L’Intelligenza Artificiale e la Luna
Sulla banalizzazione dell’umano pensiero
di Daniele D’Innocenzio
Per chi contempla le stelle, la Luna è un trullo in un occhio: quel trullo è l’intelligenza artificiale.
Buffo che anche il paese di Dante sia rimasto affascinato dalla dozzinalità di ciò che rappresenta oggi l’A.I.: la banalizzazione del linguaggio ovvero di quel percorso evolutivo che dura da millenni, una sfumatura culturale infinita che pervade le menti i pensieri e restituisce arazzi interiori di umana sensibilità altrimenti impossibili da condividere ed esternare.
Forse è questo l’aspetto più bello della lingua, il vero elemento di socialità, più del moderno spopolamento delle campagne. L’endemico e inarrestabile cammino del digitale, che mantiene in superficie, pretende la superficie, osanna l’infantilizzazione dell’uomo e la perpetua, ora travolge tutto come uno tsunami anche la nobile lingua.
La marcia silenziosa degli LLM che avanzano imperturbabili in cerca di “un centro di gravità permanente” togliendo spazio e dignità alla coscienza, con la complicità di uomini ormai anestetizzati, disumanizzati, presi e assorti dalla ennesima nuova “urgenza”.
Un mondo di infanti con l’oracolo in mano, un oracolo da sei pollici e più: ciò che esiste, esiste ormai solo in esso.
Non c’è più dignità per la saggezza/contenuto di un vecchio libro o più semplicemente per un vecchio saggio “analogico” umano.
Non dissimile realtà del mondo reale, dove i più si affidano ciecamente alla “Var” del “Niente di turno”: nel virtuale seguono la miglior A.I. di sempre che, fedele, vomita raccomandazioni, sempre politicamente corrette, neutre, mai pericolose non sia mai…
Capiremo un giorno, con colpevole ritardo, la nostra abdicazione da esseri senzienti dotati di coscienza e libero arbitrio? Senza, perché dovremmo essere migliori, più efficienti di un LLM?
Ai tecnocrati l’ardua sentenza.