Hafiz Ashna (from Ottawa, ON, Canada) - Life in Kabul
Il Grande Gioco e l’Afghanistan
di Bruno Lamborghini
Ho avuto modo di leggere quest’estate un grosso volume intitolato Il Grande Gioco di Peter Hopkirk (Adelphi), scritto 30 anni fa, ma attualissimo anche se riguarda l’800 nello scontro tra le due grandi potenze di allora, la Gran Bretagna e la Russia zarista in Afghanistan e nelle steppe dell’Asia centrale.
La Gran Bretagna aveva conquistato l’India, terra ricchissima con il dominio della Compagnia delle Indie che portò la Gran Bretagna del Commonwealth ad essere il paese più ricco e potente d’Europa. La Russia zarista voleva conquistare l’India togliendola agli inglesi, mentre contemporaneamente la Gran Bretagna intendeva non solo difendere e mantenere il controllo indiano, ma anche estendere il suo impero in Asia.
Il libro racconta, utilizzando documenti ufficiali soprattutto inglesi, le vicende delle spie di entrambe le parti per conoscere e individuare i possibili percorsi militari di ciascuno in un’Asia Centrale in gran parte ancora sconosciuta agli stranieri ed abitata da Canati bellicosi che avevano ereditato i comportamenti feroci delle orde mongole di Gengis Khan, le quali avevano invaso e terrorizzato la Cina e l’Asia Centrale per tre secoli dal 1200 (sino agli ultimi tartari abitanti la Crimea ancora nell’800).
Le armate russe si muovevano attraverso l’Asia Centrale arrivando sino ai confini cinesi, dove si scontrarono con i giapponesi, a loro volta in movimento per conquistare la Manciuria e la Corea. Chi si ricorda più oggi della guerra russo-giapponese conclusasi con la sconfitta dei russi nella base navale russa di Port Arthur in Manciuria nel febbraio 1904? I percorsi delle armate russe in Asia Centrale per raggiungere l’India, così come le terre che gli inglesi occupavano per bloccare gli attacchi russi, ci portano a protagonisti di oggi: Turchia, Persia/Iran, Tibet, Crimea, ma soprattutto l’Afghanistan, corridoio di sempre per le invasioni in Asia e centro del Grande Gioco tra le potenze di allora, così come tra quelle di oggi.
Come racconta Hopkirk, il Grande Gioco (un termine introdotto da Rudyard Kipling) al centro dell’Asia e del mondo nell’800, riguardava le due potenze maggiori, Gran Bretagna e Russia, che intendevano assicurarsi il controllo del grande continente e delle sue ricchezze, mentre l’avventura napoleonica che ha infiammato l’Europa con il costo di migliaia di morti, sino alla sconfitta moscovita ed a Waterloo, è stata di fatto solo un episodio di breve durata che alla fine ha rafforzato Gran Bretagna e Russia, nazioni che, pur collaborando alla sconfitta di Napoleone, restavano grandi avversari. Il Grande Gioco tra le due potenze giunge al termine con la fine dell’impero zarista e delle sue ambizioni espansionistiche dopo la Rivoluzione del 1917.
Tuttavia, l’interesse russo per l’Asia Centrale, come racconta Hopkirk in un secondo saggio, continua da parte di Lenin che estende il controllo militare nei Canati asiatici (oggi Turkmenistan, Uzbekistan, Tagikistan), sino a quando Stalin cambia tale politica, non solo perché ormai gran parte dell’Asia Centrale è parte integrata nell’Unione Sovietica, ma anche perché deve affrontare l’invasione nazista. Il Grande Gioco asiatico, dopo la seconda guerra mondiale e la fine dell’Unione Sovietica, non si ferma. I russi invadono l’Afghanistan nel 1979 e combattono contro i mujaheddin, uscendone malamente dopo10 anni nel 1989 e aprendo la strada ai talebani che divengono la forza principale.
Va evidenziato che dagli anni ’60 sono gli Stati Uniti che assumono un ruolo di protagonisti in Asia con le guerre in Corea, Vietnam e Iraq e, dopo l’attacco alle Twin Towers del settembre 2001, occupano per 20 anni l’Afghanistan con l’obiettivo di sconfiggere le basi di Al Qaeda ed eliminare Bin Laden, sino alla drammatica uscita dell’agosto 2021.
Ma vi sono nuovi attori entrati decisamente sulla scena dell’Asia Centrale, in primis la Cina, che intende costruire la grande Silk Road politico-commerciale verso Ovest, attraverso le vie asiatiche, tra cui soprattutto l’Afghanistan, di nuovo corridoio strategico del Grande Gioco. Va ricordato che la Cina ha interesse per l’Afghanistan anche per le miniere di materie rare di quel paese, fondamentali per l’elettronica cinese. Vi sono altri paesi interessati alla nuova partita asiatica, a partire da sempre dal Pakistan, geograficamente e politicamente collegato all’Afghanistan ed ancor più con alterne vicende con i talebani, e poi anche la Turchia, l’Iran, il Qatar e di nuovo anche la Russia, ma un ruolo crescente ed imprevedibile hanno i gruppi del fondamentalismo islamico in Afghanistan e nel vicino Pakistan, in Iraq, Iran, Libano/Siria e in altre regioni asiatiche e mediorientali.
Appare urgente cercare di capire quale sarà il loro ruolo nel nuovo Grande Gioco che apre anche possibili nuovi conflitti interregionali, come la ripresa delle ostilità tra Pakistan e India per il Kashmir. Così come non è ancora chiaro quale sarà il comportamento della Cina verso l’Afghanistan talebano. Al di là della precipitosa uscita degli USA dall’Afghanistan e del loro manifesto (o apparente) disimpegno nelle aree mediorientali ed asiatiche, la scena mondiale vede oggi al centro il confronto tra due grandi potenze, USA e Cina con implicazioni anche per l’Asia del Grande Gioco.
Va sottolineato che nasce in Asia una convergenza di interessi economici (e politici), che contrastano l’ampliamento della sfera di influenza cinese, da parte di paesi del Pacifico come India (grande paese che probabilmente avrà un ruolo significativo in futuro), Giappone, Australia e paesi del Sudest asiatico (in particolare Taiwan, oggetto di mire cinesi) ed anche USA.
Non vi è dubbio che l’Asia, non la sola Cina, sarà sempre più baricentro dell’economia mondiale e delle politiche internazionali, togliendo spazio a USA e Europa, anche per nuove edizioni del Grande Gioco. L’Afghanistan del nuovo regime islamista, che peraltro è frazionato tra talebani del Sud, Haqqani e Isis Khorasan ed altri, tra loro in contrasto, e può divenire anche nuova base logistica di gruppi terroristici, già attivi al suo interno, rimane importante crocevia del Grande Gioco con molti paesi e gruppi interessati a partecipare in modalità difficilmente prevedibili.
Se da un lato gli Stati Uniti di Biden confermano un crescente disimpegno nella politica estera, d’altro lato l’Europa ed i singoli paesi europei, incluso la Gran Bretagna, non risultano disponibili a intervenire politicamente o ancor meno militarmente nel Grande Gioco asiatico. A fronte di un indebolimento della Nato, in alternativa, una possibile politica europea per la difesa comune appare oggi difficilmente condivisa, anche se necessaria.
Occorre considerare che la politica americana rivolta sempre più al proprio interno (in pratica l’America First trumpiana), a livello internazionale, al di là dei buoni, ma poco impegnativi, rapporti di Biden con l’Unione Europea, rischia di lasciare spazio alla Russia ed alla Cina nei loro obiettivi espansionistici.
Peraltro, oltre al dovere dell’accoglienza ed integrazione dei profughi afgani e ad un impegno comune da rafforzare a livello internazionale contro il rischio di nuovo terrorismo, l’Europa ha certamente interessi economici e di mercato in Cina ed in Asia: è questa una strada che va percorsa senza incertezze, ma soprattutto l’Europa dovrebbe puntare all’obiettivo della gestione degli impegni europei per salute e clima nell’ambito di un G20 a guida di Draghi per affrontare assieme a Cina, India e Russia i gravi e urgenti problemi pandemici ed ambientali del pianeta.