Battaglia di Khaybar - Hazrat Ali uccide Marhab
Israele-Hamas: missili, bilanci e antipolitica (1/2)
di Vincenzo Rampolla
C’é un movente dello scontro a Gaza, tra israeliani e palestinesi?
Sicuro, e uno solo: l'odio per gli ebrei e per Israele.
Quanti islamici accettano gli ebrei in Israele, la loro Palestina, soprattutto a Gerusalemme? Nel 1949 la città è proclamata dall’ONU capitale universale delle tre religioni monoteiste, dopo l’occupazione del 1967 è governata da Tel Aviv e nel 1980 il Parlamento la dichiara capitale indivisa dello Stato d’Israele. Proclami assurdi, inammissibili. Antitetici alla storia.
I palestinesi rivendicano Gerusalemme come parte di un futuro Stato di Palestina. E da decenni nella città si verificano attacchi alle forze d’ordine israeliane e ai civili ebrei, con o senza un motivo. E il motivo c’è, eccome. Per l'Islam Gerusalemme è Città Santa. Secondo il Corano, lì Maometto da una roccia ascese al cielo su un carro di fuoco e attorno è sorto il Santuario islamico (dal nome al-Masjid al-Aqṣā traducibile come la Moschea lontana).
E se lo scontro viene dalle elezioni palestinesi, perché alla Porta di Damasco i dimostranti arabi si scatenano contro gli ebrei con l’invito all’attacco, al grido di guerra:
Khaybar, Khaybar ya yahood, jaish Mohammed saya'ud ?
Oh ebrei, ricordate Khaybar, l'esercito del profeta Maometto sta tornando.
Che c’entrano gli ebrei? C’entrano: devono ricordare la battaglia di Khaybar nel 628, quando espulsi da Medina, furono massacrati e confinati in quell’oasi, a 160 km a nord.
La stragrande maggioranza degli arabi di Gerusalemme non mostra il minimo interesse o entusiasmo per le imminenti elezioni palestinesi, a differenza dei funzionari dell’ONU e dell'UE. Solo di elezioni si parla. E solo per placare i suoi protettori occidentali Abbas le ha annunciate. In passato le scaricava sui rivali interni di Hamas; ora la musica è cambiata e vuole dare la colpa a Israele per averle ostacolate. È lui stesso che le ha rinviate sine die, dopo 15 anni di attesa! Sa di essere perdente. Ha perso la credibilità politica. Ha paura. E il gioco di accusare il Governo israeliano di averle cancellate è il chiaro scopo del suo ostinato sprone alla violenza contro Israele, unito al disprezzo degli ebrei da parte dei compari dell’AP (Autorità Palestinese).
Che c’entra questa perversa e costante esca razziale per spingere i giovani arabi di Gerusalemme a scendere in strada per fomentare l'odio tra palestinesi e ebrei? Se le proteste riguardavano il diritto di celebrare il Ramadan, perché gli arabi di Gerusalemme non fanno che provocare agenti e tormentare civili, mentre Hamas da Gaza ha continuato imperterrita a lanciare razzi contro Israele, pur essendo state revocate le restrizioni? Perché sbandierare che la violenza è scoppiata incolpando Israele di avere vietato ai residenti arabi di Gerusalemme di partecipare al voto dell'AP, pur avendo carte d'identità rilasciate da Israele in quanto residenti e non cittadini di Israele? Squallidi pretesti di bassa antipolitica.
Troppi parlano e ignorano cosa sia il conflitto israelo-palestinese e creano legami fittizi tra situazioni senza il minimo nesso. Perché accanirsi contro gli ebrei? Quando un giovane ebreo che viaggia su un autobus a Gerusalemme viene malmenato senza motivo, o quando un ebreo che porta a spasso il cane viene pestato da musulmani, è per il suo aspetto fisico o per la sua religione? C’è dell’altro? Sì, è il totale rifiuto dell’apertura dell’ambasciata americana a Gerusalemme. Niente yankee in casa. Devono capirlo.
È sufficiente ascoltare i palestinesi per capire che vedono la violenza nel contesto della loro eterna battaglia per liberare Gerusalemme e la Palestina dal nemico sionista. Gli arabi di Gerusalemme scendono in piazza perché la violenza è parte integrante della lotta arabo-palestinese-musulmana contro Israele. Non lanciano sassi e bombe molotov contro la polizia, neppure dicono perché stiano linciando, picchiando, accoltellando, schiaffeggiando ebrei nei pressi del Muro. Lo fanno per ricordare che nel 1967 la grande piazza di fronte al Muro è costata la distruzione di più di 100 abitazioni di palestinesi.
Il messaggio dei rivoltosi arabi è chiaro: i musulmani rifiutano di accettare qualsiasi controllo ebraico su Israele, sulla Città Vecchia di Gerusalemme o addirittura sui luoghi santi ebraici, compreso il Muro Occidentale, ciò che rimane del Secondo Tempio ebraico, distrutto dai romani nel 70 d.C sotto l'imperatore Tito e per l’ebreo luogo sacro e religioso per eccellenza. L'invito a uccidere gli ebrei ricorda che oggi, questa guerra che risale al VII secolo, non è finita.
La violenza in realtà era iniziata molto prima delle barricate alla Porta di Damasco e non ha nulla a che fare con il risveglio di Abbas, a gennaio 2021, che intendeva indire le elezioni. Quando mai Israele ha detto che ne avrebbe impedito l’esecuzione a Gerusalemme, anche se non ha appoggiato l'idea con entusiasmo? Israele aveva previsto, come nelle ultime elezioni dell'AP nel 2006, che molto probabilmente il vincitore sarebbe stato Hamas, un gruppo terroristico dedito alla distruzione d’Israele. E Israele ha taciuto.
E poi la grande maggioranza degli arabi di Gerusalemme ha disertato le elezioni parlamentari e presidenziali dell'AP nel 1996, 2005 e 2006, e anche in questo caso Israele non si era opposto alla loro partecipazione e ha continuato a tacere. Gli arabi si sono defilati, non volevano far parte del sistema politico palestinese e boicottando le elezioni mandavano un segnale: nessuna fiducia nell'AP e nei suoi leader e scelta di vivere sotto la sovranità di Gerusalemme piuttosto che sotto il controllo di Yasser Arafat e del suo tirapiedi Mahmoud Abbas.
Gli arabi non hanno mai dichiarato uno sciopero generale nei quartieri arabi di Gerusalemme per poter partecipare alle elezioni dell'AP e Abbas ha giocato sporco sulla data. E secondo molti palestinesi, Abbas ha imbrogliato, perché messo alle strette da alcuni Stati dell'UE e dai gruppi che foraggiano il suo partito. Se Abbas fosse stato deciso, si sarebbe dato da fare per trovare una soluzione per aprire al voto gli arabi di Gerusalemme. Elezioni, solo elezioni, per Abbas unica radice di ogni problema.
Abbas in realtà ha respinto una serie di idee presentategli da partiti occidentali, inclusa la possibilità di votare online o attraverso seggi elettorali situati in aree controllate dall'AP e a pochi minuti di auto, non lontano dalle loro case e fuori dalla sovranità israeliana. Dal 2006, Abbas ha avuto molte occasioni, ma non l’ha fatto. Per lui, questa non è mai stata una priorità. È sempre riuscito a trovare una scusa per evitarle. Ci sta girando attorno e scarica su Israele la colpa di averle ostacolate.
Alla fine il 29 aprile, Abbas si è deciso: ha annullato le elezioni, inventando il pretesto dell'assalto ebraico alla moschea di al-Aqsa. Abbas non le vuole: sa che altri canditati di Hamas hanno grandissime possibilità di vincere e scardinare il suo potere. Inoltre, la sua stessa fazione di Fatah è molto frammentata e si è presentata con tre liste rivali.
Giorno dopo giorno, alimenta il suo popolo con velenose menzogne, come la burla di Gerusalemme trasformata in città ebraica. Abbas è pronto a vendersi l’anima e mandare al rogo il suo popolo pur di restare al potere e Hamas non intende rinunciare al suo principio costituente della distruzione di Israele, ma non dispone né mai disporrà delle capacità militari per farla.
E a maggio scocca a Gaza la scintilla tra israeliani e i palestinesi uniti di Hamas e Jihad.
(consultazione: bassam tawil - gatestone inst.; la repubblica; il giornale; insideover- paolo mauri; mirko molteni – analisi difesa – enduring freedom; cnn - ivana kottasová, richard allen greene, zachary cohen, kylie atwood, michael conte, jennifer hansler; jerusalem post; le monde; startmagazine - mondo-carlo jean)
(Continua)