmente entro ….

di Ruggero Cerizza

 

Non ho mai compreso appieno la reale funzione del monito “Da consumarsi preferibilmente entro…” obbligatoriamente stampigliato su ogni prodotto deperibile in commercio.

Ho sempre pensato potessero esistere solo due vere alternative:

  • sai che dopo la fatidica data il prodotto diventa nocivo per la salute, e allora togli l’avverbio “preferibilmente”,
  • sai che può essere mangiato sin quando non è andato a male, e allora non scrivi nulla in merito alla scadenza.

Tra l’altro mi sono sempre domandato quale potesse essere il protocollo per i cicli di prove necessari alla determinazione del “periodo di validità” dell’alimento, valutando la limitatezza dei risultati in laboratorio che prescindono necessariamente dall’effetto delle reali modalità di conservazione dall’uscita dalla fabbrica sino all’arrivo sulla nostra tavola.

Dal punto di vista “comunicativo” ricordo chiaramente l’enfasi ed il martellamento con cui gli organismi governativi, la UE in primis, ci hanno fatto partecipi della loro “tensione etica” verso “la salvaguardia e la tutela della salute” dei consumatori, già “tutela”, perché è notorio che noi consumatori, essendo dei minus habens, necessitiamo dell’indirizzo e dell’azione di un tutore.

Non sono in possesso di dati strutturati su quanti disturbi gastrointestinali, quante intossicazioni alimentari, quante lavande gastriche e quanti avvelenamenti da cibi avariati il predetto monito abbia evitato; so per esperienza diretta che ha sicuramente avuto come effetti collaterali spero indesiderati i seguenti:

  • uno spreco enorme e totalmente inutile di “roba buona”
  • un incremento significativo e immotivato di generazione di rifiuti organici ed inorganici.

Tutta la filiera alimentare, sebbene obbligata a subire maggiori costi per la modifica del packaging,  si è prontamente allineata al “battage comunicativo” degli enti governativi evidenziando quanto anche a tutte le sue aziende stesse a cuore la salute e la soddisfazione dei loro clienti; omettendo di evidenziare che per loro avrebbe generato, come effetto collaterale tutt’altro che disprezzabile, un significativo incremento delle vendite sostitutive dei prodotti scartati a “scadenza consigliata.”  

Personalmente non mi sono mai attenuto ad un’applicazione rigidamente precauzionale dell’avviso di scadenza; da sempre non mando “automaticamente” a rifiuto un alimento dopo la scadenza indicata come preferibile, ma prima ne verifico l’effettiva “non commestibilità” osservandone lo stato di conservazione ed anche assaggiandone una minima porzione per rilevare eventuali modificazioni organolettiche che possano essere avvisaglia di deperimento.

Procedura, questa, che ho dovuto sempre effettuare rigorosamente di nascosto dalla mia consorte e dalle mie figlie per non sentirmi dare dello spilorcio, dell’incosciente e per non subire le prospettive iettatorie di dolorosi “mal di pancia”.

A questo punto il lettore si domanderà: dove vuole andare a parare costui? perché abusa del mio tempo con tali facezie? Svelo subito l’arcano.

L’altro ieri mattina mi accingevo a consumare un alimento di una notissima multinazionale alimentare francese; nell’asportarne il coperchio mi è caduto l’occhio sulla solita avvertenza “Da consumarsi preferibilmente entro il: giorno-mese-anno”, sotto la quale con mia grande, e devo dire soddisfatta sorpresa, ho trovato la seguente “incredibile” aggiunta: “DOPO QUESTA DATA POTREI ESSERE ANCORA BUONO, ASSAGGIAMI. RIDUCIAMO INSIEME GLI SPRECHI”. [Non riporto l’immagine del coperchio per non fare pubblicità gratuita, ma vi assicuro che la conservo gelosamente].

Cos’è successo?

Semplice, siamo passati dalla fase in cui i “saggi pianificatori” - governanti, regolatori, commissari, scienziati, possessori di big-data, studiosi, guru ed opinion maker di ogni sorta, e, ovviamente le grandi multinazionali - sono passati dal mantra “consumate, consumate a più non posso, indebitandovi se necessario, così l’economia gira ed il PIL cresce”. al nuovo mantra “oddio, oddio se consumiamo così tanto ci giochiamo anche il pianeta, allora meglio la decrescita felice, tanto più che il Pil non è un veritiero indicatore di benessere”.

Lascio al lettore trarre le proprie ulteriori considerazioni su questa dinamica politico-sociale e magari estenderle per analogia ad altri processi evolutivi in corso, quali ad esempio la globalizzazione, l’ordine mondiale, l’auto elettrica, l’energia nucleare, ecc.

Dal mio punto di vista, sono sincero, beneficio ancora adesso del buon umore generato dalla lettura della nuova dicitura, perché comincio ad intravedere che forse il tanto vituperato buon senso sta finalmente riprendendo il suo giusto ruolo nel vivere quotidiano, e beneficio altresì di una buona dose di auto-stima, perché da un paio di giorni ho l’impressione che consorte e figlie ascoltano le mie esternazioni con rinnovato interesse.

 

Inserito il:11/02/2024 15:31:06
Ultimo aggiornamento:12/02/2024 16:16:03
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