Aggiornato al 11/10/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Immagine realizzata con strumenti di Intelligenza Artificiale

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La Domanda delle domande

di Annalisa Rabagliati

 

Capita anche a te, andando al cimitero non nel periodo canonico, di sentirti osservato mentre percorri i sentieri deserti tra le tombe alla ricerca dei tuoi cari? Sono i volti sorridenti o seri che dalle lapidi ti guardano e ti parlano muti. Perché, ti chiedono, morire così giovane? Perché soffrire tanto? Perché non ho potuto crescere? Perché la vita è così breve? Perché proprio io? Perché nascere per poi morire?

Io non so rispondere. Tu che diresti? Spiegheresti, forse, che siamo esseri viventi e morire è il nostro destino. Ma a me non basta. E mi pongo la domanda delle domande: che cosa ci aspetta, dopo?

Ultimamente i miei pensieri vanno sempre a finire lì, a quella domanda che nessun vivente affronta senza tremarella. Dubbi, incertezze e paure sopite mi assalgono. Più vado avanti con l’età più accade e, di punto in bianco, mi accorgo di non aver più tanto tempo davanti! Ma chi può dirlo? C’è chi ci lascia per decorrenza termini e chi, invece, anticipa involontariamente l’uscita di scena. E l’ordine d’arrivo non si basa su quello di partenza, molto spesso.

Non so di nessuno senza dubbi su che ci attenda dopo il final traguardo, eppure non si affronta mai l’argomento in compagnia, neanche con gli amici più intimi.

Si preferiscono conversazioni più leggere: perché tormentarsi con problemi che non si possono risolvere? È proprio il caso di dire “Chi vivrà vedrà” o, meglio, chi non vivrà saprà.

Invidio chi professa fede incrollabile, ma, mi chiedo, ce l’ha veramente? Alla fatal domanda altri rispondono con fermezza che è inutile sperare in un qualche prosieguo perché sono sicuri che non c’è. Ma, nonostante siano persone di valore, che amo leggere o ascoltare, non posso fare a meno di chiedermi: ma, anche loro, che ne sanno?

Una risposta decisa ce l’avevano i preti, ma non esistono più i preti di una volta. Almeno, io non ne incontro più da anni. Adesso quelli che piacciono a me coltivano l’arte del dubbio e raccomandano di vivere in armonia con il prossimo prima di lasciare che i giochi siano fatti. E chi può dire che oltre la porta non si apra un mondo nuovo, in cui saremo felici di essere polvere o nuvole o stelle, come credevo io tanti anni fa.

Tornando ai discorsi tra amici: si sta in compagnia proprio per stare allegri. Una bella risata sviluppa più endorfine, così come un tempo la gente beveva vino perché rallegrava, rallentando i freni inibitori dell’educazione. Ora, che di educazione e di freni inibitori ce ne sono sempre meno, non abbiamo più bisogno di ubriacarci, ma ne abbiamo pur sempre di allegria, di serenità, a maggior ragione se siamo persone semplici, incapaci di rispondere con l’Arte all’angoscia delle domande sulla tappa finale.

Ringraziamo di essere arrivati già a buon punto, pur con acciacchi vari, che, in un tempo neanche troppo lontano, non erano così diffusi perché il nostro tragitto era assai più breve. E consoliamoci, perché l’alternativa alla vecchiaia malandata è andarsene prima. Allora solo placebo diventa l’accettazione di questo percorso destinato a concludersi.

Mi rendo conto che quel che sto dicendo non è paragonabile a un discorso di menti illuminate, perché assomiglia molto a quelli dei nostri vecchi illetterati che non avevano grandi vedute, avendo condotto una vita modesta, in un ambito ristretto.

Ma, per quanto noi abbiamo studiato, frequentato persone sapienti, letto tomi di filosofia o teologia, visto film capolavoro e spettacoli profondi al limite della sopportazione umana, alla fine la nostra saggezza sarà la stessa dei nostri antenati: non rassegnazione, ma consapevolezza che la vita è una ruota che gira e desiderio di lasciare un buon ricordo di sé.

Io voglio provarci. E tu? Non so come concludere queste riflessioni. Che ne dici di un Amen?

 

Inserito il:19/06/2024 11:26:24
Ultimo aggiornamento:19/06/2024 14:53:47
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