Immagine realizzata con strumenti di Intelligenza Artificiale
Perché Trump vuole pace con Putin?
di Bruno Lamborghini
In prossimità della significativa data delle “Idi di marzo” nel mezzo della tempesta trumpiana sono avvenuti in una settimana eventi molto importanti: il drammatico e assurdo scontro Zelensky-Trump nella Sala Ovale, l’incontro a Londra dei “volonterosi” a guida di Starmer-Macron per improvvisare una “chiamata alle armi” europea, seguito dal “Rearm Europe” di Ursula Von der Leyen che chiede 800 miliardi Euro da trovare per finanziare il riarmo dei paesi europei con un impegno di 200 miliardi all’anno per quattro anni con una crescita della spesa militare su PIL UE dall’1,9% al 3%, la chiamata alle armi con l’ombrello nucleare da parte di Macron rivolta ai francesi, e infine il Consiglio Europeo straordinario del 6 marzo in cui è stato presentato ai 27 l’esame delle alternative del Piano di riarmo e la questione dei militari europei in veste peacemaker a tutela dei confini ucraini dopo il cessate il fuoco.
Contemporaneamente, sotto la spinta franco-inglese, Zelensky ha dichiarato la sua disponibilità a trattare la pace sotto la guida di Trump e ad aderire al contratto di cessione delle terre rare ucraine, subito accolto da Trump durante il suo discorso sullo Stato dell’Unione al Congresso, decidendo peraltro di interrompere l’invio di armi in Ucraina, in attesa di verificare le reali intenzioni di Zelensky. Si prospetta anche un incontro tra Trump e Putin (in presenza di Zelensky?) ospitato in Bielorussia. Ed anche un prossimo incontro tra il segretario di stato Rubio e Zelensky in Arabia Saudita.
Quindi tutto bene, ci attende, a breve o in estate, il “cessate il fuoco”, ma non è proprio così. E’ tutelato da forze militari europee? Solo i paesi “volonterosi”? Sotto l’egida dell’ONU? O come vuole Putin, senza presenze militari o eventualmente ucraini e russi dalle due diverse parti? E quale è il ruolo degli Stati Uniti nel “cessate il fuoco” e nella ricerca di una effettiva pace?
Per cercare di dare qualche risposta, conviene valutare i reali obiettivi di Trump da un lato e quelli di Putin dall’altro lato.
Trump ha fatto capire il suo impegno personale a trattare direttamente con Putin sulla questione ucraina senza intermediari, puntando a far cessare la guerra, ma soprattutto riabilitando Putin senza più sanzioni e blocco dell’export da e verso la Russia.
Il suo vero e forse unico scopo peraltro è di agire su Putin per bloccare lo stretto rapporto di dipendenza della Russia nei confronti della Cina, un legame prodotto e aumentato dalle sanzioni occidentali a seguito della invasione russa.
L’obiettivo geopolitico di Trump quindi non è la guerra in Ucraina e la riabilitazione della Russia in sé, ma di fermare l’abbraccio russo-cinese che accresce la potenza del nemico numero uno, la Cina e impedire la crescita cinese quale superpotenza militare, economica e tecnologica.
Durante la crisi ucraina la Cina ha “abbracciato” sempre più la Russia, per ottenerne risorse energetiche a basso costo, ma soprattutto controllare le immense riserve di terre rare della Siberia in via di scongelamento, oltre all’entrata nelle nuove vie dell’Artico oggi sotto controllo russo.
Il tema del controllo delle risorse rare è divenuto centrale per l’America di Trump con riferimento sia alla pretesa di acquisire la Groenlandia sia anche al contratto richiesto a Zelensky per le terre rare ucraine.
La Cina ha ormai acquisito il controllo della grande maggioranza delle terre rare del pianeta e Trump si rende conto della debolezza americana in un settore sempre più strategico e la ripresa dei rapporti con Putin si può riferire anche a possibili accordi per una partecipazione americana alle terre rare siberiane, da sottrarre ai cinesi.
Ma Trump si illude di poter bloccare gli stretti rapporti tra Russia e Cina perché Putin indubbiamente considera la Cina un alleato determinante e necessario molto più del possibile rapporto con gli Stati Uniti di Trump, un alleato imprevedibile.
Lo scenario di riabilitazione della Russia di Putin che Trump si propone è anche un possibile avvicinamento della Russia ai paesi europei, in specie alla Germania, nel tradizionale passato legata alla Russia per l’import di gas e petrolio e come sbocco dell’export tedesco. Questo favorirebbe un maggior condizionamento russo riducendo i rapporti tra Russia e Cina ed aumentando gli scambi con i paesi europei ed anche con gli stessi Stati Uniti.
Il raggiungimento degli obiettivi trumpiani non appare condizionato dall’incerto futuro dell’Ucraina o dall’eventuale prolungarsi di conflittualità o forse anche dalle possibili ambizioni di Putin per ulteriori espansioni territoriali in Ucraina od in altre aree.
Non è improbabile che Putin cerchi anche di raggiungere il controllo di Odessa, che diverrebbe il maggiore porto russo, una base navale determinante dopo la perdita delle basi navali in Siria. Questo determinerebbe gravissime conseguenze sulle esportazioni ucraine, togliendo l’unico sbocco marittimo.
Ma nel pensiero di Trump questi problemi riguarderanno i paesi europei e la loro capacità di gestire politicamente e militarmente i rapporti con Putin.
Il rapporto tra Stati Uniti ed i paesi europei, in base alle intenzioni sinora manifestate da Trump, riguarda in primo luogo il riequilibrio della bilancia degli scambi commerciali attraverso l’imposizione di dazi reciproci o più probabilmente per mezzo di negoziati con i singoli paesi ed anche attraverso la netta riduzione di vincoli e regolamentazioni europee nei confronti delle imprese americane seguendo lo schema di scambi liberi deregolamentati con cui intende operare l’America di Trump. Ciò interessa in particolare gli amici di Musk, dalla Paypal Mafia di Thiel ai maggiori HighTech.
Con riferimento all’impegno militare nella Nato, la politica di Trump appare proporsi una netta riduzione dell’impegno militare USA, anche se questo appare complesso tenuto conto della capillare presenza di basi militari americane in Europa e comunque dal fatto che non appare realistica a breve termine la sostituzione da parte europea degli USA nella Nato.
Vi è un chiaro obiettivo di spostamento dell’impegno strategico americano dall’Atlantico al Pacifico, ma vi è certamente interesse di Trump di mantenere l’Europa in una posizione di “area d’influenza” USA sia per ragioni di business che per ragioni di geopolitica.
Nel supposto inquadramento trumpiano secondo Yalta 2 a tre potenze, USA, Russia e Cina, (già trattato su NF nell’articolo “Una Yalta 2 del nuovo ordine di Trump”) i paesi europei (non l’Unione Europea che Trump non ama e cerca di eliminare) potrebbero costituire un ponte di collegamento tra America e Russia e tentare di produrre rapporti maggiormente equilibrati di controllo per le future ambizioni di Putin.
Quanto intende fare Trump a livello geopolitico può essere oggetto di radicali ripensamenti tenendo conto della sua naturale capacità di adattamento alle mutate condizioni che può incontrare ed alla sua altrettanto naturale imprevedibilità, per cui nulla è scontato.
In più vanno considerati gli effetti che si stanno già percependo dei pesanti interventi all’interno USA, dai dazi minacciati e semi attuati con effetti sull’inflazione speculativa (in poche ore i prezzi al dettaglio degli Avocado messicani sono cresciuti del 30%) e l’inflazione rappresenta il maggiore pericolo per i cittadini americani, a cui poi si aggiunge l’impatto dei tagli di personale nell’Amministrazione e la deportazione di immigrati irregolari con effetti sulla carenza di manodopera.
Per cui stanno crescendo in America incertezze e preoccupazioni, oltre a reazioni contrarie delle istituzioni alle manovre in atto con possibile blocco di alcuni degli interventi rivoluzionari di Trump e Musk. E comunque vi saranno verifiche e possibili cambiamenti anche decisivi nella prospettiva del Mid Term del 2026.
Se si passa a immaginare i possibili comportamenti di Putin nei confronti della pacificazione trumpiana in Ucraina e delle successive prospettive, la proposta di Trump soprattutto per la riabilitazione della Russia putiniana è “musica” per le orecchie di Putin ed è quanto di meglio potrebbe aspettarsi. Putin poi appare considerare Trump un partner ideale, anche come interlocutore relativamente maneggevole.
L’indebolimento della Nato con la riduzione dell’impegno USA assieme alle incertezze europee per l’aumento dele spese militari e la difesa comune sono ottime notizie per Putin che cercherà di acquisire i maggiori vantaggi dal negoziato non solo in termini di territori.
Peraltro occorre considerare che Putin mostra interesse anche per il prolungamento del conflitto e quindi per un ritardo delle trattative perché può estendere ulteriormente la conquista militare territoriale e indebolire l’Ucraina con un crescente invio di droni devastanti le città. In contrasto con Trump che invece appare avere fretta di concludere il suo ruolo di pacificatore.
Che cosa farà l’Europa di fronte ad un Trump non più alleato come in passato e ad un Putin che si ritiene vincitore?
La risposta sarebbe quella di accelerare il processo di integrazione economica e militare, cosa che appare difficile o impossibile a livello dei 27 paesi (ed ancor più degli attesi 35), ma forse il processo potrebbe avviarsi con un cerchio ristretto di “volonterosi”, il “nucleo duro” (l’80% del PIL UE) tra Francia, Germania, Italia, Spagna e Polonia con possibili aperture per la difesa anche a Regno Unito e Norvegia.
Si tratta però di prendere ora rapide decisioni in materia di difesa, anche se non una reale difesa comune, almeno un aumento coordinato delle spese ed attività militari dei singoli paesi, soprattutto per dare un segnale di rivitalizzazione da parte europea, un segnale importante sia nei confronti di Trump che soprattutto di Putin, un Putin che non intenderà certo fermarsi considerandosi vincitore in Ucraina e di fronte ad un Trump disponibile.
Da parte della difesa europea si tratta di affrontare condizioni non di guerra, ma di difesa dei confini e di deterrenza nei confronti dei rischi di estensione militare della Russia ed anche con capacità di affrontare un crescente confronto con la Russia nella guerra cibernetica che ha la forza di colpire risorse strategiche ancor più di una vera guerra.
La risposta del Consiglio UE straordinario è stata dominata dalle grandi preoccupazioni determinate dalle decisioni di Trump e dal nuovo rapporto Trump-Putin, con le evidenti difficoltà di arrivare a decisioni condivise.
Il piano di Von der Leyen ha difficoltose modalità di attuazione, salvo la scelta di non conteggiare nei limiti del Patto di Stabilità il deficit di bilancio per le spese militari dei singoli paesi il che significa però aumento del debito pubblico, un debito che almeno in Italia e Francia non può essere ulteriormente aumentato a cui si contrappone negativamente in alternativa la copertura delle maggiori spese per la difesa con la riduzione delle spese sociali più fondamentali.
Il nuovo Cancelliere tedesco Merz ha dichiarato che intende predisporre un piano straordinario di 500 miliardi per maggiori spese per la difesa e per il rilancio dello sviluppo dell’industria tedesca (auspicabilmente non passando a produrre carri armati invece di auto), da finanziare attraverso un extra budget che supera i vincoli costituzionali di deficit non superiore allo 0,36% del PIL.
Il piano straordinario tedesco, se riuscirà a passare con la approvazione del governo passato, ma ancora in carica per qualche settimana, e con il superamento del blocco manifestato già in passato da parte della Corte Federale, potrà forse spingere anche altri paesi a maggiori impegni per la difesa europea?
Manca l’obiettivo di creare una difesa e deterrenza comune o comunque di coordinare le organizzazioni militari dei diversi paesi europei, anche fuori della Nato. Manca soprattutto un accordo sull’obiettivo già indicato da Draghi con l’emissione di Eurobond per sostenere il rilancio dell’industria e competitività europea, ma anche il piano di difesa delle frontiere.
Il Consiglio straordinario Europeo che si è concluso non con un comunicato finale, ma con una dichiarazione di sostegno pieno all’Ucraina sottoscritto da 26 paesi senza l’Ungheria di Orban.
La Commissione presenterà entro marzo un Libro Bianco sulla difesa europea e sulle modalità di finanziamento. Il Consiglio ha evidenziato senza dubbi il grave momento di emergenza che sta vivendo l’Europa, una Europa che deve trovare una propria forza e indipendenza a fronte di un contesto crescente di gravi rischi ed incertezze. Si tratta ora di tradurre questa volontà in azioni operative in tempi che sono dominati dagli eventi che incombono.