Cassius Marcellus Coolidge (Antwerp, New York State, 1844 - 1934) - A Friend in Need
Come era verde la mia valle, in quel di Meana
di Tito Giraudo
E’ passata l’estate, i giochi della politica stanno riprendendo.
Ora tutti sappiamo che si voterà alla scadenza naturale, sappiamo anche che con tutta probabilità non ci sarà una nuova legge elettorale perché, in questa fase, quel proporzionale anche un po’ farlocco, sta bene più o meno a tutti.
Nonostante questo, lo spettacolino della politica, in questi giorni vede i partiti posizionarsi per la conferma o la ricerca del leader, cosa del tutto inutile dal momento che difficilmente ci saranno i numeri per una maggioranza di governo, non solo perché nessun partito o eventuali improbabili schieramenti, potranno sensatamente avere i numeri per raggiungere una maggioranza in grado di governare, ma perché la litigiosità è tale da non permettere coalizioni di sorta. E questo, a parere di chi scrive, vale pure per la Destra.
La palla sarà quindi nel campo del Quirinale che dovrà decidere, o per un Governo di minoranza, oppure per la solita soluzione del Governo tecnico. Questo è il fio che gli Italiani pagheranno per aver detto di No alla riforma costituzionale, la quale poteva avere tutti i limiti di questo mondo ma avrebbe consegnato al paese un ben altro quadro istituzionale.
Al vostro notista che non è uso ai piagnistei, rientrando dalla lunga vacanza, non resta che occuparsi delle novità italiane che sono scaturite dallo tsunami delle elezioni presidenziali americane e francesi.
Nelle prime, ha vinto il cosiddetto populismo. Trump in quanto a demagogia e approssimazione ha fatto impallidire il trio Grillo, Salvini e Meloni (in ordine di grandezza).
Dopo un primo momento di esultanza, nei tre è emersa la paura che gli italiani potessero identificare il loro futuro con quello degli americani. Tuttavia, il fatto più rilevante è stata l’elezione di Macron in Francia. I quali francesi, tra la Le Pen e il gerontofilo (scherzo) ma sicuro europeista Macron, non hanno avuto dubbi. La pasionaria francese era il Faro per Salvini e Meloni e pure per i 5 Stelle. Immagino la costernazione nel verificare che un tizio, né di destra, né di sinistra, tantomeno giustizialista, stracciasse la Le Pen e non solo, confermasse una schiacciante maggioranza anche alle elezioni parlamentari.
Sorpresa! Le certezze di costoro non hanno tardato a smaterializzarsi. L’ipotesi che l’elettorato italiano posto di fronte alla possibilità che le tesi sovraniste andassero al di là delle battute da avanspettacolo preferendo il certo all’incerto: l’Euro, piuttosto che una Liretta svalutata che avrebbe colpito la gran massa dei risparmiatori italiani, altro che Banca Etruria!
In precedenti articoli avevo cercato di vedere analogie tra il movimento 5 stelle e il Fascismo delle origini. Non erano molte, ma con il passare del tempo la bilancia si sta spostando.
Nati i primi con la violenza verbale e i secondi quella fisica (che all’epoca cari antifascisti praticavano un po’ tutti), altri elementi comuni vanno aggiungendosi.
Dalla fondazione del Movimento fascista, dove prevalevano le sinistre interventiste, passarono pochi mesi perché si posizionassero su posizioni meno di sinistra, intercettando la piccola borghesia che ne diventerà la sua ossatura. Via, via, i Fascisti imbarcarono, i nazionalisti, i futuristi, i reduci e poi pezzi dell’esercito, della polizia e della burocrazia. Come potevano non mutare pelle?
Grillo, è partito anche lui da posizioni di sinistra, quella ideata da Scalfari passando per Berlinguer. Ha ricevuto poi il supporto della sinistra auto definitasi colta, e dalla parte giustizialista del giornalismo d’opinione con la benevola comprensione di quasi tutta l’altra parte.
La vera carta vincente di Beppe Grillo, è stata però la magistratura che da oltre 30 anni è il problema, purtroppo scarsamente percepito, di questo Paese.
Tuttavia, anche la magistratura ha cambiato pelle. Nata a sinistra con Magistratura democratica negli anni sessanta, fu espressione togata della penetrazione del PCI nei confronti di alcuni corpi dello Stato.
Il cambiamento dei giudici è stato meno repentino, meno percepito, soprattutto dalla politica. Avviene con una svolta anch’essa di tipo fascista: dal sinistrismo al corporativismo. Naturalmente quando uso il termine fascista non alludo all’ideologia formatasi nel ventennio, ma al trasformismo. In quanto alla piccola borghesia leggetevi i curricula dei Parlamentari pentastellati.
Ahimè, se fossi rimasto di sinistra mi troverei ancora più depresso di quanto lo sono ora da liberale. Se i veri liberisti in Italia non stanno bene, le sinistre (anche quelle riformiste) stanno peggio. Grillo, ne è la prova. Come tutti gli attori percepisce l’umore della sala, ne consegue una svolta mussoliniana abbandonando il rivoluzionarismo delle origini per il doppio petto alla Di Maio.
La vera differenza tra Grillo e Mussolini, è che il futuro Duce agiva in prima persona, se cambiava idee, aveva la faccia di tolla di dichiararlo, Grillo no. Se usciranno altre analogie mi farò premura….
Grillo è stato costruito, anzi, si è costruito poco alla volta partendo dall’anti berlusconismo viscerale, coadiuvato, prima dalle schiere di comici e opinionisti d’area messi in campo dalla corazzata Rai in nome del conflitto d’interessi (ma solo quelli del Cavaliere). In seguito anche la stragrande maggioranza della stampa, quella che aveva plaudito all’eliminazione dei vecchi Partiti. Poi, considerando Berlusconi impresentabile appoggiarono il Centro Sinistra prodiano. Peccato che alla sinistra italiana, soprattutto quella dura e pura, faccia proprio, ma proprio schifo, governare.
Se non ci avessero pensato i giudici il Berlusca sarebbe ancora in sella.
Essendo quella sinistra farlocca, è stato normale che l’elettorato che da tempo pensava al vaffa, votasse per quello istituzionale, che non veniva solo più dalle piazze ma dai parlamentari grillini sbarcati in massa. Il tutto nella più completa ignavia degli eredi dei defunti DC e PCI.
Apprendo or ora che Di Maio è candidato premier in compagnia di sette fantasmi. Voglio sperare che i titolari del Movimento si siano resi conto che la possibilità che l’ineffabile giovanotto, con il sorriso stampato peggio di quello del Berlusca (che comunque resta un vecchietto simpatico), lo considerino un agnello sacrificale per avere il tempo di trovare quello giusto per la Ditta Grillo Casaleggio (oppure dovremmo dire Casaleggio Grillo?), magari un magistrato meno impresentabile (per procedimenti giudiziari vinti) del trio de Magistris, Woodcock, Di Matteo.
Certo, la coerenza grillina non brilla di questi tempi. Partiti, come dicevo, sicuramente da sinistra, sempre più su troppi temi stanno facendo concorrenza alla destra salviniana, passi per il sovranismo che spesso è anche di sinistra, ma è sul tema dell’immigrazione che lo smarcamento è netto e clamoroso. Peccato che Renzi abbia tirato fuori dal cilindro un vecchio militante PC che risponde al nome di Minniti, il quale deve essersi studiato le strategie togliattiane del dopo guerra anteponendo il buon senso all’ideologia.
Dovrei parlare poi del cavallo di battaglia del grillismo: la Democrazia diretta, uno vale uno e simili amenità da consoli della plebe. Non lo faccio perché lo spettacolo è sotto gli occhi di tutti, persino di quell’insopportabile e antipatico Saviano.
Mi fanno tenerezza l’imbarazzo di alcuni giornalisti del Fatto, quelli che provengono dalla sinistra. Meno travagliato, Marco, l’autoproclamatosi erede di Montanelli.
Ma la revisione grillina non è nulla confronto a quella leghista. Salvini ha addirittura rimosso la sostanza ideologica fondativa della Lega: il nord. Proponendosi come Partito nazionale, prima con il sovranismo anti Eur e anti Europa, ora, annusato il vento, ha posto come obbiettivo di un Partito che si sta avvicinando al 15% nei sondaggi: “Salvini for President”, coadiuvato (non si sa per quanto) dalla Meloni, la quale almeno è rimasta l’unica abbastanza coerentemente di destra, forse anche lei non più lepenista ma certamente nostalgica. Peccato che né Grillo, né tantomeno Salvini abbiano il piglio mussoliniano.
Nessuna novità estiva invece dal PD e da Forza Italia.
Berlusconi, passato per Merano e i suoi centri benessere, ripropone: “Berlusconi for President “, senza nemmeno sapere se la Corte Europea gli restituirà l’eleggibilità e, dato che è il più furbo di tutti, non rinuncia al possibile ruolo di padre nobile. Tanto che, secondo abitudine, ha già nominato qualche delfino, i quali, visti i precedenti, si sono toccati gli zebedei (meno Mara Carfagna che si dice abbia fatto le corna sotto lo scranno di Montecitorio)…..
Nel PD (di Minniti ho detto), la non novità è la fronda a Renzi, il quale aveva sperato con la scissione di essersi liberato dagli oppositori molesti, per accorgersi che il fronte anti lui, è ben più vasto, tanto da fargli dire: “Gentiloni for President”, se non che, qualche suo amico giura di averlo visto incrociare le dita. Qualcuno dice che il PD non è più di sinistra, la cosa è anche possibile ma in quanto a litigiosità…
All’estrema sinistra la maggiore non novità è Pisapia. Dopo aver proposto “Prodi for President”, con il ritorno strategico all’Ulivo, se gli va bene diventerà “Pisapia for President”, ammesso che riesca a federare la micro galassia sinistrorsa, quegli stessi che prima della grande e gloriosa vittoria del referendum, diedero una grande dimostrazione di preveggenza ipotizzando che in quindici giorni si sarebbe fatta la riforma elettorale e in meno di un anno l’Assemblea Costituente.
L’altra sera ho sentito il filosofo piacentino sostenere che la scissione dal PD è avvenuta per intercettare le masse di sinistra che non votano più per il PD. Sommessamente: il PD, quando lui era segretario, vantava percentuali inferiori a quelle odierne di Renzi e, non vincendo le elezioni per il rotto della cuffia, nonostante le disgrazie di Silvio.
Come era verde la mia valle, in quel di Meana……