Aggiornato al 03/12/2024

Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo

Voltaire

Ian (?) Rystron (Florida ?) vs Gustav Klimt (Vienna, 1862-1918)

 

 

Dialogo su Grillismo e Fascismo, dopo il post di Giusy La Ganga

di Tito Giraudo

 

Mi sono precedentemente occupato delle analogie tra Movimento 5 Stelle e il Fascismo. Era stata un’affermazione di Santoro che, con approssimazione storica, dava dei fascisti ai 5 stelle. Stamani su Facebook, il mio amico Giusy La Ganga pone l’analogia in altri termini molto più corretti, e cioè se esiste un parallelo storico tra questo periodo e il 21-22 del secolo scorso. Il quesito è interessante, cercherò di approfondire anche in termini storici il raffronto.

Conosco Giusy da cinquant’anni. Me lo trovai un pomeriggio in federazione del PSI, studente universitario che chiedeva l’iscrizione alla Federazione Giovanile di cui ero Segretario. Con lui ebbi un decennio di militanza, prima come  Lombardiani, poi come Giolittiani. Il nostro papà politico era Sergio Borgogno, un ex partigiano e un ex sindacalista dei poligrafici che sarà Vice Sindaco di Torino.

Borgogno, parlandomi di Giusy, mi disse che occorreva farlo studiare da Segretario del PSI.  Sergio non era un intellettuale ma vedeva lungo. Giusy non è diventato segretario, ma è stato uno dei Parlamentari più ascoltati di Craxi.

Quando ai tempi di mani pulite uscì una vignetta di Forattini su La Ganga, storpiò il suo nome in “la Ghenga”, rappresentandolo in coppola. Stentai a riconoscere il mio amico che sarà anche stato nel “garofano magico” di Bettino, ma che con la mafia poco aveva da spartire.

Il Giorgione, allora vignettista di Repubblica, era solito rappresentare Craxi in orbace. Tutto questo mi è venuto in mente considerando come in un Paese che a ogni piè sospinto fa dell’antifascismo e dell’antimafia di bottega, i conti con la Storia non li ha mai fatti veramente.

Giusy, nonostante il cognome, suo padre siciliano di origine era un cancelliere (mi pare) del Tribunale e lui, ancora ora che è quasi un vecchietto come me, è afflitto da cadenze savoiarde. Quando uscii dal PSI, lui era il segretario del Club Turati sponsorizzato da Norberto Bobbio.  Con altri intellettuali piemontesi (ci fu pure Bocca), sostenne la sua candidatura alla Camera dei Deputati.

Io e Giusy ci perdemmo, uscii dal Partito a metà degli anni settanta. Poi, un mattino, ci incontrammo a Caselle, mi prese in giro perché facevo il radicale, risposi che erano meglio i Radicali delle bande meridionali che affliggevano allora il PSI torinese. Penso tutto il male possibile dell’attuale galassia socialista, non come persone ma per il ruolo reducistico che stanno giocando. Giusy è un’eccezione, si è impegnato con il PD (Consigliere Comunale) e parla di politica e non dell’ectoplasma socialista: per questo, al di là dell’amicizia, lo stimo e tutto ciò che ho scritto glielo devo.

Ci sono analogie storiche tra l’attuale fase politica e gli anni dell’avvento fascista? Sicuramente, caro Giusy. La prima è la congiuntura economica.

La prima guerra mondiale, pur vittoriosa, lasciò profondi strascichi. Un grande debito pubblico e la necessità di riconvertire l’industria di guerra in industria di pace oltre ad essere un Paese che era arrivato tardi all’industrializzazione.

Oggi la crisi economica e occupazionale, al di là delle stupidaggini superficiali delle opposizioni, non è certo imputabile ai tre anni di governo Renzi, ma a tre fattori ben precisi: il debito pubblico, frutto dell’imbecillità elettoralistica spendereccia dei Partiti della Prima Repubblica, a cui nessuno della Seconda ha messo seriamente mano; poi i due fattori per i quali possiamo, se non per la mancanza di preveggenza, imputare alla Politica: la globalizzazione e l’innovazione tecnologica, quest’ultima, fonte di ricchezza per pochi e a scapito dell’occupazione.

Tutto il resto: la casta, la burocrazia, la corruzione, la mafia, fanno parte della storia del nostro Paese fin dall’Unità. Ci siamo dentro tutti. Questa classe politica siamo noi, non è un corpo estraneo. Anche nel 19, la classe politica liberale al potere era in crisi, secondo me, al di là dei suoi demeriti.

Giolitti aveva fatto riforme importanti e portato il Paese al suffragio universale maschile, per paradosso contribuì a dare la vittoria a quelli che oggi definiremmo i Partiti Populisti: Socialisti e Popolari che commisero l’errore, nel momento del bisogno, di non fare quello che si dovrebbe fare oggi, un bel Governo di unità nazionale.
Nel 19 i Fascisti non erano nessuno. Se Turati, non avesse commesso tanti errori: ideologici, tattici e organizzativi, la crisi economica poteva essere affrontata proprio da un Governo di Unità Nazionale guidato dall’Uomo di Dronero con l’apporto decisivo del Riformismo Socialista e Cattolico.

I riformisti, ombra organizzativa di quelli del passato, si fecero cacciare dal Partito, troppo tardi per poter essere una forza politica spendibile nel gioco democratico, nel frattempo, i Popolari lacerati dalle spinte conservatrici presenti nella Chiesa e nell’aristocrazia papalina, non ressero all’urto, disperdendosi.

I veri errori li fecero soprattutto i Socialisti massimalisti, rivoluzionari a parole ma con il culo posato stabilmente sugli scranni parlamentari. Questo era ciò che scrivevano i giovani dell’Ordine nuovo che invece la rivoluzione vollero farla veramente, anche se la storia ci dirà che, come nel 68 per gli emuli di Gramsci, le condizioni non c’erano. C’erano invece le condizioni per l’affermazione di una forza, e qui sta l’analogia con i Grillini, che giocasse con l’impotenza delle sinistre e la crisi irreversibile della classe liberale.

Le differenze attuali sono che i rapporti di forza nella sinistra si sono invertiti. Se in qualche modo possiamo paragonare il PD attuale al riformisti di allora, il rapporto numerico con il massimalismo è fortunatamente rovesciato. Grillo, come Mussolini, nasce a sinistra. Le analogie della storie personali naturalmente finiscono qui.

Entrambi però si guardarono bene di dare una connotazione precisa ai loro Movimenti.

Mussolini, da Socialista massimalista diventò interclassista. Cambiò la dedica sulla testata del suo giornale, “il Popolo d’Italia”, aggiungendo i produttori ai contadini e agli operai. I temi principali del Fascismo furono: il nuovo che avanza, la vittoria tradita, lo sfascismo socialista dopo il biennio rosso.

Come per Grillo, i poteri forti (Monarchia compresa) non si schierarono preventivamente, stettero alla finestra. Solo gli agrari delle regioni contadine appoggiarono veramente la violenza squadrista. Lo squadrismo trovò terreno fertile perché in fatto di violenza organizzata (i primi nuclei erano imbottiti di Arditi), i Socialisti non potevano competere, pagarono per aver esercitato una violenza soprattutto verbale e, nelle Regioni dello squadrismo, economica, nei confronti non solo dei grandi agrari dei latifondi, per comprensibili ragioni ideologiche, ma anche verso i piccoli proprietari, i mezzadri e il bracciantato non inquadrato nelle leghe. Questo fu un errore ancora più grave.

Dire, come si dice superficialmente oggi, che fu lo scontro tra fascismo e democrazia è un grave errore storico. Nè i Fascisti, tantomeno i Socialisti si battevano per la democrazia. Entrambi, erano per la dittatura: i primi quella fascista, i secondi per quella del proletariato sulle orme della rivoluzione di Ottobre. Se non è zuppa…

La Ganga, e di ciò mi compiaccio, ammette che il Fascismo fu un fenomeno complesso che ebbe anche aspetti positivi. Concordo, io azzarderei una definizione: fu un riformismo socialdemocratico totalitario, ma di questo potremo discutere in altra sede. Mussolini e il fascismo andarono al potere perché si allearono, prima con i Nazionalisti, i Futuristi e gli irredentisti Dannunziani, poi con i Liberali. I primi Governi Mussolini furono di coalizione. Prima di arrivare a ciò, Mussolini fu ondivago.

Essendo intelligente e politicamente accorto, dopo averlo sfruttato per crescere, capì che solo con lo squadrismo violento il tram fascista non sarebbe arrivato al capolinea, cercò di scendere da quel tram tentando, con il patto di pacificazione, anche il compromesso a sinistra innescando una faida con i Ras che durerà all’interno del Partito per anni e che ebbe il punto per lui di massima pericolosità con il delitto Matteotti. In quell’occasione, ancora una volta, i Partiti dell’arco costituzionale non troveranno un’intesa possibile, il resto è Storia o mistica Fascista……..

Veniamo a Grillo. Paragonare il comico Genovese al tribuno di Predappio, non è solo azzardato ma biograficamente insostenibile. Mussolini era un politico di lungo corso, con spiccato senso tattico. Prima di arrivare a fare il Duce si tenne diverse opzioni, tra cui il giornalista e l’editore, come il nostro ex amico (vero Giusi?) Eugenio Scalfari.

Piaccia o meno alla storiografia di parte, tentò in qualche modo di arginare lo strapotere squadrista trasformando il Movimento in Partito politico. Come capo del Governo, fece meglio quando riuscì a dissolvere liberali e nazionalisti, operando un prudente riformismo sociale, economico e anche sindacale che lo porterà a traghettare l’Italia fuori dalla crisi del 29 (ben prima degli americani), poi ai cosiddetti “anni del consenso”. L’inventore del Fascismo ebbe degli emuli come Hitler e Stalin, ben peggiori di lui.

Gli Italiani furono veramente antifascisti solo quando fu chiaro che la guerra era perduta, senza nulla togliere all’antifascismo militante degli esuli, degli internati e dei confinati.

Il prezzo che il Paese pagò fu la perdita della Democrazia. Dopo i primi successi, Mussolini sbagliò, come giusto per i dittatori, tutto da solo, trascinando l’Italia nell’alleanza con Hitler (che non aveva mai stimato), alle leggi razziali (senza mai essere stato antisemita) alla guerra (senza averne mezzi e preparazione). Se dovessi definirlo potrei usare il termine  opportunista sciagurato, ma non quello di criminale come lo furono Hitler e Stalin.

Grillo, è un attore comico, un cabarettista. Ci mette del suo nei testi ma spesso e volentieri ha avuto ottimi autori (Michele Serra, Giorgio Gaber). I suoi monologhi, colpiscono a destra e manca, sono irriverenti verso le Istituzioni, Presidenza della Repubblica compresa. Per questo viene bandito, prima dalla Rai poi anche dai circuiti privati.

Si dedicò quindi alle piazze e agli stadi. Qui l’intuizione. Sono gli anni di mani pulite, lui che si era distinto per una feroce satira antisocialista, alzò il tiro sparando a 360 gradi, non risparmiando nessun Partito, tantomeno il potere economico. La sua filosofia è passatista, antiprogressista, utopisticamente ambientalista, attacca le multinazionali, soprattutto quelle farmaceutiche propagandando il metodo Di Bella. L’apice lo raggiungerà sfasciando i computer sui palchi dei suoi spettacoli. Il nuovo demonio è Bill Gates.

Difficile dire se fu vera ideologia oppure cavalcò quei temi per la fortuna personale e dei suoi spettacoli. Certo si accorse ben presto di catalizzare le simpatie delle masse rimaste orfane delle ideologie del Novecento. Solo in seguito e con l’inizio del sodalizio con la Casaleggio associati, gli venne l’idea del movimento politico.

La svolta è la conoscenza di Gian Roberto Casaleggio, anche lui, come chi scrive, proviene dalla Olivetti (io quella di Adriano, lui quella degli anni 70). E’ un manager moderno, propende più per la destra che per la sinistra, scrive di strane teorie new age. Fonda la Casaleggio associati, un’azienda di consulenza soprattutto legata alle problematiche della Rete.

Conosce Grillo con cui ha affinità pseudo ideologiche, probabilmente gli parla della possibilità di creare un blog (Grillo, credo, inizialmente non sapesse cosa fosse), di qui l’inizio delle fortune politiche del duo.

Il movimento 5 Stelle, come il Movimento Fascista, raccoglie simpatie eterogenee. Forse inconsapevolmente (ma non tanto inizio a pensare), le schiere di giornalisti polemisti che dai giornali approdano in televisione sfruttando l’antiberlusconismo, gli tirano la volata. Essendo costoro di sinistra, sono così stolti che più che danneggiare il Cavaliere (che ha i suoi aficionados inossidabili), danneggiano proprio la sinistra a totale beneficio grillino.

Casaleggio gli insegna l’uso della rete. Qui, un’altra analogia con il fascismo. Mussolini fu un grande giornalista e si servì di quei mezzi con grande perizia, lo stesso fece in seguito per consolidare il regime  e il culto della personalità.

Anche Grillo, come Mussolini, cavalca le frustrazioni della piccola borghesia repentinamente impoverita, soprattutto resa insicura dalla perdurante crisi economica. Il resto lo fanno gli ultimi mesi del Governo Berlusconi, Monti e Bersani. Il quale Bersani, offrì ai grillini un formidabile assist. Il filosofo del culatello, dopo aver “non vinto le elezioni vinte”, si fece sbertucciare in diretta streaming. E il bello è che ci vuole pure ricascare.

Ci sono analogie rispetto alla classe dirigente dei due Movimenti? No.

Mussolini poté inizialmente contare sullo zoccolo duro dell’interventismo massimalista: Socialisti come lui, anarchici, anarcosindacalisti. Anche lo squadrismo ebbe origini di sinistra forse un po’ più annacquate, socialisti riformisti, repubblicani e altri. Inizialmente i fascismi sono due quello cittadino di Mussolini e quello rurale dei Ras.

La differenza profonda è che il Fascismo originario è sostanzialmente di sinistra, mentre il Grillismo spazia nella galassia non ideologizzata del ventunesimo secolo.

Grillo, per ora, non mi sembra disponga di capacità tattiche, né tantomeno strategiche, vive di rendita sui disastri di destra e di sinistra, proponendo al Paese un minestrone essenzialmente retorico e moralistico. Come Berlusconi, ascolta il Paese. La differenza tra Grillo e Berlusconi è che il primo punta tutto su quello che agli italiani non piace, mentre il secondo su quello che agli Italiani piace e scusate se è poco….

Personalmente non sono preoccupato che Grillo, a breve, possa governare. La bocciatura dei quesiti referendari ha consegnato il Paese allo sterile proporzionalismo della Prima Repubblica e quindi Grillo parrebbe tagliato fuori, dal momento che rivendica l’assoluta purezza del movimento. Fosse mai che come ha fatto per i computer e negli ultimi tempi per la democrazia dal basso e per gli avvisi di garanzia (dei suoi) cambiasse idea?

Secondo me ha due alternative possibili: allearsi con le sinistre non Renziane che, credo,  disposte al dialogo perché pure loro, passatiste e antiprogressiste. In alternativa rimane Salvini se il Cavaliere non riuscirà a condizionarlo soprattutto sui temi europei e a fargli rinunciare alla leadership del centro destra. L’ex separatista, è sufficientemente spregiudicato e ambizioso ma con Grillo, tra i due la vedo difficile.

Entrambe queste ipotesi, a mio parere creerebbero grossi problemi nella base Grillina poco disposta ai compromessi con la casta e quindi, entrambe le strade, sarebbero poco percorribili.

Il vero pericolo è che Grillo, approfittando del periodo che lo separa dalle elezioni, ormai è chiaro sarà la scadenza naturale, lasci perdere il reclutamento tramite rete per giocarsi la carta dei suoi veri sponsor, oggi ancora semi ufficiali: Il Fatto quotidiano e la Magistratura, oltre naturalmente a poteri economici che potrebbero con l’opportunismo tutto italico, salire sul carro.

Il giustizialismo sarebbe un collante che può fare breccia su un elettorato da anni indottrinato ben al di là dei demeriti della classe politica. Nel qual caso, senza Marce su Roma s’instaurerebbe un regime tutt’altro che democratico. Se Mussolini a suo modo fu certamente un progressista, per quel che riguarda l’oggi, sappiamo che Grillo non lo è, tantomeno la Magistratura a lui vicina (quelli del Fatto mi sembrano meno compatti).

Sul piano della Democrazia tra il Duce e Grillo sarà una bella sfida.

E’ aperto il dibattito.

 

Inserito il:27/03/2017 09:45:00
Ultimo aggiornamento:27/03/2017 09:58:43
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