Giovanni F. Barbieri detto Guercino (Cento,1591-Bologna, 1666) - Allegoria della Vittoria - 1615
Quello che Pisapia non ha capito
di Giorgio Panattoni
Nel suo appello intervista su Repubblica di oggi Pisapia insiste sulla strategia di unire la sinistra, che si è appena spaccata, con un progetto spostato a sinistra, e accusa Renzi di immobilismo e di inerzia, prefigurando una sonora sconfitta elettorale.
Vediamo perché a mio avviso Pisapia fa una analisi inesatta della situazione italiana e ancora più di quella francese.
Incominciamo dalla Francia. I socialisti in Francia hanno perso perché Hollande ha governato male, perché il partito si è sfasciato, perché il candidato era particolarmente debole e sopra tutto perché Macron gli ha portato via un sacco di voti.
Già, Macron, che si definisce, e giustamente, indipendente né di destra né di sinistra, vista la situazione dei partiti nel suo paese, ma che ha un programma di centro sinistra forte e convincente, che prende i voti socialisti e attira voti di centro (vedi la sconfitta dei repubblicani), condizione indispensabile oggi per vincere una elezione.
E per mobilitare il paese contro il fascismo edulcorato ma sempre fascismo della Le Pen.
E una sinistra radicale che non vuole, neppure dopo il primo turno, sentir parlare di accordi di governo.
La situazione italiana è per certi versi diversa e in parte analoga.
Primo, Renzi ha governato bene, tentando di fare quello che serviva per cambiare il paese, senza maggioranza, con un pezzo di centro sempre vigile e sul chi vive, una opposizione interna aspra, con un parlamento incapace di promuovere alcun che e quasi sempre ostile.
Su questo il PD si è spaccato dando spazio e vigore ai personalismi e alle brame di rivincita di chi aveva perso sonoramente, ma che è stato in grado di far bocciare il referendum costituzionale e la legge elettorale, mettendo a rischio addirittura il proprio governo.
Secondo, gli schieramenti in Italia sono molto diversi da quelli francesi e inducono a qualche riflessione.
Inutile chiamare in causa Prodi e l’Ulivo, che andava bene in condizioni di bipolarità, oggi cancellata dal successo dei Cinque Stelle. I due blocchi, quello di destra e quello populista, non sembrano accusare particolari debolezze. Quello di destra cerca voti al centro, ovviamente, quello populista si sta dando qualche maggiore aria di modernità. La sinistra radicale è come in Francia. Quello che resta è minoritario, a meno che riesca a catturare anch’esso voti di centro, dando per scontato che i voti di sinistra ci siano tutti.
E qui sta il problema. Che non è di strategia politica o ideale, di posizionamento secondo i criteri tradizionali, ma di strategia elettorale per vincere e governare.
Per vincere occorre un progetto aperto a tutti, non a una parte storicamente definita come di sinistra, che certo deve includere una risposta forte alle pressioni populiste, ma che deve rivolgersi anche a quella parte che vuole essere rassicurata da un progetto ampio e per tutto il paese, e costruire una diga verso il fronte del no e alle perplessità sull’euro e sull’Europa.
E questa è dalla sua fondazione l'idea guida del Partito Democratico, che è diverso dal PC, dai Democratici di Sinistra e dalla sinistra tradizionale.
Cioè il contrario delle spaccature che si sono verificate, che dia risposta alla componente cattolica moderata del PD, che mal digerisce un ritorno alla supremazia dei “socialisti”, che parli al centro con linguaggi moderni e costruttivi, non con dictat, rivendicazioni e contrapposizioni.
È quello che ha fatto Macron, che è quello che ha fatto e che vorrebbe fare Renzi, visto che i due si sono sentiti e hanno progetti in comune.
Se il messaggio di Pisapia è questo, e non mi pare, va bene, altrimenti non capisco come si faccia a vincere.
Ovviamente se il problema non è quello di affermare una idea politica, ma quello di vincere le elezioni.
Pare proprio che spesso questo non sia.