Aggiornato al 09/11/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Rosa Lombardo (Palermo, ? - Illustratrice) - La Putia di zio Vicé

 

Pane e panelle

di Gianni Di Quattro

 

Una volta a Palermo i ristoranti erano pochi, la gente aveva pochi soldi per spenderli per mangiare fuori casa e ci si andava nelle occasioni importanti, nel caso di ricorrenze particolari per cui non se ne poteva fare a meno. Si andava in questi casi nei più famosi come Spanò a Romagnolo che ebbe grande notorietà perché aveva avuto come clienti persino i reali del Belgio in visita alla città. Ogni tanto se ne inaugurava uno nuovo e in città se ne parlava tanto, ricordo ancora quando fu aperto “Le Caprice” in Via Cavour. Esistevano è vero i ristoranti degli alberghi, che una volta erano anche pochi, ma l’abitudine di andare a mangiare in un albergo non era diffusa ed anzi veniva considerata una cosa strana, perché si diceva che nei ristoranti di albergo si mangiava male in quanto utilizzati da avventori di passaggio e non da veri clienti.

Ma c’erano tante osterie dove si potevano passare le ore, si beveva e si poteva mangiare qualche piatto come i fagioli, la carne al sugo, la salsiccia e poco altro. Alcune di queste osterie poi si sono evolute e trasformate, come ad esempio il famoso Don Ciccio a Bagheria. Nelle osterie si andava per stare insieme con gli amici, per festeggiare qualcosa, noi studenti andavamo per esempio per festeggiare le matricole o un esame o una laurea o qualsiasi storia si infilasse di prepotenza nella nostra giovane vita.

C’era poi il mangiare di strada, in ogni angolo si vendevano le verdure, il pane con la milza, la parte callosa della carne ed altro ancora, a mare il polipo bollito, i frutti di mare. La gente si fermava per un assaggio, per una merenda, per camminare con gli amici mangiando.

E poi c’erano, molto ma molto diffuse le friggitorie, in sostanza le panellerie, perché le panelle erano il prodotto principale della loro offerta.

Le panelle, frittelle di ceci di forma quadrata o tonda, fritte, a differenza della farinata ligure che è al forno e a cui si richiamano, calde inserite nel pane fresco erano il cibo più diffuso nella vecchia Palermo, era il pranzo di tanti operai e di tanti studenti. Per la verità le panellerie offrivano pochi altri prodotti e cioè crocchette di patate chiamate cazzilli e rascature che erano delle panelle fatte a polpetta allo scopo di utilizzare i resti delle panelle dopo che queste erano passate nelle apposite forme prima di essere fritte. E naturalmente sua maestà la melanzana fritta in varie forme e in vari modi.

Il pane e panelle dunque è il simbolo, la punta di diamante, del cibo di strada da sempre molto diffuso a Palermo. Una città in cui mangiare per strada, comprare e condividere il cibo è sempre stata una abitudine, un modo di vivere insieme forse anche grazie al clima che certamente è stato molto favorevole.

Un palermitano ad un amico che si reca nella sua città suggerisce sempre cose da visitare, luoghi da vedere, arie da respirare e che trasudano di vecchie abitudini da far capire chiaramente che provengono da vecchie e variegate culture e, senza alcun dubbio, il pane e panelle.

È come il panettone per Milano o lo zampone di Modena od ancora il panforte di Siena o la trippa di Firenze quando anche essa si comprava per strada. È una connotazione della città, del suo modo di vivere, del suo adattamento a tutto. Rappresenta il piacere, così io penso soprattutto, di mangiare insieme, di condividere, di esibire il cibo, di camminare mangiando e cioè la dimostrazione di una filosofia di vita. Un segno di apertura, di amicizia, di relazioni con persone e cose, con una cultura antica.

 

Inserito il:05/06/2019 16:47:41
Ultimo aggiornamento:05/06/2019 16:59:44
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