Aggiornato al 26/08/2025

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Il circo di Washington: clown, acrobati e l’illusione della “pace giusta”

di Achille De Tommaso

 

Signore e signori, benvenuti sotto il grande tendone del Circo di Washington! A Washington non avete visto un vertice, ma un gran circo internazionale: luci, trombe, applausi forzati e facce lunghe come clown fuori tempo. Sul palcoscenico, ognuno ha recitato il suo numero, tra equilibrismi diplomatici e gag da commedia dell’arte.

Ed eccomi a descrivervi questo circo.


La funambola italiana

È lei, unica, l’“incredibile acrobata funambolica”: Giorgia Meloni. Capace di tenere in equilibrio tre mondi insieme: l’amicizia con Trump, il sostegno a Zelensky, l’intesa istituzionale con Ursula von der Leyen. Cammina sul filo teso della geopolitica senza cadere, sorridendo da funambola che non teme il vuoto. Ai distratti può sembrare incoerenza, ma è piuttosto calcolo freddo: tenere tutte le porte aperte, come un giocatore di scacchi che non si fa intrappolare.

Ed è un fatto: dopo anni in cui l’Italia era relegata a ruolo marginale nei vertici internazionali, questa volta Roma siede in prima fila. Altri premier, da Renzi a Conte, furono spettatori muti a Minsk, Varsavia o Helsinki. Oggi l’Italia, con Meloni, torna a contare. Non è poco, anche se resta da capire come trasformare la presenza scenica in risultati concreti per industria, energia e politica estera.


Trump il domatore, Zelensky il trapezista

Poi c’è lui, Donald Trump, il domatore. Agita la frusta e promette “garanzie di sicurezza”, quelle che tutti vogliono ma nessuno sa definire. Ma nella gabbia non entra nessuna belva feroce: solo pecore che belano. L’unica fiera se ne sta lontana, tra i cosacchi. I fuochi d’artificio danno luce, ma senza calore.

Zelensky, da parte sua, è il trapezista con un braccio solo. Da due anni salta da un attrezzo all’altro: prima la controffensiva di primavera, poi i carrarmati, poi gli aerei, poi il permesso di bombardare la Russia, infine l’illusione di invaderla. Sempre la stessa sceneggiatura: “Con la prossima arma miracolosa vinceremo.” Risultato? Sempre lo stesso: sconfitte, ritirate, macerie. E morti.

Oggi Zelensky si aggrappa alle frasi di Trump come a un trapezio: meglio restare appeso a un filo, con un braccio, che precipitare nel vuoto.


Macron il galletto e gli altri figuranti

Lo spettacolo non sarebbe completo senza “Le Coq Gaulois” il galletto francese. Emmanuel Macron, in patria logorato e in Europa isolato, sotto il tendone si atteggia a guerrigliero del mondo libero. Gonfia il petto, agita le braccia, canta come nel detto napoletano: “’u uaglio ’ncopp’ ’a munnezza”. ( n.d.a. Il gallo canta sopra l’immondizia). Molto rumore, poca sostanza.

Intorno a lui, una serie di comparse: Starmer il prestigiatore che sparisce dietro le parole; Merz l’uomo elastico che si piega e si rialza secondo convenienza, che oggi deve vedersela con gli ucraini che gli hanno bombardato il suo oleodotto. E poi c’è Ursula von der Leyen, la direttrice di scena che sventola cartelli con scritto “nuove sanzioni” come fossero bandierine da sagra. E guarda verso Trump per prendere ordini.

E poi c’è stato il numero più comico: i 20 mila soldati europei che dovrebbero andare in Ucraina “senza combattere”. Figuranti in divisa, comparse pagate per applaudire. Un esercito-spettacolo, rassicurante come la claque nei teatri.


Europa a schiena dritta?

Chiarisco. I giornali italiani hanno titolato trionfalmente: “L’Europa a schiena dritta”. Ma cosa significa? Significa ostinarsi a reclamare la “pace giusta” – cioè la pace alle condizioni ucraine – mentre la realtà sul campo dice l’opposto: che senza compromesso con Mosca ci saranno solo altri morti e nuove distruzioni, fino a che la Russia non avrà ottenuto ciò che vuole. E poi, può un perdente dettare le condizioni?

La “pace giusta” è un’illusione, utile solo a garantire sopravvivenza politica a una classe dirigente che ha sacrificato il proprio popolo per sentirsi protagonista. Sono gli stessi leader che, dopo aver fatto saltare una pace a Istanbul, continuano a mandare gli ucraini al macello. E si fanno pure chiamare Volenterosi, mentre arricchiscono amici e amici degli amici con commesse di armi.


L’Europa in scacco?

Andrea Bonanni su la Repubblica ha scritto che l’Europa tiene in scacco Mosca e Washington. Una frase ad effetto, utile forse a consolare qualche redazione. In realtà l’Europa non mette in scacco nessuno: è schiacciata tra le ambizioni imperiali della Russia e le oscillazioni americane.

La verità è che senza l’ombrello Nato e senza gli USA, Bruxelles resta inerme. Illudersi di essere Yalta 2.0 è ridicolo: Yalta fu il trionfo della legge del più forte, e l’Europa di oggi non ha né forza militare né compattezza politica.

Se un negoziato è oggi possibile, è perché Trump ha deciso di sedersi con Putin. Non perché Bruxelles abbia mostrato fermezza. L’Europa rischia, ancora una volta, di essere vittima sacrificale in una guerra che prosciuga risorse e minaccia la stabilità sociale. Eh si, perché, se Trump si ritira dai negoziati l’Europa dovrà sfangarsi lei l’Ucraina. Secondo Macron dovremmo allora mandare soldati, ma Salvini (menomale!) gli ha detto “di attaccarsi al tram”, di mettersi lui l’elmetto e il fuciletto e partire per le steppe.


Facce sconsolate

E infatti le facce dei leader europei a Washington hanno raccontato tutto: vuote, terree, rassegnate. Non esiste davvero un’Unione Europea come soggetto politico. Esiste una somma di Stati divisi, che fingono unità dietro le luci del tendone.


Meloni superstar?

In questo panorama, ripeto, Giorgia Meloni spicca. Dopo Time, anche il britannico The Times l’ha elogiata: “Prima leader italiana seria da decenni.” Edward Lucas ha parlato di una “superstar politica d’Europa”. Certo, il quadro non è privo di ombre: disparità regionali, crescita lenta, opacità finanziarie. Ma resta il fatto che Meloni è popolare, regge una coalizione stabile e ha restituito all’Italia un ruolo internazionale. Non è un dettaglio: significa uscire dal ruolo di comparsa e tornare, almeno in parte, protagonista. I tempi dei sorrisetti di Sarkozy e Merkel sono forse, per ora, passati.


La realtà fuori dal tendone

Così si è chiuso il grande spettacolo di Washington: clown che litigano, funamboli che rischiano di cadere, domatori senza leoni, galletti che cantano sull’immondizia. Il pubblico – cioè i media – si divide: c’è chi applaude, chi fischia, chi esalta la “schiena dritta” europea.

Ma fuori dal tendone, la verità resta implacabile: la guerra continua, i morti aumentano, Putin non si scompone. L’Europa si racconta favole eroiche mentre resta pedina.

E i sorrisi sotto i riflettori non cancellano l’ombra lunga del conflitto.


Conclusione

Il Circo di Washington è stato un’illusione ottica, uno spettacolo di luci e proclami. Ma la realtà è altrove: fuori dal tendone, dove i carri armati continuano a muoversi e i negoziati veri li fanno altri. L’Europa ride, applaude, finge di avere la schiena dritta. Ma in fondo resta ciò che è: spettatrice pagante di un gioco deciso altrove.

E oggi Draghi, a Rimini, lo conferma.

 

Inserito il:23/08/2025 12:02:15
Ultimo aggiornamento:23/08/2025 18:16:46
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