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Siamo dentro una lotta per l’egemonia. Investiamo in tecnologie, e non nell’acquisto di armi fatte da altri
di Achille De Tommaso
Rileggendo gli interventi più importanti di Vladimir Putin degli ultimi anni – dal Valdai 2023 al discorso sullo Stato della Nazione del 2023 – emerge una costante che nei commenti europei viene spesso ignorata. Putin afferma di aver considerato a lungo il confronto con l’Occidente come uno scontro ideologico, una sorta di residuo tardivo della Guerra Fredda. Oggi dice di essersi ricreduto. La partita non riguarda più ideologie o modelli politici, ma la sopravvivenza del potere egemonico occidentale: una competizione che attraversa i sistemi energetici, le catene globali del valore, gli standard tecnologici, le valute, le infrastrutture critiche e le nuove architetture di sicurezza.
A mio giudizio, questa lettura non può essere liquidata con sufficienza. Molti studiosi occidentali, da ben prima del 2022, hanno descritto la transizione geopolitica globale negli stessi termini.
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LA COMPETIZIONE EGEMONICA SECONDO GLI STUDIOSI OCCIDENTALI
La fine della fase unipolare
Fin dall’inizio degli anni 2000, autorevoli analisti statunitensi avevano ipotizzato il declino dell’ordine unipolare emerso nel 1991.
- Krauthammer (Foreign Affairs, 2002) definì gli anni ’90 come un “unipolar moment”, per natura transitorio.
- G. John Ikenberry (2011) parlò di un ordine liberale costretto a “rinegoziare la propria architettura”.
- Stephen Walt (2018) sottolineò che la NATO è percepita da Mosca come piattaforma di contenimento strategico.
Il ritorno della geopolitica classica
La competizione tra Stati Uniti, Russia e Cina viene considerata dagli studiosi come un ritorno alla grande competizione di potere.
- Mearsheimer (2014) spiegò che la crisi ucraina nasce dall’espansione della NATO verso est, vissuta da Mosca come minaccia esistenziale.
- Hal Brands (Johns Hopkins, 2020) parlò apertamente di “contestazione egemonica globale”.
Energia, economia, tecnologia: le vere linee di frattura
Molti economisti e politologi occidentali descrivono poi il nuovo ordine mondiale come un conflitto su: risorse energetiche; infrastrutture critiche; controllo delle filiere globali; primato tecnologico.
Tra gli autori principali:
- Daniel Yergin, The New Map (2020)
- Farrell & Newman, Weaponized Interdependence (2019)
- Chris Miller, Chip War (2022)
Il punto comune è chiaro: la crisi ucraina è il risultato di un cambiamento strutturale, non la sua causa.
L’UCRAINA NON COME CAUSA, MA COME TEATRO DI COLLISIONE
La letteratura di studi strategici è sorprendentemente convergente:
- Mearsheimer definisce l’Ucraina “la posta in gioco dell’egemonia euro-atlantica”.
- Richard Sakwa, in Frontline Ukraine (2015), sostiene che la guerra è una battaglia sull’architettura di sicurezza europea.
L’Ucraina diventa così il luogo nel quale si incrociano due logiche:
- il tentativo USA di preservare il vecchio sistema unipolare;
- la spinta russa (e asiatica) verso un ordine multipolare.
LA RETORICA DELLA "GUERRA IDEOLOGICA" È UNA SCORCIATOIA ANALITICA
Molti commentatori europei preferiscono interpretare la guerra come: “democrazia contro autocrazia” e ottenimento di una “pace giusta”. Ma questa è una cornice consolatoria, perché evita di interrogarsi sulla struttura materiale del potere globale; che non è compatibile con: i dati economici, le analisi strategiche, le ragioni energetiche, gli equilibri tecnologici, e i discorsi ufficiali di Mosca e Washington.
Il conflitto riguarda invece:
- la competizione sulle risorse,
- la centralità delle filiere strategiche,
- il controllo dei corridoi eurasiatici,
- la superiorità tecnologica e militare,
- il ruolo futuro delle valute internazionali.
Per questo Putin parla di egemonia, e non di “valori”.
LA POSTA IN GIOCO NON È KIEV, MA L’ORDINE MONDIALE
La guerra in Ucraina è quindi contemporaneamente: una tragedia umana, un conflitto regionale, e il luogo di collisione fra due modelli di ordine mondiale. Se continuiamo a leggerla come una disputa morale o ideologica, l’Europa resterà una pedina in un gioco più grande di lei. Le risorse europee dovrebbero essere concentrate su: energia, tecnologia, industria, ricerca, infrastrutture critiche. Non su ulteriori ondate di riarmo. Anche perché in armi spendiamo già abbastanza:
L’EUROPA SPENDE GIÀ ABBASTANZA IN ARMI
Lo studio “Global Defense Innovation 2025”, effettuato da SIPRI e GlobalX, mostra tre punti cruciali:
- La spesa militare europea è cresciuta più velocemente di qualunque altra macro-area occidentale.
- L'Europa raggiunge nel 2024 circa 480 miliardi di dollari, un incremento senza precedenti.
- L’Europa diventa il secondo motore del riarmo mondiale, in proporzione molto più della Cina.
Questi dati demoliscono la narrativa secondo cui l’Europa sarebbe “sotto-finanziata” sul piano militare e giustificherebbero ulteriori 500 miliardi in eurobond. No, non è vero che “L’Europa spende poco”; è il contrario.
MA PERCHÉ, DUNQUE, PUTIN “DEVE” VINCERE IN UCRAINA?
La risposta è strategica, non ideologica. Nella logica esposta dallo stesso Putin e riconosciuta da gran parte della letteratura strategica occidentale, la Russia non combatte per conquistare un Paese, e tanto meno l’Europa, ma per evitare uno scenario che considera esistenziale.
1. Per impedire una NATO a ridosso del cuore industriale russo
Il Cremlino interpreta l’Ucraina nella NATO come: perdita della profondità strategica, vulnerabilità diretta delle sue infrastrutture critiche, controllo occidentale sul Mar Nero.
2. Per dimostrare che il sistema unipolare non è più sostenibile
Nella visione russa – condivisa da Cina, India, Brasile, Sudafrica – una sconfitta militare: restaurerebbe il primato strategico USA; rallenterebbe il passaggio al mondo multipolare.
3. Per consolidare la propria capacità di deterrenza
In un mondo che si muove verso blocchi regionali, la deterrenza diventa un elemento centrale di sopravvivenza geopolitica.
4. Per evitare il “precedente” dell’accerchiamento
Mosca teme che la caduta dell’Ucraina in orbita NATO creerebbe: una catena di cambiamenti di regime, nuove basi NATO lungo il perimetro russo.
5. Per mantenere accesso ai corridoi energetici e marittimi
Il controllo sul Mar Nero e sulle reti infrastrutturali eurasiatiche è fondamentale per la Russia nel nuovo ordine commerciale post-occidentale.
In sintesi
Putin vuole “vincere” in Ucraina non per ideologia o nostalgia imperiale, ma perché, nella sua visione e in quella della grande maggioranza degli analisti realistici occidentali, l’esito del conflitto determinerà: chi controllerà lo spazio eurasiatico; chi definirà i flussi energetici; chi avrà voce nelle infrastrutture critiche globali; chi deciderà gli standard tecnologici del XXI secolo; chi deterrà l’influenza nei corridoi tra Asia ed Europa.
L’Ucraina è la cartina di tornasole del nuovo ordine mondiale, non il suo obiettivo finale.

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