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Un contributo senza pretese: appunti sul mondo cambiato
di Gianni Di Quattro
Prendere coscienza che il mondo è cambiato, non si tratta di un cambio di paradigma che vuol dire vedere in modo diverso un aspetto di un problema, ma si tratta proprio di un grande cambiamento.
Per parlare di lavoro e di società, la prima affermazione è precisare il mutato rapporto tra lavoro e impresa, tra capitale e lavoro. Questo rapporto di contrapposizione non esiste più ed esiste la contrapposizione tra impresa costituita da capitale e lavoro contro la rendita finanziaria, la finanziarizzazione della società.
Questo fenomeno fondamentale va inserito nel contesto di una caduta democratica perché l’astensionismo rende la nostra democrazia meno partecipativa, mentre sono caduti tanti valori sociali che hanno caratterizzato la seconda metà del secolo scorso.
La principale trasformazione sociale è costituita dalla diseguaglianza che è cresciuta a dismisura e che continua a crescere e che rappresenta quindi il vero centro del problema politico, sociale, morale, organizzativo, economico della nostra società nei prossimi anni.
Per vedere dentro le diseguaglianze alcuni elementi sono: aumenta il numero degli occupati ma aumenta nello stesso tempo il lavoro precario che rappresenta ormai circa il 20% del totale, i salari del ceto medio rimangono bassi mentre cresce il costo della vita e crescono le remunerazioni degli imprenditori e le retribuzioni degli alti dirigenti, pubblici e privati, aumenta il risparmio privato forse per garanzia di vivere e nello stesso tempo mancanza di fiducia nelle istituzioni, la diffusione della tecnologia ha cambiato il modo di lavorare nella produzione e nella gestione e questo fenomeno è destinato ad aumentare in modo spropositato, mentre la massa dei lavoratori non è preparata per rispondere alle richieste del nuovo lavoro condizionato appunto dalla tecnologia, mancano gli investimenti privati e si riducono gli investimenti esteri per il sistema industriale mentre crescono le sovvenzioni che sono ovviamente legate al mondo politico al potere ed alle condizioni economiche e per questo per definizione aleatorie.
Per capire di più il contesto sociale fondamentale per definire il lavoro oggi e come potrà essere, è opportuno citare i seguenti elementi: cala la natalità e il tasso negativo aumenta anno dopo anno, diminuisce il numero dei laureati e dei diplomati anche per il costo che tante famiglie non possono più sostenere, inoltre aumenta il numero degli emigrati, in particolare laureati che vanno a cercare migliori retribuzioni, opportunità e qualità migliore del lavoro (bisogna fare in modo che i giovani possano pensare che in questo paese vale la pena vivere), interi paesi nel mezzogiorno sono quasi spopolati ed abitati solo da anziani, peraltro la popolazione globale del paese è la più anziana al mondo dopo il Giappone, si cerca di respingere gli immigrati comunque decisamente inferiori agli emigrati e non si vogliono realizzare centri di accoglienza per esaminare chi arriva, informarlo ed inserirlo nel mondo produttivo del paese che entro breve potrebbe essere costretto a tagliare iniziative per mancanza di lavoratori a prescindere degli effetti dirompenti sul sistema previdenziale, infine i servizi sociali sono sempre più lacunosi a partire dagli asili nido al sistema scolastico e soprattutto a quello sanitario costringendo persino milioni di cittadini a smettere di curarsi.
Un tema a parte e che incide sulla società e sul lavoro è poi quello della sicurezza e lo sviluppo di forme criminali.
Se il problema vero è costituito dalle diseguaglianze sociali, due sono i modi per combatterle: aumentare e qualificare il lavoro, legandolo sempre più alla scuola e alla formazione, questo comporta un cambio di comportamento del governo, del sindacato e anche delle imprese che devono mettere in preventivo i mezzi per la formazione che sarà sempre più continua e che non potrà più contare su alcune grandi imprese che fungevano da centri di formazione in modo indiretto, come possono ancora fare alcuni paesi come ad esempio la Francia o la Germania.
Ed inoltre, il governo non può sovvenzionare direttamente o indirettamente le imprese, ma creare l’ambiente per gli investimenti e per il modo di fare impresa dal punto di vista giuridico (normative e controlli), fiscale (il modo di trattare gli utili investiti, dare spazio a venture capital e trattare per il periodo di avviamento le start up oltre a garantire un diverso sistema di progressività), strutturale e tecnologico (disponibilità reti, centri di recovery, tariffe collegate agli anni dell’impresa ed ai suoi utili).
Forse quello che manca di questi tempi è davvero il coraggio di dire le cose come stanno e l’audacia di provare a cambiarle.